Arte e Arteterapia
Nella mia formazione come psicoterapeuta ed arteterapeuta ho avuto modo di cogliere sia i punti di contatto tra queste due maniere diverse di occuparsi della cura della persona e della promozione umana, sia anche di coglierne le esclusività e le differenze.
Un aspetto su cui stiamo lavorando molto come APIART (Associazione Professionale Italiana Arteterapeuti) è quello di stimolare una riflessione sul come venga usata l’arte in sé per sé, senza il background di arteterapeuti, come mezzo salvifico, in un certo senso, fine a se stesso.
Già vari anni fa abbiamo avuto occasione di prendere una posizione critica riguardo una disposizione del Ministero della Salute canadese che, permetteva agli psichiatri di “somministrare” visite guidate ai musei d’arte, esattamente come fossero farmaci o incontri di psicoterapia.
Apparentemente una cosa del genere può sembrare interessante, però ,siccome noi lavoriamo molto sulla questione dell’arte come strumento di promozione umana cogliamo in un’iniziativa di questo tipo qualcosa di molto pericoloso. In questo modo, infatti c’è una delega all’arte e non un essere presente nella relazione con l’arte per il benessere della persona.
L’arte è un concetto estremamente complesso quanto anche vago ed elastico.
Assistiamo soprattutto dal ‘700 in poi, con la crisi dei sistemi più organizzati per la gestione della relazione con la trascendenza, cioè in particolare delle religioni più radicate nella cultura occidentale, a dei fenomeni di idealizzazione sostitutoria ai sistemi di credenze messi in discussione a partire dall’età dei lumi.
L’arte se ci riflettiamo è diventata una sorta di sostituto di questa possibilità di relazione con la trascendenza e quasi sempre viene idealizzata. L’arte infatti è come se fosse qualcosa di positivo in sé per sé. Basta recarsi ad una mostra e garantirsi una sorta d’ identità di persona sensibile ed intellettuale. Nella maggior parte dei casi, la preoccupazione più grande di chi va ad una mostra è quella di esprimere un’appartenenza e di garantirsi tale identità e non tanto di godere della bellezza e dell’aspetto relazionale o del poter comprendere qualcosa nel profondo.
Questo è un aspetto molto importante. L’arte non è affatto detto che sia qualcosa di assolutamente positivo.
Pensiamo alla Sindrome di Stendhal, lo stesso Freud quando andò a visitare l’acropoli ad Atene come lui stesso descrive, racconta di essersi sentito sconvolto.
Sappiamo bene quanto l’arte sia qualcosa che può anche turbare. Quindi non è affatto detto che sia positiva in sé per sé.
Per non pensare all’arte come strumento manipolativo delle persone. Le canzoni che servivano per mandare in guerra i nostri padri e i nostri nonni per farne poi carne da cannone nei conflitti, erano arte? Sì, erano arte, ma sicuramente si può discutere sul fatto che abbiano rapresentato qualcosa di utile per la promozione umana.
Quindi il concetto di arte è qualcosa di estremamente complesso.
L’arte è qualcosa di profondamente diverso dall’arteterapia anche se l’arte fa parte dell’arteterapia. L’arte nell’arteterapia ha fondamentalmente due aspetti, quello di permettere una relazione organizzata e gestibile con la trascendenza e con la complessità, senza necessariamente un’interpretazione verbale e quindi ampliando la possibilità di contatto e l’altro aspetto legato alle sue stesse radici, l’etimolgia della parola arte, rimanda ad un fare ordinato, quindi mettere in campo sempre un fare, un agire e quindi una corporeità.
Esiste una profonda differenza tra arte e arteterapia.
-Nell’attività di arte noi abbiamo come scopo principale la produzione di un oggetto o di una performance che abbia un valore estetico, quindi non tanto la relazione. Molti grandi artisti, uno tra tanti Picasso non è passato alla storia per una particolare attenzione emotiva affettiva con chi gli stava attorno oppure anche come Francis Bacon, grandissimo artista, ma non proprio la persona che più si occupava della promozione umana di chi frequentava.
L’arterapia è una cosa completamente diversa perchè, anche se utilizza sistematicamente strumenti artistici, ha come principale scopo non la produzione di oggetti di particolare significatività estetica, ma la promozione umana
Infatti, in molte procedure di arteterapia il prodotto non ha alcuna importanza, alle volte viene addirittura gettato via, per non focalizzare l’attenzione sulla produzione di quell’oggetto, ma semplicemente enfatizzare le occasioni di relazione col profondo.
Fermo restando che l’arte è una cosa importante e di cui non possiamo fare a meno, altrimenti non mi sarei mai occupata di arteterapia, sicuramente una cosa è l’arte con tutti i suoi pregi e i suoi difetti e una cosa è l’arteterapia con le sue potenzialità, che sarebbe veramente svilente pensare che possano essere semplicemente sostituite con “Facciamo un bel paesaggio insieme” o “Andiamo al museo insieme”.
Tanto per chiarire la distanza tra valori estetici più tradizionalmente condivisi e l’importanza di ben altri aspetti nel setting di arteterapia, ho scelto come illustrazione di questo articolo un disegno che, pur non essendo probabilmente molto apprezzabile in altri contesti, lo è stato molto nel corso di questa seduta di arteterapia.
Si trattava di uno studente universitario di 22 anni con un ottimo funzionamento cognitivo, ma con una sorta di negazione del suo corpo vivo, espressa con tratti catatonici. È stato straordinario come, quando sia finalmente riuscito a rappresentare un corpo, la sua autopercezione sia iniziata a cambiare.
La ragione di quell’uno in alto a destra del disegno è una maniera per fargli numerare i suoi lavori e come questo accorgimento aumenti il livello di consapevolezza delle sue capacità trasformative man mano che, come rituale di inizio della seduta, lo studente ripercorra come i fotogrammi di un film, i suoi disegni precedenti.