L’Assessment Terapeutico o collaborativo come intervento psicologico breve
di Gaia Cassese
Introduzione
L’assessment terapeut ico nasce come modello di valutazione psicologica semi-strutturata, collaborativa e individualizzata ideata da S. Finn a partire dagli anni ’90 (Finn, 1996) e tutt’oggi in via di sviluppo. Fonda le radici sui principi della psicologia umanistica e dell’approccio f e n o m e n o l o g i c o c h e privilegiano, nella ricerca qualitativa, l’assunzione di un atteggiamento che va molto oltre il porsi dal punto di vista dell’altro; significa, piuttosto, l’adozione di un particolare metodo di riflessione sulla prospettiva che ci viene offerta d a i n o s t r i p a z i e n t i . L’assessment terapeut ico integra, inoltre, ulteriori t e c n i c h e p s i c o l o g i c h e evidence-based e di ormai c o n s o l i d a t a v a l i d i t à e conoscenza come: le tecniche di ascolto attivo (Barone et al., 2005; Othmer & Othmer, 2002), il rispecchiamento (C. Rogers, 1951), lo scaffolding (Vygotsky, 1934/1987), i l ci rcular quest ionning (1) (Tomm, 1988), tecniche di psicoeducazione e gestione delle emozioni (ad esempio storytelling e role playing), conoscenze provenienti dalla teoria dell’attaccamento per la costruzione di una relazione terapeutica “sicura” (Aschieri et al., 2016). I test vengono utilizzati come “lente di ingrandimento” dell’empatia, b a s e e s p e r i e n z i a l e fondamentale per promuovere un cambiamento positivo già a partire dagli incontri di valutazione (2). L’autore tende a considerar e i l propr i o metodo come un vero e proprio mind-set, un modello di pensiero, che si fonda su cinque valori fondamentali: collaborazione, rispetto, umiltà, compassione, apertura e curiosità (Finn, 2009).
Finn ha ipotizzato sei fasi di i m p l e m e n t a z i o n e dell’intervento che possono essere però adattate al contesto e alle esigenze della relazione terapeutica (per approfondimento sulle fasi si r i m a n d a a l l ’ a r t i c o l o “L’assessment Terapeutico o collaborativo: origini e struttura di una nuova tecnica”), di durata variabile che verranno implementate in un periodo che va dai tre ai dieci incontri.
Le caratteristiche dei setting a c u i s i r i v o l g e l’Assessment Terapeutico.
Come già accennato in precedenza, l’assessment terapeutico nasce da una riflessione sull’esperienza di training per la valutazione psicodiagnostica, nel creativo tentativo di offrire un’efficace r i s p o s t a a i l i m i t i d e l l a tradizione e alle dirette r i c h i e s t e e d e s i g e n z e dell’utenza. Ben presto però Finn si accorge di tutti quei contesti in cui l’assessment collaborativo mostra una forte portata terapeutica. Al pari di una valutazione psicologica tradizionale, il metodo è stato p e n s a t o p e r e s s e r e naturalmente implementato all’inizio della richiesta di trattamento psicologico, con fi n a l i t à d i c o n o s c e n z a attraverso la relazione, di via d i a c c e s s o , a n z i d i esplorazione, agli schemi e al disagio del paziente. Durante l’implementazione ed i l d i ffondersi del metodo, tuttavia, Finn riceve diverse richieste di intervento da parte di colleghi che si trovano in una fase di impasse, dove si è lavorato su tutti i punti portati in terapia, ma si percepisce uno stallo della relazione terapeutica. In questi casi, l’intervento di assessment collaborativo ha mostrato una notevole efficacia: l’utilizzo dei test e dell’atteggiamento della persona del somministratore è servi ta da input per far emergere ulteriore materiale inconscio non affiorato prima in stanza di analisi. In entrambe le condizioni, l’intervento può essere svolto dalla figura del terapeuta, meglio ancora se ci si rivolge ad un professionista altro, esterno al processo instaurato fin ora. In questo caso però, il metodo di Finn prevede un lavoro di costante e profonda collaborazione e fiducia con il terapeuta inviante, rendendo noto anche al paziente, fin da s u b i t o , d e l l e c o n t i n u e comunicazioni avvenute e che a v v e r r a n n o c o n i l professionista. L’idea è proprio quella d i supportare l a relazione nel superamento della fase di stallo in cui si trova, favorendo l’emergere di nuovi focus e materiali su cui continuare a lavorare, e riaccendendo la curiosità del paz iente per le propr ie domande irrisolte e la fiducia nel lavoro terapeutico. Questo o b i e t t i v o d e v e e s s e r e concordato, riconosciuto e condiviso da tutti e tre i membri dell’intervento: i l prodotto finale sarà lo stilare una lettera che focalizza un nuovo contratto di lavoro terapeutico.
Per quanto riguarda gli ambiti di implementazione, invece, l’assessment terapeutico nasce rivolgendosi ad un setting individuale adulto, per poi esplorare molteplici e d i v e r s e p o s s i b i l i t à . C o n g r u e n t e m e n t e all’esplorazione, in letteratura, dell’utilizzo della testologia in ambito di coppia o di gruppo, a n c h e i r i c e r c a t o r i del l ’European Cent re for Therapeut i c Assessment promuovo l’implementazione del metodo con coppie (Provenzi et al., 2017) e famiglie. In particolare, in famiglie con figli piccoli l’obiettivo del somministratore è quel lo di sostenere i l b a m b i n o , m e d i a n t e l a testologia e gli strumenti a disposizione dello psicologo, nell’espressione di bisogni e p a u r e i n e s p r e s s e e sconosciute agli adulti. Allo stesso tempo, non meno importante è l’obiettivo di sostenere i genitori nell’ascolto attivo del bambino e nella costruzione di un ambiente appropriato che favorisca l’adattamento e lo sviluppo positivo del piccolo. L’idea di base che guida l’utilità del metodo in setting familiare è che: < le storie che i bambini propongono di loro stessi sono generalmente più flessibili e dipendono in larga misura dalla visione che i genitori hanno dei loro comportamenti e azioni. Così, la pratica di testare il bambino in TA-C viene utilizzata principalmente per aiutare i geni tor i a sviluppare una narrativa più accurata sul bambino e ad elaborare il significato dei problemi esposti> (3) .
Questa consapevolezza è ciò che in parte ha guidato il lavoro degli autori anche con gli adolescenti. Questi ultimi infatti possiedono già degli schemi più solidi circa le proprie storie e la propria identità: come con gli adulti, l’utilizzo della testologia viene utilizzata per promuovere non solo la consapevolezza del proprio sé, quanto nuove intuizioni e storie alternative. Allo stesso tempo però, a differenza dell’adulto, teniamo c o n t o d e l f a t t o c h e l’adolescente è inserito in un contesto familiare vivo (e non solo fantasmatico), in cui sono quotidianamente f o r t i e presenti idee, proiezioni, sogni e d i n t e r a z i o n i c h e arricchiscono, rafforzano ed influenzano g l i schemi p e r s o n a l i . Sarà q u i n d i inevitabile progettare i l coinvolgimento attivo dei genitori nella valutazione, con l’intento di sostenere una migliore accuratezza nella c o m p r e n s i o n e d e i comportamenti e del mondo emotivo dell’adolescente. Gli autori hanno quindi cominciato a chiedersi se l’assessment terapeutico o collaborativo possa essere considerato non solo come una buona alternativa ad una valutazione psicologica tradizionale, quanto come un vero e proprio intervento psicologico breve semi-strutturato, autonomo.
L ’ a s s e s s m e n t c o m e intervento psicologico b r e v e : d i f fi c o l t à d i misurazione
Nel momento in cui gli autori hanno cominciato a proporre l’Assessment Terapeutico c o m e u n i n t e r v e n t o psicologico breve, sono emersi non pochi problemi di fondo n e l l a definizione dell’efficacia evidence-based. Abbiamo infatti visto di come Finn, pur proponendo delle l i n e e – g u i d a nell’implementazione del modello, lasci un ampio spazio di modifica e adattabilità d e l l ’ i n t e r v e n t o , a n c h e attraverso tutti gli strumenti che l o p s i c o l o g o ha a disposizione, a i diversi contesti e bisogni dell’utente e della relazione. Ne emergerà chiaramente la difficoltà di ottenere una misura oggettiva e comune di affidabi l i tà, condizione che ha tardato di un po’ la ricerca e l’affermarsi del metodo in contesto internazionale nonché italiano. Gli studi presenti in letteratura sono infatti molto eterogenei, includendo raramente tutte le fasi descritte dal modello completo di Finn: la maggior parte di questi si rivolge a versioni ridotte dell’intervento, o addirittura a modelli che si sovrappongono solo in parte ad esso, testando e valutando solo alcuni degli aspetti inclusi nell’Assessment. Ne deriva che la maggior parte degli s t u d i o f f r o n o s o l o una m i s u r a z i o n e i n d i r e t t a dell’efficacia dell’intervento breve, compiendo, inoltre, una forzatura di inclusione con ricerche che condividono con i l me t o d o s o l o a l c u n e caratteristiche.
L’efficacia dell’Assessment Terapeutico
Non ci stupiamo, quindi, se inizialmente gli unici benefici emergevano circa la relazione terapeutica. In particolare, la l e t t e r a t u r a c o n c o r d a nell’identificare un’efficacia a carico delle variabili positive per il trattamento, quando gli utenti partecipano ad un intervento di assessment terapeutico prima o durante un percorso di psicoterapia: si registra un miglioramento nell’alleanza terapeutica, della motivazione al trattamento e ad impegnarsi nei percorsi c o n s i g l i a t i ( A c k e r m a n , Hilsenroth, Baity e Blagys, 2000). Altri numerosi studi mostrano l’efficacia del metodo ut i l i z zat o come pretrattamento in termini di percezione dei progressi verso il successivo percorso, una maggiore soddisfazione e una più forte alleanza terapeutica, rispetto a pazienti che non erano stati sottoposti al pre-trattamento o erano stati sottoposti ad altro tipo di intervento (De Saeger et al., 2014). Risultati contrastanti si sono avuti in funzione della riduzione dei sintomi, tra studi che non hanno evidenziato una particolare differenza nell’intensità dei sintomi q u a n d o l ’ a s s e s s m e n t terapeutico era stato proposto come pre-intervento e non; e s t u d i c h e o t t e n g o n o un’importante riduzione della sintomatologia in seguito all’implementazione del metodo con adulti (Poston and Hanson, 2010; Hanson & Poston, 2011), famiglie con bambini (Tharinger et al., 2009) e adolescenti (Smith et al. 2009). Infine, è molto interessante lo studio di Eichler, Norman e Smith (2014) in cui l’assessment terapeutico viene utilizzato c o m e m o d e l l o d i consultazione da parte di psicoterapeuti che inviano i propri pazienti con terapia in corso: anche in questo caso ne emerge una significativa riduzione della sintomatologia e u n m i g l i o r a m e n t o dell’alleanza.
2 . 5 E f fi c a c i a dell’assessment terapeutico come intervento psicologico breve semi-strutturato.
La recentissima meta-analisi di Durosini e Aschieri (2021), coglie l’esigenza di mettere ordine tra gli eterogenei e talvolta anche imprecisi contributi della letteratura circa l’efficacia del metodo proposto da Finn come intervento breve autonomo e semistrutturato. Nei rigidi criteri di inclusione volti a riconoscere solo gli s t u d i c h e u t i l i z z a n o propriamente l’intero modello di assessment terapeutico, rientrano nove studi pubblicati tra il 1992 e il 2015. I risultati dello studio sono piuttosto rassicuranti: gli autori ritrovano un e f f e t t o da moderato a grande per quanto r i g u a r d a l a v a r i a b i l e “trattamento”, in particolare un accrescimento dell’alleanza terapeutica e della percezione di utilità del trattamento; un effetto moderato per quanto riguarda la riduzione della sintomatologia; un effetto moderato sulla percezione di crescita personale dell’utente, soprattutto per la dimensione di auto-miglioramento. Un aspetto molto interessante è che tali risultati vengono raggiunti già in tre sessioni ( e s c l u s a q u e l l a p e r l a somministrazione del test) e non cambiano i n modo significativo all’aumentare degli incontri o dalla diversa tipologia di pazienti e/o di setting. L’unica variabile che influisce positivamente sui r i s u l t a t i è l ’ a c c o s t a r e l’assessment terapeutico ad u n a l t r o t r a t t a m e n t o , s u g g e r e n d o m o l t o probabilmente che i pazienti approccino a l percorso terapeut ico in modo più positivo e motivati alla crescita e allo sviluppo personale. Tali risultati portano gli autori a concludere che, piuttosto che i diversi tipi di fasi o modalità di i m p l e m e n t a z i o n e del l ’as ses sment (breve, completo, differente numero di incontri, differenze di pazienti o di setting), siano i valori e la fi l o s o fi a a l l a b a s e dell’intervento a renderlo efficace e valido. Sembra, c i o è , c h e q u a n d o l a collaborazione, il rispetto, la compassione, l’apertura e l’umiltà caratterizzano e arricchiscono la valutazione p s i c o l o g i c a , i p a z i e n t i esperiscano una relazione che, seppur breve, migliora la vita in molteplici modi. Pensiamo, ad esempio, a come la richiesta implicita ed esplicita di una piena e attiva collaborazione porti con sé un carico di estrema fiducia da parte del somministratore, e alla portata terapeutica di quest’ultima. Fin dall’inizio si sta instaurando una relazione che si fa promotrice, in alcuni casi, di una storia e di una relazione al ternat iva che comunica non sol o una validazione del vissuto di s o f f e r e n z a , q u a n t o un s i g n i fi c a t o a n c o r a p i ù importante: “sei degno di fiducia”. A partire da queste basi, gli autori sottolineano l’esigenza di soffermarsi molto di più su tali valori e l’importanza di una dimensione relazionale nella f o r m a z i o n e d i n u o v i psicodiagnosti, nella necessità di considerare la validità dei p r o p r i i n t e r v e n t i come fondamentalmente influenzati dalla relazione terapeutica e da come essa evolve con i s u o i m e m b r i . Congruentemente a quanto detto, i ricercatori si fanno p o r t a v o c e a n c h e dell’importanza di introdurre l’Assessment Terapeutico nella formazione universitaria di giovani e futuri psicologi, insistendo sul forte eco che questo può avere per le c a p a c i t à c l i n i c h e d e i neolaureat i . For tement e d ’ a c c o r d o c o n q u e s t a esigenza, tale necessità sarà il c e n t r o d e l l e r i fl e s s i o n i proposte nel terzo capitolo.
Bibliografia
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Rogers, C. R. (1951), Client Centered Therapy, Boston: Houghton Mifflin.
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Note
( 1 ) È u n a t e c n i c a p a r t i c o l a r m e n t e utilizzata in terapia s i s t e m i c a ( S e l v i n i Palazzoli et al., 1980) e introdotta in diversi modelli psicoterapici, che consiste nel porre domande che aiutino a costruire connessioni tra i diversi aspetti dell’esperienza del paziente o, in ambito familiare, tra i diversi membri del sistema.
(2) Utilizzo il termine valutazione in qualità di “assessment” piuttosto che nell’accezione della v a l u t a z i o n e p s i c o d i a g n o s t i c a tradizionale.
(3) Aschieri et al. (2017) C o l l a b o r a t i v e / T h e r a p e u t i c A s s e s s m e n t : Procedures to Enhance Client Outcomes, pag. 2