Conseguenze psicologiche e relazionali derivate dal lockdown nelle famiglie con minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico

di Emanuele Mingione

da Psicologinews Scientific

famiglie con minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico

Il presente lavoro è una breve sintesi dell’intervento di sostegno psicologico e presa in carico genitoriale delle famiglie con minori con Disturbo dello Spettro Autistico, che si è svolto durante lo stato di emergenza COVID-19 e si svolge ancora attualmente, mediante colloquio ai genitori da remoto, realizzato dall’equipe multidisciplinare(1) del Nucleo di II Livello di NPIA del Distretto 12 dell’ASL CE per ogni singolo paziente. Tali genitori risultano maggiormente esposti allo stress gestionale del minore o ad un senso di “abbandono” in una situazione di emergenza come quella del lockdown. Infatti, la rottura della routine quotidiana, dettata dagli impegni scolastici, riabilitativi e abilitativi dei figli, causata dalla chiusura delle scuole e dalla sospensione dei trattamenti o delle attività ricreative-sportive, ha comportato, e comporta, il sorgere di tutta una serie di criticità che vede gli stessi genitori impegnati in prima linea e non sempre del tutto equipaggiati.

Introduzione

Lockdown è una parola inglese che si può tradurre in italiano con il termine isolamento, ma anche con quello di blocco. In periodi difficili, come in caso di situazioni sanitarie emergenziali, il lockdown è inteso come l’impedimento temporaneo di entrare e uscire da una specifica zona, o come il blocco di tutte le attività considerate di secondaria importanza per la società. Lo stato di “quarantena di massa”, in via precauzionale, è spesso un’esperienza spiacevole per coloro che la subiscono. Diverse ricerche internazionali effettuate su precedenti epidemie, come quelle della SARS in Asia e Canada del 2003 o del virus Ebola in Africa del 2014, hanno evidenziato gli effetti negativi da un punto di vista psicoemotivo sulla popolazione costretta alla quarantena forzata. La separazione dai propri cari, la perdita di libertà, l’incertezza sullo stato della malattia e la noia possono, a volte, creare effetti drammatici. Sono stati riportati casi di suicidio(2), depressione, esplosioni di rabbia e violenza(3). Da uno studio del 2013 Sprang e Silman(4) hanno confrontato i sintomi di stress post-traumatico in genitori e bambini messi in quarantena con un gruppo di controllo non in quarantena. Da tale ricerca è emerso che i punteggi medi di stress post-traumatico erano quattro volte più alti nei bambini che erano stati messi in quarantena rispetto a quelli che non erano in quarantena. Inoltre, il 28% (27 su 98) dei genitori messi in quarantena in questo studio ha riportato sintomi che giustificavano una diagnosi di un disturbo di salute mentale correlato al trauma, rispetto al 6% (17 di 299) dei genitori che non sono stati messi in quarantena. In un recente articolo pubblicato da Brooks e collaboratori (5) del Department of Psychological Medicine del King’s College di Londra è stato sottolineato quanto sia importante una corretta informazione ai cittadini in quarantena per far comprendere b e n e l a s i t u a z i o n e , e v i d e n z i a n d o l’importanza della scelta di autoisolamento al fine di ridurre l’impatto del contagio. Nello stesso lavoro sono stati evidenziati come fattori di stress: la durata della quarantena, la paura di essere contagiati o di contagiare i propri cari, la frustrazione e la noia derivate dalla restrizione coatta, le forniture inadeguate, sia a livello sanitario sia per quanto riguarda i generi alimentari, e una cattiva informazione dovuta ad una mancanza di linee guida precise da seguire. Ancora, diversi studi hanno evidenziato che la perdita finanziaria a causa della quarantena h a c r e a t o u n g r a v e d i s a g i o socioeconomico(6) e che la mancanza di una solida base economica in famiglia ha costituito un fattore di rischio per lo sviluppo di sintomi di disturbi psicologici(7) anche diversi mesi dopo la quarantena stessa. (8)Potenzialmente correlati alla perdita finanziaria, i partecipanti con un reddito familiare annuo combinato inferiore hanno mostrato quantità significativamente più elevate di stress post-traumatico e sintomi d e p r e s s i v i . Qu e s t i s i n t omi s o n o probabilmente dovuti al fatto che quelli con reddi t i più bassi avevano maggior i probabilità di essere colpiti dalla perdita temporanea di reddito rispetto a quelli con redditi più alti.(9)

Aspetti psicologici e relazionali

Lo stress individuale in stato di quarantena forzata si riflette e viene riflesso sulle relazioni interpersonali, in primis in famiglia. Le famiglie italiane in seguito al DPCM del 9 marzo 2020 hanno dovuto confrontarsi con una riorganizzazione dei propri equilibri r e l a z i o n a l i d a u n p u n t o d i v i s t a psicoemotivo, funzionale e gestionale. Lo stare, all’improvviso, “tutti in casa”, con la conseguente rimodulazione della quotidianità personale e familiare e il non sapere la durata del l ’emergenza COVID 19, con i l conseguente lockdown, genera un forte senso di stress ed ansia, richiedendo ad ogni singolo membro una fase di adattamento al cambiamento dei propri ritmi e dei propri spazi vitali. La sospensione del lavoro, la modalità smart working e in alcuni casi la cassaintegrazione o la perdita del lavoro da un lato, e la chiusura delle scuole, delle attività ludico-ricreative-sportive dall’altro, costringono tutti i componenti della famiglia a dover rinunciare alla propria routine e a dare, soprattutto psicologicamente, un nuovo senso alla propria giornata. Alla coattività consegue un aumento in positivo o in negativo dei vissuti personali, in base alle emozioni provate, ma anche una criticità, intesa come rafforzament o o come inasprimento, delle relazioni interpersonali. Ad esempio, una persona serena può vivere questa “sospensione” come un tempo per dedicarsi ad altro o ai propri cari ma per contro chi è triste può provare maggiore sofferenza o negatività, così come i conflitti coniugali o intergenerazionali, già presenti, si possono esasperare, portando ad escalation simmetriche difficili da disinnescare. Secondo le teorie sistemico-relazionali la famiglia è un sistema aperto ed in continua trasformazione, con una propria evoluzione nel tempo e con un proprio ciclo di vita, durante il quale vengono affrontati specifici compiti di sviluppo.(10) Le famiglie sono unità dinamiche soggette a cambiamenti continui, che possono manifestarsi a diversi livelli strettamente interdipendenti. Nel livello individuale ciascun membro della famiglia evolve, cresce e si trasforma nel tempo, per cui ogni famigl ia deve confrontarsi e assecondare le trasformazioni relative allo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico dei suoi diversi membri. Il livello interpersonale riguarda il modo con cui le relazioni esistenti tra i vari membri della famiglia evolvono, portando significative modificazioni all’interno del nucleo familiare stesso.(11) Qualsiasi evento diventa rilevante in una famiglia sulla base di come viene percepito e dal significato che viene ad esso attribuito, che è in gran parte correlato alle esperienze personali di tutti e alle credenze e ai valori sociali che sono trasmessi di generazione in generazione nella storia di ogni famiglia.(12)

Il modo in cui una famiglia reagisce a circostanze difficili risulta dall’interazione tra diversi fattori: le dinamiche familiari, la capacità di effettuare una valutazione corretta del problema, le strategie disponibili per affrontarlo, le risorse materiali e i supporti sociali forniti dall’esterno. Famiglie già esposte ad eventi traumatici come perdite premature, divorzi e disabilità fisiche o mentali di un proprio membro risultano in modo particolare maggiormente sensibili e più fragili a crisi, intese come cambiamento, impreviste. Nello specifico del lavoro condotto dall’equipe multidisciplinare del Nucleo di II livello di Neuropsichiatria Infantile del Distretto 12 dell’ASL CE, le famiglie con figli affetti da Disturbo dello Spettro Autistico risultano maggiormente esposte allo stress gestionale del minore in una situazione di emergenza come quella del lockdown. Tali genitori sono già altamente “messi in discussione” da un punto di vista psicoemotivo, rispetto alle aspettative proprie personali, di coppia e sociali, dalla diagnosi della disabilità di un figlio. Sicuramente la nascita di un figlio disabile, o comunque, il momento della scoperta del disturbo, è un avvenimento esplosivo all’interno del ciclo vitale di una famiglia, tale da produrre un grande “crollo”. Quest’ultimo, però, è solo la prima difficoltà davanti alla quale si trovano le famiglie di un bambino disabile. Esistono, infatti, altri momenti cruciali, che spesso coincidono con le tappe importanti della crescita del figlio, che pongono i familiari innanzi a nuovi problemi di adattamento.(13) Nei primi mesi di vita si ha la necessità di rivedere i ruoli all’interno della famiglia, di riformulare i compiti, le responsabilità e le funzioni fra i coniugi, di ridistribuire le risorse economiche e di dover far fronte a tutta una serie di nuove routine per soddisfare le esigenze del nuovo venuto. Finchè il bimbo è piccolo l’esperienza del genitore di un figlio disabile non risulta molto dissimile da quello di uno senza disabilità, per contro, la discrepanza con i coetanei sia in termini di livello evolutivo che in termini di bisogni e interessi, aumenta ovviamente con la crescita anche se in modo diversificato per i vari tipi di disabilità.(14) Come riscontrato in molte indagini sociologiche ed anche dalle sedute telefoniche effettuate dalla equipe multidisciplinare del Distretto 12 dell’ASL CE, molto del lavoro di gestione del figlio disabile viene “delegato” alle madri. Per far fronte alle maggiori responsabilità quotidiane legate all’accudimento del figlio disabile, spesso le madri rinunciano a diverse opportunità di sviluppo individuale, con rinunce rispetto ad ambizioni personali, specialmente in ambito lavorativo e professionale. (15)(16) Tale situazione porterebbe in alcuni casi al manifestarsi di sentimenti di depressione e rabbia, legati anche alla fatica e alle tensioni quotidiane. Inoltre, sembra frequente una caduta del livello di autostima, soprattutto nei casi in cui la maternità costituisce per la donna la fonte principale di autorealizzazione. Alcuni studi hanno evidenziato come le madri di bambini con disabilità intellettiva fossero soggette ad un incremento nel rischio di stress mentale(17) o presentassero un’alta incidenza di sintomi depressivi.(18) Un evento è considerato una fonte di disagio nella misura in cui è percepito dalla persona come eccessivo o intollerabile o in qualche modo al di sopra della sua capacità di affrontarlo e superarlo.(19) Più un evento è improvviso, imprevedibile, con effetti persistenti e con scarse risorse per affrontarlo, maggiore sarà la percezione di scarsa autoefficacia dei soggetti e maggiori saranno i rischi per la loro salute e per il loro benessere fisico e psicologico. Situazioni stressanti per la famiglia possono condurre i genitori a sperimentare distress circa il loro ruolo genitoriale, con conseguenze a medio e lungo termine sulla relazione genitore-bambino e sulla capacità di risposta costruttiva ai bisogni del minore.(20) I bambini sono vulnerabili così come gli adulti e hanno buone abilità nel fronteggiare situazioni difficili, purché supportati adeguatamente. Le reazioni a eventi traumatici possono essere molteplici, soprattutto nei primi giorni. Non c’è un modo giusto o sbagliato di sentire o di esprimere il dolore e la preoccupazione. Nei momenti di pericolo, i bambini hanno bisogno di ricorrere alle figure di riferimento ma, quando anche queste sono esposte allo stesso evento, i bambini potrebbero perdere sicurezza in qualcuno che fornisca loro rassicurazione. Risulta, quindi, fondamentale che gli adulti possano trovare uno spazio psicologico di aiuto per fronteggiare le proprie normali reazioni da stress e restituire ai figli un’adeguata e funzionale sicurezza emotiva.(21) A tal fine, il Nucleo di Neuropsichiatria Infantile di competenza territoriale, Distretto 12, dell’ASL CE, con la sua equipe Multidisciplinare, a far data dal marzo 2020, ha avviato, allo scopo di garantire le attività assistenziali previste dai LEA, nel pieno rispetto delle direttive emanate per la gestione ed il contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, un programma di monitoraggio, sos t egno ps i cologi c o e d indi r i z z o psicoeducativo nella gestione delle difficoltà comportamentali rivolto alla famiglia degli utenti attualmente in carico, che si è svolto e si svolge ancora attualmente mediante chiamate telefoniche ai genitori di ogni singolo paziente. Tale servizio ha portato all’attivazione, in tale senso e per tutto il periodo di emergenza, anche di uno sportello di ascolto attivo volto a soddisfare le eventuali richieste telefoniche di sostegno in ingresso. Il servizio è stato attivo i giorni lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 8:00 alle ore 14:30 e il martedì e il giovedì dalle ore 8:00 alle ore 18:00. In totale sono stati contatti i genitori di 329 bambini, di cui un 80 % di sesso maschile e un 20 % di sesso femminile (Figura 1). Dato che riprova, anche nella popolazione presa in esame, la netta prevalenza per il sesso maschile del disturbo, con un rapporto di circa 4 a 1.(22) Le indagini statistiche sinora effettuate, infatti, hanno dimostrato che l ’aut i smo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche, ma che, viceversa, vi è una preponderanza per il sesso, in quanto sembra colpire i maschi in misura da 3 a 4 volte superiore rispetto alle femmine. (23) (24)L’obiettivo del servizio è stato quello di informare, ascoltare e supportare madri e padri in un momento così critico da un punto di vista sia personale che familiare. In generale, è stato riportato, dalla maggior parte delle figure genitoriali contattate, che lo stato di lockdown ha generato da un lato molta ansia, preoccupazione e il forte timore che la vita così com’era sinora conosciuta ed intesa non sarebbe più ritornata, dall’altro è stato visto come un’opportunità per la famiglia stessa di ritrovarsi e stare insieme, uscendo fuori dai ritmi incalzanti e stressanti della quotidianità. Se da un lato, infatti, tanti hanno dichiarato di sentirsi messi a dura prova soprattutto da un punto di vita emotivo, riferendo di avere iniziato ad avere disturbi del sonno ed in alcuni casi veri e propri episodi di panico, dall’altro, alcuni genitori hanno evidenziato che il ritrovarsi tutti insieme è stata un’occasione per relazionarsi in un modo diverso e nuovo e riprendere una serenità prima soffocata dagli impegni. Naturalmente sulla percezione del momento che si sta vivendo incidono diversi fattori. In primis, le caratteristiche di personalità di ogni singolo individuo, in quanto nelle situazioni di emergenza vi è la tendenza ad accentuare al massimo i propri tratti sia positivi che negativi. Ad esempio, “Dottore, io sono una persona solare ed abituata ad essere energica, sono forte di natura e se di solito sono una mamma gioiosa oggi il mio sorriso è ancora più grande” o, per contro, “Guardi, se prima era nera adesso è piena oscurità”. Molti genitori, inoltre, hanno raccontato di sentirsi estremamente impauriti ma che al contempo provano a trasmettere un velato senso di tranquillità ai propri figli: “Facciamo festa per ogni cosa. La più piccola banalità diventa motivo di entusiasmo, i bambini non devono avvertire il nostro stare male, anche se dentro di noi stiamo morendo”. Oltre alle caratteristiche personali un altro fattore importante sono la struttura familiare, le dinamiche relazionali della famiglia e la sua storia. Nel racconto dei genitori appartenenti a famiglie monogenitoriali o nucleari, con solo il bambino disabile, ad esempio, vi è stata una maggiore tendenza a riportare un certo senso di solitudine ed abbandono rispetto alle narrazioni di chi, invece, aveva presenti in casa più membri adulti come figli o genitori. Famiglie con genitori separati, genitore vedovo o con uno dei genitori fuori regione o comune per motivi di lavoro, hanno espresso il forte disagio di dover far ruotare intorno a loro l’intero equilibrio non potendo far affido alle reti parentali o amicali. Famiglie con più bambini, in alcuni casi anche quattro o cinque, hanno riportato, invece, una maggiore difficoltà da un punto di vista di gestione ed organizzazione, sottolineando il peso di averli tutti in casa contemporaneamente. In diverse famiglie, inoltre, sono presenti più figli disabili o gemelli con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico.(25) Ancora, rispetto alla presenza di più bambini in casa è stato rilevato il ruolo importante svolto dalla fratria. In particolare, si è riscontrato che in diverse situazioni fratellini o sorelline normotipici hanno svolto il ruolo di “traino”, modello e stimolo per i bambini con autismo, aiutandoli nell’acquisizione di piccole competenze, specialmente durante la condivisione del gioco. Ad esempio, “Mio figlio è contento perché gioca con la sorella e la sta imitando molto. In questi giorni, vedendo lei farlo, ha iniziato anche lui a mettere a posto i giocattoli nel cesto”. I bambini, interagendo con gli adulti, sono coinvolti in relazioni verticali, caratterizzate da asimmetria, in quanto i partner si trovano su due piani differenti, dal punto di vista sia delle competenze sia della posizione di potere occupata all’interno della relazione. L’adulto, trovandosi in una posizione di “superiorità” fornisce al bambino cure, sostegno, affetto oppure può impartire ordini manifestando un comportamento assertivo. Le relazioni sviluppate con i coetanei sono invece di tipo orizzontale e quindi sono caratterizzate da simmetria, sono di tipo reciproco e finalizzate ad offrire al bambino l’opportunità di apprendere le abilità di cooperazione, competizione, condivisione e assunzione dei ruoli.(26) I genitori durante il colloquio di ascolto hanno anche evidenziato che un altro fattore decisamente importante è stata la dimensione e la funzionalità degli spazi domestici. Infatti, chi ha a sua disposizione giardini, cortili o ambienti ampi ha riferito minore difficoltà nell’impegnare i figli in diverse attività ludiche rispetto a chi vive in piccoli appartamenti. Molti bambini, infatti, hanno avuto modo di poter fare giochi all’aria aperta, eludendo psicologicamente, almeno in parte, il senso di chiusura obbligata dettata dalla quarantena forzata. Per contro, diversi sono stati i racconti di minori “incollati alle finestre”, che hanno vissuto come “prigionieri” lo stare in casa, mostrando anche un forte incremento delle criticità e di comportamenti disfunzionali, legati soprattutto al divieto di uscire imposto dai genitori. Altro punto cardine è la condizione socio-economica. Infatti, famiglie in cui i genitori hanno mantenuto una fonte di guadagno continua, proseguendo il lavoro dal vivo o lavorando in modalità smart working, dichiarano una maggiore serenità nell’affrontare la quotidianità in stato di lockdown, nonostante le difficoltà nell’organizzare tempi e luoghi per le personali esigenze ed impegni, rispetto alle molteplici situazioni di disoccupazione, lavoro saltuario e cassaintegrazione raccontate. In particolare, nei casi di instabilità finanziaria, i genitori hanno mostrato una forte ansia o una prospettiva pessimistica, vincolata ad un significativo ed evidente calo del tono dell’umore, legata al futuro e alla possibilità di non poter più garantire il medesimo tenore di vita a se stessi ed ai figli un domani. Molti genitori, ancora, hanno raccontato il “duro e tenace” compito, da loro svolto, di impegnare i figli con disabilità nel seguire le attività proposte, con la didattica a distanza, dalle insegnanti di sostegno e, in alcuni casi, con gli esercizi suggeriti dai terapisti per proseguire i trattamenti. La principale problematicità riscontrata è il non riconoscimento del ruolo da parte dei bambini ai propri genitori. I genitori sono “cosa altra”. In molti casi, i bimbi non si sono mostrati collaborativi, rifiutandosi di svolgere le attività proposte, motivando il loro rifiuto in maniera esplicita con frasi del tipo: “mamma tu no maestra!”. Naturalmente, questa difficoltà nel farsi “seguire” dai propri figli ha generato forti frustrazioni e mal contento nei genitori. In generale, molti di loro, infatti, hanno dichiarato di sentirsi impauriti rispetto ad eventuali regressioni dei figli e perdite delle acquisizioni raggiunte dovute alla rottura della routine quotidiana legata alla sospensione della scuola, dei trattamenti abilitativi/riabilitativi e delle attività ludico-sportivericreative dei figli. Altra forte differenza riscontrata nel corso del servizio di sostegno è rispetto al livello di comprensione del senso di disagio legata, per lo più, all’età del figlio disabile. Dei 363 utenti contattati, un ampio numero rientra nella fascia dei bambini tra i 0 ai 6 anni e tra i 7 ai 13 anni. Genitori di minori autistici più piccol i nut rono “speranze” diverse, alimentate anche, e purtroppo, da tanta disinformazione rispetto alla patologia, r i s p e t t o a c h i h a g i à e f f e t t u a t o un’elaborazione e abbia raggiunto una maggiore consapevolezza ed esperienza delle potenzialità e delle peculiarità del proprio figlio.

Conclusioni

Il lavoro che si è svolto e che si sta svolgendo ha fatto emergere il forte bisogno di trovare per i genitori di minori con il Disturbo dello Spettro Autistico uno spazio di ascolto, in diversi casi attraverso una vera e propria presa in carico terapeutica, in cui poter esprimere ed elaborare i propri vissuti emotivi rispetto alla patologia dei figli, specialmente in un momento così critico come l’emergenza legata al Covid-19. Inoltre, se da un lato è importante fornire loro le giuste informazioni o dare loro un’adeguata formazione con mirate strategie d i i n t e r v e n t o s u l l e p r o b l ema t i c h e comportamentali, dall’altro gli aspetti comunicativi-relazionali all’interno del contesto familiare giocano un ruolo di centrale importanza per la costruzione di un ambiente capace di fornire un adeguato sostegno alla crescita del bambino con tale disabilità. Evidenziare l’importanza del ruolo e rafforzare la funzione genitoriale, nel corso del lavoro di supporto, ha aumentato i livelli di autostima, riducendo il senso di fallimento personale o l’ostinazione disfunzionale a diventare essi stessi terapisti dei propri figli. Cosa confermata anche in un recente studio sui bambini autistici dai cui risultati è stato osservato che gli aspetti di socializzazione e di comunicazione sono migliorati durante il lockdown a seguito dei notevoli stimoli ambientali ricevuti nel contesto familiare, mentre le competenze sono rimaste invariate alla ripresa dei trattamenti di abilitazione-riabilitazione.( 27)

Note

1)Luana Sergi, Neuropsichiatra Infantile e Referente del Nucleo di II livello del ASL CE Emanuele Mingione, Psicologo-Psicoterapeuta Giuseppina D’Angelo, Psicologa (Borsista Progetto Regionale) Benedetta De Rosa, Psicologa (Borsista Progetto Regionale) (2)Barbisch D, Koenig KL, Shih FY. Is there a case for quarantine? Perspectives from SARS to Ebola. Disaster Med Public Health Prep2015; 9: 547–53. (3)Miles SH. Kaci H.: Public health and the politics of fear. 2014.http://www.bioethics.net/ 2014/11/kaci-hickox-public-health-and-thepoliticsof-fear/ (accessed Jan 31, 2020). (4)Sprang G, Silman M. Posttraumatic stress disorder in parents andyouth after health-related disasters. Disaster Med Public Health Prep2013; 7: 105–10. (5)Brooks S. K., Webster R. K., Smith L. E., Woodland L., Wessely S.,Greenberg N., Rubin G. J.: The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence Lancet 2020; 395: 912–20 (6)Pellecchia U., Crestani R., Decroo T., Van den Bergh R, Al-KourdiY.: Social consequences of Ebola containment measures in Liberia.PLoS One 2015; 10: e0143036. (7)Mihashi M, Otsubo Y, Yinjuan X, Nagatomi K, Hoshiko M, Ishitake T.: Predictive factors of p s y c h o l o g i c a l d i s o r d e r d e v e l o pme n t duringrecovery following SARS outbreak. Health Psychol 2009; 28: 91–100. (8)Jeong H, Yim HW, Song Y-J, et al.: Mental health status of people isolated due to Middle East respi rator y syndrome. Epidemiol Health2016; 38: e2016048. (9)Hawryluck L, Gold WL, Robinson S, Pogorski S, Galea S, Styra R.: SARS control and p s y c h o l o g i c a l e f f e c t s o f q u a r a n t i n e , Toronto,Canada. EmergInfectDis 2004; 10: 1206–12. (10)McGoldrick, M., Carter, E.A. Il ciclo di vita della famiglia, tr. It in Walsh F. (a cura di). Stili di funzionamento familiare. Franco Angeli, Milano, 1982. (11)Malagoli TogliattI M., Lubrano Lavadera A., “Dinamiche relazionali e Ciclo di vita della famiglia”, Il Mulino, Bologna,2002. (12)Barnes D. , Trasmet tere valor i . Tre generazioni a confronto, Unicopli, Milano, 2009. (13)Myers B.A.: Coping with developmental disabilities. In Capute A.J., Accardo P.J (eds): Developmental Disabilities in Infancy and Childhood, Baltimore, 1991. (14)Malizia G., Pignarolo M., Nuovi equilibri familiari: quando arriva un figlio con disabilità, www.stateofmind.it,2018. (15)Harris S.L., Boyle T.D., Fong, P., Gill M.J., Stanger C.: Family of the developmentally disabled children. In Wollraich M., Routh D.K. (eds) Advances in developmental and behavioralpediatrics, JAI Press Inc., London, 1987. (16)Sorrentino A.M.: Handicap e riabilitazione: una bussola sistemica nell’universo relazionale del bambino handicappato. NIS, Roma, 1987. (17)McConkey R., Truesdale-Kennedy M., Chang M.Y., Jarrah S., Shukri R.: The impact on mothers of bringing up a child with intellectual disabilities: a crosscultural study. International journal of nursering study, 45, 1, 2008. (18)Azar M., Badr L.K.: The adaptation of mothers of children with intellectual disability in lebanon. Journal of transculturalnursering, 17, 4., 2006. (19)Zimbardo G.: Psychology and life. Harper Collins, U.S.A, 1988. (20)Kirby D.D.: Parenting Stress and Children’s Development: Introduction to the Special Issue. Infant and Child Development , 14, 111-115, 2005. (21)Associazione EMDR Italia: Indicazioni per gli adulti, in www.psy.it, 2020. (22)Militerni R.; Neuropsichiatria Infantile, V edizione, Idelson-Gnocchi, Napoli, 2015. (23)Fombonne E.: The prevalence of Autism. JAMA 289: 87-9, 2003. (24)Yeargin-Allsopp M., Rice C., Karapurkar T., Doernberg N., Boyle C., Murphy C.: Prevalence of autism in a US metropolitan area. JAMA 289: 49-55, 2003. (25)Per quel che riguarda la familiarità del disturbo gli studi sui gemelli hanno fornito dati molto suggestivi. In particolare, è stata segnalata una concordanza, fra gemelli monozigoti, variabile dall’86% al 92%. Nei gemelli dizigoti, la concordanza sarebbe di circa il 26%. Nei fratelli non gemelli, invece, l’incidenza sarebbe di circa il 2%, con un rischio 100 volte superiore a quello stimato nella popolazione generale (0,02%). (26)Hartup W.W.: Peer Relations. In P. Mussen (eds.), Handbook of Child Psychology, vol. 4: So c i a l i z a t i o n , Pe r s o n a l i t y a n d s o c i a l development. New York, 1983. (27)Sergi L., Mingione E., Ricci M.C., Cavallaro A., Russo F., Operto F.F., Corrivetti G., Frolli A.: Autism, Therapy and COVID-19, Pediatric Report 2021, 13, 35-44.

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