Maestra Camilla, posso abbracciarti?
di Camilla Niccolai
“Maestra Camilla, posso abbracciarti?”
Questa mattina una domanda così semplice, spontanea ed innocente mi ha fatto riflettere.
Vengo chiamata per fare supplenza in una IV elementare e trovo una realtà scolastica decisamente modificata. Non parlo della disposizione dei banchi (ben distanziati – “allungate il braccio e controlliamo che non vi tocchiate”), della presenza delle mascherine (così grandi da coprire gli occhi e rendere difficoltoso il dialogo), del continuo e necessario ricambio d’aria (finestre costantemente aperte con 2 gradi all’esterno). Sì, sono sicuramente passati un po’ di anni dall’ultima volta in cui mi sono ritrovata tra i banchi di scuola ma le misure di contenimento del contagio, l’imposizione di un certo distanziamento e la forzata mancanza di contatto fisico hanno prodotto un ben più drammatico cambiamento. Ai bambini sono stati tolti il gioco, la socialità, il volto dei compagni e delle maestre… è stata tolta la Scuola come agente di socializzazione primaria. Tutto è diventato più asettico e freddo, i corpi sono ormai costretti alla distanza e gli abbracci definitivamente banditi.
Paradossalmente, i gesti ritenuti prima “normali” (e la cui dimenticanza veniva spesso interpretata come “maleducazione”), adesso vengono percepiti come “strani”, lasciandoci spiazzati. In alcune situazioni si scatena dentro di noi una vera e propria sensazione di allarme e di pericolo, quasi come se dovessimo cercare di proteggerci. Ma proteggerci da chi? Da che cosa? Da un nemico invisibile che ci fa sentire costantemente impotenti e fragili.
E la cosa peggiore è che tutti questi vissuti sono ormai parte del nostro agire quotidiano, impressi nelle nostre menti, finendo con l’influenzare la nostra salute mentale, psicologica ed emotiva.
Come può, quindi, la semplice domanda “Maestra Camilla, posso abbracciarti?” non scuotere e preoccupare?
Sono cresciuta con la convinzione che poter abbracciare, stringere e baciare una persona, o ancora starle vicino manifestando i propri sentimenti, fosse la vera libertà e una chiave di crescita fondamentale. Purtroppo, i bambini di oggi ricevono quotidianamente il messaggio opposto, ovvero che stare vicini è pericoloso e che è necessario controllare il proprio istinto di vicinanza, sia fisica che emotiva.
Alla fine di questa riflessione mi sono, quindi, chiesta cosa poter fare nel mio piccolo, partendo dal mio agire quotidiano. E ho deciso di spronare i bambini con cui mi interfaccio ad esprimere il più possibile i propri sentimenti e le proprie sensazioni – magari parlando, cantando o disegnando. Ho deciso di consigliare agli adulti di organizzare giochi di contatto o attività nelle quali vengano espresse vicinanza ed affettività (almeno in famiglia, con persone conosciute e di cui è certa la non positività al virus). Infine, ho deciso di consigliare ai genitori di abbracciare i propri figli, ricordando loro quanto un abbraccio possa far sentire amati, accolti e al sicuro.