Indietro nel tempo? Effetti e sorprese
In un momento come quello attuale, con la guerra subito dopo la lunga stagione del Covid, molti pensano a quanto fosse più facile prima, in molti sensi. È stato, ed è, un periodo duro, di incertezza e di futuro imprevedibile: più di quanto lo sia in tempi cosiddetti normali. Sperando fortemente che presto si trovino soluzioni diplomatiche e finisca un’insensata violenza, analizziamo cosa significa recuperare momenti precedenti e più sereni, e l’effetto che può avere sul nostro cervello.
Vorrei ricordare qui uno degli esperimenti psicologici che sono diventati un classico della letteratura: siamo nel 1981 e la psicologa di Harvard Ellen Langer decide di allestire un esperimento con un gruppo di uomini intorno ai settant’anni (allora settanta erano già un’età avanzata). In cosa consisteva? Le persone che prendevano parte all’esperimento furono invitate a vivere cinque giorni all’interno di un monastero, in cui tutto era stato progettato per sembrare proprio come se fosse l’anno 1959. Radio, televisori in bianco e nero, libri, oggetti per la cucina, arredamento: tutto era d’epoca, l’atmosfera era perfettamente ricostruita, come in un set cinematografico.
Questa distorsione temporale, in cui erano immersi, prevedeva che i partecipanti fossero trattati come se avessero 50 anni. Negli spazi che occupavano, non c’erano specchi e c’erano molte foto che li ritraevano: foto che avevano loro stessi fornito, di vent’anni prima, in cui ridevano, pescavano, abbracciavano; erano, insomma, uomini maturi attivi e in salute. Durante i cinque giorni, i partecipanti dovevano discutere le notizie e gli sport di 22 anni prima come se fossero appena accaduti, al presente, e comportarsi in tutto e per tutto come quando avevano cinquant’anni.
Alla fine dei cinque giorni, che sono ovviamente un tempo assai limitato e allestito artificialmente, i ricercatori fecero le valutazioni finali. Risultato? Gli uomini, alle misurazioni fisiche, erano aumentati in altezza, avevano una maggiore destrezza manuale e una vista ancora migliore.
Sembravano più giovani anche di aspetto. Tra i partecipanti (alcuni dei quali avevano precedentemente utilizzato un bastone per camminare) è stata persino improvvisata una partita di football mentre aspettavano l’autobus per tornare a casa.
Ellen Langer esitava a pubblicare i risultati dell’esperimento, preoccupata che il metodo insolito e la dimensione ridotta del campione potessero essere difficili da accettare per la comunità accademica. Ma nel 2010 un programma della BBC ha ricreato l’esperimento con persone anziane famose, ottenendo effetti simili. Una successiva ricerca di Langer l’ha portata a concludere che possiamo allenare le nostre menti per sentirci più giovani, il che a sua volta può far sì che i nostri corpi seguano l’esempio.
Naturalmente è impossibile riprodurre effetti simili nelle nostre vite. Ma agire in modo differente, fare delle piccole distorsioni temporali può aiutare in modo molto concreto e misurabile. È interessante notare che il gruppo di controllo dell’esperimento, i cui partecipanti dovevano semplicemente ricordare e discutere fatti ed episodi risalenti a vent’anni prima, non aveva affatto avuto gli stessi risultati.
La chiave di differenza sembra quindi stare nell’agire “come se”. Non possiamo certo riportare indietro il tempo, ma ingannare un po’ il nostro cervello ha l’effervescente effetto di riattivarlo in aree che utilizziamo meno, presi degli eventi e dalle difficoltà attuali. Applicare questo principio alle nostre azioni quotidiane, rivivere un luogo, un’esperienza, tornare ad attività lasciate, può essere un utile alimento per l’ottimismo. Se non altro, partire da una posizione meno pessimistica e negativa, può far ripartire interazioni positive con i nostri simili, ritrovare elasticità e malleabilità. E contribuire a cambiare, in meglio, la realtà che ci assedia da tempo.