Chi aiuta chi ci aiuta?

di Daniela Di Martino

da Psicologinews Scientific

supervisione

La supervisione è un’attività molto importante nella formazione degli psicoterapeuti, ma anche nell’attività psicoterapeutica stessa.

E’ una relazione duale in cui un supervisore sostiene un collega nella gestione di un paziente, aiutandolo a riflettere sui propri vissuti all’interno del rapporto terapeutico, sul metodo e sugli strumenti utilizzati. In genere, il fine di una supervisione è di risolvere un momento di impasse nella terapia.

I motivi per cui è sentita la necessità di una supervisione sono individuabili nella necessità del confronto e della condivisione di cui il terapeuta, dedicato all’attività clinica, chiuso nel suo studio, sente il bisogno, ma rappresenta anche un atto di responsabilità verso il paziente. Nel confronto, infatti, il p r o f e s s i o n i s t a , r i c e v e s t i m o l i all’integrazione del proprio paradigma di riferimento e, al tempo stesso, li trasforma nel “fare meglio” all’interno della relazione terapeutica.

Compito del supervisore è di supportare il terapeuta nell’ autosservazione, l’ obiettivo è quello di spingere alla rimodulazione dell’azione terapeutica, rendendola osservabile da un’ angolatura esterna. L’ accesso ad un focus esterno, infatti, non è sempre accessibile quando si è coinvolti in prima persona nel legame terapeutico.

L’ o b i e t t i v o e s s e n z i a l e d i u n a supervisione è la co-costruzione di una nuova conoscenza riguardo alla terapia, guardando sia al proprio modo di essere nella relazione con il paziente, sia al modo di essere del paziente nel contesto e s t e r n o / i n t e r n o a l l a r e l a z i o n e terapeutica.

Le modalità della supervisione, in genere, possono essere diverse: terapeuta e supervisore si incontrano a cadenza fissa, oppure l’incontro avviene al bisogno, quando il terapeuta, che per qualche motivo è in difficoltà col suo paziente, chiede aiuto ad un collega ritenuto più esperto.

Essere terapeuti a confronto

Ogni clinico riconosce dunque l ’ importanza dell’ attività di supervisione nella propria pratica professionale. La percezione dell’ attività di supervisione quale strumento essenziale, ai fini dell’ e s e r c i z i o d e l l a p r o f e s s i o n e psicoterapeutica, ha spinto alcuni psicologi, operanti sul territorio di Castellammare di Stabia (Na), a collaborare in tal senso. Ormai da nove lunghi anni, questi psicologi collaborano e si conf rontano sui temi del l a psicoterapia e della relazione. Il team di lavoro è formato da psicologi di diverso orientamento e approccio terapeutico, gli incontri di supervisione si svolgono una volta al mese, vengono discussi un paio di casi ad incontro, a turno e/o a richiesta da parte dei partecipanti. A questo punto entriamo nel merito.

Il gruppo è formato da 11 psicoterapeuti (dieci psicologi e uno psichiatra), 3 ad orientamento cognitivo-comportamentale (Dott.ssa Anna Di Martino, Dott.ssa Daniela Di Martino, Dott.ssa Antonietta Lapegna), 1 ad orientamento Gestalt (Dott. Gaetano Malafronte- psichiatra), 2 ad orientamento transazionale psicodinamico (Dott. Remo Dello Ioio, Dott.ssa Pia Vicinanza), 2 ad orientamento umanistico bioenergetico (Dott.ssa Margherita Di Maio, Dott. Luca Castaldo -psicoterapeuta in formazione), 1 ad orientamento psico-dinamico (Dott.ssa Anna Romano), 1 ad indirizzo metacognitivo-interpersonale (Dott. Nicola Vangone), 1 psicologo esperto in sessuologia e dipendenze (dott. Aldo Ivano Iezza).

Q u e s t o t e a m s i c o n f r o n t a periodicamente mediante un nuovo modo di fare supervisione, che è stato r ibat tezzato “intervisione molti-orientata”, il nome vuole sottolineare che la relazione di lavoro si basa su un rapporto simmetrico tra pari. I membri non sono in una relazione di potere, l’obiettivo è il confronto, ciò mediante: osservazione, valutazione e feedback da parte di tutti i partecipanti al gruppo. Ciascuno è animato da uno spirito collaborativo, teso a facilitare l’autovalutazione del lavoro al “ s u p e r v i s i o n a t o ” , o m e g l i o “intervisionato”. L’ultimo termine è più appropriato: in una intervisione non c’è un supervisore che assume su di sé la responsabilità del terapeuta, la responsabilità è assunta dall’intero gruppo che diventa figurativamente supervisore.

Un incontro di supervisione prevede: l’ascolto attento della ricostruzione verbale del caso (domanda palese e latente, risorse/punti di debolezza del paziente) e delle dinamiche presenti n e l l a r e l a z i o n e t e r a p e u t i c a ; l’osservazione delle dinamiche interne al terapeuta che si racconta nella relazione col paziente; le azioni che il terapauta ha messo in atto e la risposta del paziente; le strategie utilizzate e quelle possibili nel futuro. Infine, vengono discusse le difficoltà o le motivazioni per cui ha sentito la necessità di portare i l caso in intervisione.

Alla definizione del caso, seguono le domande dei terapeuti presenti, questo secondo passaggio è utile a chiarire ulteriormente aspetti in ombra. Questa è un momento molto importante, che spinge ad un ulteriore approfondimento e soprattutto induce maggiore chiarezza nel collega che ha portato quello specifico caso all’ attenzione di tutti. In questa fase viene anche ad essere “intervisionato” il livello di alleanza terapeutico ipotizzato e verificato. Questa è anche la fase in cui si giunge a definire meglio e a circostanziare la diagnosi psichiatrica e psicologica, ciò dà contorni e limiti al progetto terapeutico ed è utile a fornire consapevolezza rispetto a quanto intrapreso fino ad allora.

Infine, vi è il momento dedicato ai feedback, che ogni collega darà secondo il proprio approccio. Questo è il momento più creativo, interessante e formativo, soprattutto per la ricchezza di prospettive che presenta. In questo senso, all’intervisione si associa una volontà informativa e formativa molto potente, capace di fornire mezzi di riflessione e di apprendimento su casi specifici che, difficilmente è possibile incontrare in altri contesti.

Il vantaggio più rilevante che ha una supervisione gruppale “molti-orientata” riguarda il superamento del rischio di chiusura in schemi duali (del supervisore e del supervisionato) e la possibilità di accedere a contenuti variegati, sicuramente di maggiore complessità teorico-tecnica.

Infine, bisogna aggiungere, quale ulteriore punto di forza di un simile approccio, che ciascun terapeuta ha la possibilità di avvicinarsi a contenuti non propriamente l e g a t i a l p r o p r i o or i ent ament o forma t i vo e ciò r a p p r e s e n t a u n ’ e s p e r i e n z a d i arricchimento, oltreché di formazione in itinere.

Le diverse formazioni degli intervisori operano nel dare una visione verticale ed orizzontale del paziente, che viene visto, sentito ed osservato nei vari livelli del suo agire, che spesso sfuggono al singolo terapeuta.

Conclusione

L a r i c c h e z z a d e l l ’ e s p e r i e n z a d’intervisione “multi-orientata” condotta in nove anni e la colleganza realizzata, grazie al lavoro tra pari (nessuno in posizione superordinata rispetto agli altri) ha consentito sempre un clima rispettoso delle differenze individuali; anche le età dei partecipanti al gruppo sono molto diverse e anche questo, non ha mai rappresentato un limite o motivo di ostacolo al lavoro di squadra.

La forza di questo gruppo è costituita delle diverse individualità che lo compongono. I differenti approcci metodologici e le differenti personalità diventano armi fondamentali a sostegno della psicoterapia. Il fatto che siano differenti approcci metodologici ad incontrarsi può rappresentare, ad una prima analisi, un fattore di confusione; tuttavia, in un’epoca in cui a livello clinico viene messa continuamente i n discussione l’eccessiva chiusura in modelli scientifici settoriali, questo gruppo di professionisti mette in atto una strategia di presa in carico di tipo “ m u l t i a p p r o c c i o ” . Una n o v i t à metodologica che consente la ricerca di soluzioni multiple al problema di un paziente, senza chiudersi in risposte troppo specifiche e talvolta troppo ancorate ad uno schema teorico che limita l’analisi di altre prospettive.

Volendo utilizzare come metafora semantica la figura del prisma, possiamo dire che la “multi-formazione” degli o p e r a t o r i a i u t a , come l a l u c e “scomposta” del prisma, a “scomporre” il paziente nei suoi strati e a dare, infine, al terapeuta la possibilità di ricomporre dentro di sé il proprio analizzato.

B r a i d i G . , C a v i c c h i o l i G , (2006)“Conoscere e condurre i gruppi di lavoro. Esperienze di supervisione e intervento nei servizi alla persona”, Ed. Franco Angeli.

Butera, N., Zaratti, R. (2002). “Un modello di supervisione sistemico-processuale”, Ed. Cedis