Turismo Sostenibile
di Beatrice Brambilla
Introduzione
Negli ultimi decenni si è sempre più affermata la disciplina del place branding, o anche detta marketing territoriale. Nonostante sia nata come pura attività di promozione e di comunicazione di un territorio, in realtà è un concetto molto più complesso non esauribile in un’unica definizione (Ashworth & Voogd, 1994; Kavaratzis & Ashworth, 2005). Il grande obiettivo del marketing territoriale oggi è “la creazione, il mantenimento e il rafforzamento progressivo delle condizioni utili per far evolvere in maniera fisiologica un territorio” (Caroli, 2006). Con il termine evoluzione fisiologica di un’area territoriale ci si riferisce al suo sviluppo sostenibile. Nel rapporto Brundtland (1987), la Commissione per l’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite elabora la definizione, oggi ampiamente condivisa, di sviluppo sostenibile. Esso viene considerato come un processo che si fonda su due principi di base: da una parte consente di soddisfare i bisogni del presente, ma dall’altra si impegna nel preservare l’ambiente, la società e l’economia per le generazioni future. In questa definizione viene proposta una triplice rappresentazione della sostenibilità (Elkington, 1994): ambientale, sociale ed economica. La prima componente si traduce nella capacità di garantire la disponibilità e la qualità delle risorse naturali; la seconda consiste nel garantire la qualità della vita, la sicurezza e i servizi per i cittadini; infine, l’ultimo pilastro si riferisce alla capacità di garantire efficienza economica e reddito per le imprese.
Negli ultimi decenni la maggior parte dei settori economici si è sempre più mossa verso la creazione di nuove politiche che favoriscano uno sviluppo sostenibile e l’interesse per una transizione verso un turismo sostenibile si è molto intensificato (Ciani Scarnicci, Marcelli, Pinelli, Romani & Russo, 2016). Questo non può essere fatto se non attraverso una strategia di marketing condivisa e sviluppata a livello territoriale che permette di collegare l’offerta e la domanda alla quale si rivolge (Gilodi, 2004; Marenna, 2005). Una destinazione turistica, dunque, non deve essere considerata solamente come un’entità a sé stante, ma all’interno di una rete che crea valore grazie alla collaborazione di numerosi partner (Martone R.F., 1998; Valdani & Ancarani, 2000). Nasce così l’interesse verso il binomio identità-immagine: ogni luogo, infatti, è caratterizzato da un certo livello di identità territoriale, che spetta al Destination Branding rafforzare e migliorare (Ekinci, 2003); allo stesso tempo non bisogna limitarsi a identificare i tratti distintivi propri di una destinazione, ma è necessario analizzare l’immagine percepita dall’esterno poiché anche questa gioca un ruolo importante nello sviluppo della stessa identità (Kavaratziz & Hatch, 2013). È evidente, quindi, che la capacità di un brand di rappresentare tutte le componenti dell’offerta del territorio, veicolando un’identità unitaria, dipende non solo dalla scelta degli elementi considerati come distintivi, ma anche dal modo in cui viene comunicata e recepita dai turisti (Pastore & Bonetti, 2006). A seguito della sempre maggiore attenzione nei confronti delle pratiche sostenibili, tra gli elementi che devono essere considerati nella costruzione dell’identità di una destinazione al giorno d’oggi ci sono sicuramente gli aspetti ambientali, sociali, culturali ed economici insiti nell’ampio concetto della sostenibilità (Bruntland, 1997; El Sakka, 2016).
L’evoluzione del place branding
L’evoluzione del place branding è da considerarsi un fenomeno principalmente provocato dai processi di globalizzazione e dallo sviluppo economico, che hanno intensificato la competizione tra nazioni, regioni e città per attrarre risorse pubbliche, investimenti privati, sostegno politico e forza lavoro (Anholt, 2005; Hanna & Rowley, 2007joye).
Tra le determinanti vi è anche la riforma del New Public Management, che ha portato delle modifiche all’interno della gestione delle politiche (Joye, Decaoutére & Ruegg, 1993; Emery & Giauque, 2005; Vuignier, 2016). In questo contesto, cresce l’interesse nei confronti delle strategie di place marketing da parte di enti pubblici responsabili della gestione dei luoghi (Vuignier, 2016). Gli studiosi iniziano a prendere sempre più in considerazione l’applicazione del branding aziendale nella promozione dei luoghi (Stewart & Walsh, 1992; Graham, 1994; Vuignier, 2016). La principale differenza tra place branding e product branding risale al grado di complessità associato al primo (Ingelström & Frändberg, 2013; Kumar & Panda, 2019). Secondo Kotler (2006) lo sviluppo di un luogo è sempre vincolato da cicli di crescita e di declino interni insieme a cambiamenti dell’ambiente esterno al di fuori del loro controllo. Dunque, il place brandig include al suo interno aspetti culturali, politici ed economici (Gnoth, 2002; Olins & Hildreth 2011; Almeyda Ibanez & George, 2017).
In letteratura prevalgono gli studi che hanno applicato il place branding soprattutto alle città (Skinner, 2021), tuttavia è usato anche da una serie di luoghi costieri, rurali e siti di biodiversità ecologica (de San Eugenio-Vela & Barniol – Carcasona, 2015; Skinner, 2021). Recentemente, queste pratiche si stanno diffondendo sempre di più nelle aree transfrontaliere e interregionali (Zenker & Jacobsen, 2015; Vuignier, 2016). Da un punto di vista più teorico, l’evoluzione del branding territoriale ha le sue radici nello studio dell’immagine come fattore di sviluppo turistico (Hunt, 1975; Vuignier, 2016). Secondo Hanna e Rowley (2007), questa disciplina tende ad affermarsi sempre di più intorno al 1998, anno in cui il tema della conferenza annuale della Travel and Tourism Research Association era “Branding the Travel Market” (Vuignier, 2016). In questa conferenza sono stati presentati vari esempi di place branding, tra cui quello del Canada, Oregon, New Or leans e Hawaii (Ritchie & Ritichie, 1998; Almayda- Ibanez & George, 2017). Queste attività sono state precedute da città come New York e Glasgow, che attraverso una serie di attività di marketing hanno lanciato i loro slogan (“I love New York” e “Glasgow’s miles better”) durante gli anni Ottanta (Morgan, Pritchard & Pride, 2011; Almeyda-Ibanez & George, 2017). Successivamente anche città come Las Vegas, Seattle e Pittsburgh hanno adottato questo approccio strategico, spinti dalla necessità di competere in modo più efficace (Biel, 1992; Morgan, Pritchard & Pr ide, 2011; Almeyda-Ibanez & George, 2017). Dunque, le pratiche di place marketing non sono recenti, tuttavia negli anni hanno subito dei cambiamenti: inizialmente sono nate sotto l’accezione di una semplice “vendita di un luogo” con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di gruppi target specifici (Kavaratzis, 2007; Berglund & Olsson, 2010; Vuignier, 2016). Nella prospettiva odierna, invece, si pensa sia importante modificare e migliorare un luogo adottando una visione di lungo periodo grazie all’ausilio del marketing, che prevede l’interazione tra gruppi target attuali e potenziali, i residenti e le organizzazioni presenti in loco (Vuignier, 2016). Dunque, il branding territoriale può aiutare a differenziare in modo competitivo un luogo da un altro, creando e comunicando un’identità forte ai segmenti target interessanti (Govers, 2011; Glinska & Gorbaniuk, 2016; Skinner, 2021). Nel paragrafo successivo si approfondirà i l tema del Destination Branding e del rapporto interdipendente tra immagine e identità di un luogo.
Destination Branding
Il Destination Branding può essere considerato una categoria specifica del place branding, il quale è molto più ampio in quanto ha come riferimento soprattutto intere nazioni e Paesi (Kladou, Kavaratzis, Rigopoulou & Salonika, 2017). È molto difficile trovare una definizione esauriente del Destination Branding poiché di per sé un luogo può essere descritto da numerose prospettive, spesso magari tra loro diverse (Gnoth, 2007). Secondo Gnoth (2007), infatti, un territorio può essere attenzionato da due prospettive complementari: quella della domanda e quella dell’offerta. Dunque, una destinazione viene a crearsi a seguito di un processo di interpretazione da parte della domanda mossa a soddisfare determinati bisogni, ma anche da parte dell’offerta che nel tempo si è evoluta sul territorio (Tamma, 2002). Con l’aumento della scelta delle destinazioni a disposizione dei turisti diventa necessario prestare sempre più attenzione all’attività di Destination Branding, che nonostante sia molto complessa, permette di raggiungere un posizionamento distintivo nella mente dei turisti creando delle associazioni pressoché uniche (Ekinci, 2003). Ed è proprio a partire da quest’ultime che viene a crearsi l’immagine della destinazione, cioè quell’insieme di credenze, idee e impressioni che una persona sviluppa circa un determinato luogo a seguito di un’esperienza i n prima persona oppure a partire da informazioni raccolte su Internet o tramite passaparola (Ekinci, 2003). Secondo Kerr e Oliver (2015) l’immagine che viene crearsi nella mente del turista circa una determinata destinazione dipende in larga parte dalla presenza di un’identità territoriale forte e coerente. Dunque, le destinazioni turistiche si stanno sempre più muovendo in questa direzione al fine di creare un’identità distintiva nella quale valorizzare le unicità dei propri luoghi (Ekinci, 2003). Nei paragrafi successivi verranno discussi i concetti di immagine e di identità territoriale nella loro interdipendenza. È bene fare chiarezza su questa distinzione in quanto spesso identità e immagine sono state considerate erroneamente come sinonimi (Kalandides, 2011). In realtà, la prima si riferisce a come una destinazione si percepisce, mentre la seconda a come essa viene descritta dai turisti esterni (Kavaratzis & Hatch, 2013).
Identità vs immagine di un luogo
Come già sottolineato nel paragrafo precedente, gli studi di Destination Branding pongono l’identità territoriale al centro di tale processo (Gnoth, 2007). C’è ampio consenso sul fatto che il Destination Branding non può avere successo se non si concentra sullo sviluppo di un’identità forte e integrata (Kavaratzis & Hatch, 2013). Ogni luogo è caratterizzato da un certo livello di identità territoriale, spetta al Destination Branding rafforzarla e migliorarla (Ekinci, 2003). Ovviamente si tratta di un processo molto lungo e dovrebbe essere svolto in maniera coerente. Sono stati sviluppati una serie di modelli che aiutano gli esperti del settore turistico a creare un’identità territoriale distintiva. Ai fini di questo articolo ne verranno approfonditi due. Kavaratzis (2017) ha sviluppato il processo di place branding partecipativo, sottolineando l’importanza della co- creazione e del coinvolgimento dei diversi stakeholder. In particolare, questo processo si sviluppa in cinque fasi: inizia con la fase di ricerca, dove vengono analizzate le risorse dei luoghi e le potenziali percezioni; successivamente si pensa a u n a p o s s i b i l e v i s i o n e strategica futura, alla quale segue un confronto con i soggetti locali per pensare a eventuali migliorie; infine, si comunica la sintesi al grande pubblico (Kavaratzis, 2017). Sempre nel 2017 Botschen, Promberger e Bernhart hanno sviluppato il Brand-Driven Ident i t y Development of Places Model (BIDP), che si configura come una pratica per lo sviluppo dell’identità territoriale applicabile a qualsiasi luogo basata sulla r i c e r c a d e l l ’ a z i o n e collaborativa. Il BIDP è un modello circolare suddiviso in tre fasi: nella prima, vengono intervistati gli attori chiave del luogo al fine di fare un’analisi dell’identità storicamente cresciuta e consolidata; sulla base di questi risultati, viene creata e definita una nuova identità territoriale. Durante la seconda fase, l ’ i d e n t i t à appena creata si traduce in c o n c r e t e e s p e r i e n z e multisensoriali lungo i punti considerati come costitutivi della destinazione presa in esame, come ad esempio quartieri, strutture ricettive, ristoranti… Infine, l’ultimo p a s s a g g i o c o n s i s t e nell’analizzare le strutture, i processi e i comportamenti delle persone alla luce dei touchpoint individuati in modo t a l e da assicurare uno sviluppo continuo e circolare dell’identità della destinazione (Botschen, Promberger & Bernhart, 2017). I due modelli, seppur differenti, ruotano intorno a un concetto cardine e considerato essenziale da G n o t h ( 2 0 0 7 ) : l a partecipazione attiva della c o m u n i t à l o c a l e nell’identificazione dei tratti distintivi e dunque, nella costruzione dell’identità territoriale. Lichrou, O’Malley e Patterson (2010) parlano di n a r r a z i o n e l o c a l e , fondamentale per creare e condividere storie al fine di far conoscere al turista lo spirito d e l l u o g o . Dunque, l a creazione dell’identità di una destinazione è un processo interat t ivo (Kavaratzi z & Hatch, 2013), anche se per l u n g o t e m p o è s t a t a considerata come qualcosa da definire solo con il fine di sfruttarla e manipolarla per s c o p i c o m u n i c a t i v i e promozionali (Kalandides, 2011). Secondo Kavaratziz e Hatch (2013), però, non bisogna limitarsi a identificare dei valori distintivi propri di una destinazione, ma è necessario analizzare anche l ’ i m m a g i n e p e r c e p i t a dall’esterno poiché anche q u e s t a g i o c a un r u o l o importane nello sviluppo della stessa identità. Come già spiegato n e l paragrafo precedente, l’immagine di una d e s t i n a z i o n e è u n a costruzione mentale che il t u r i s t a c r e a a p a r t i r e dall’elaborazione e dalla s e l e z i o n e d i a l c u n e informazioni circa il luogo e la sua eventuale esperienza in loco (Kotler, Asplund, Rein & Haider, 1999; Leisen, 2001). Essa ha un ruolo strategico in termini competitivi in quanto porta alla formazione di preferenze dei potenziali turisti e, dunque, influisce sul processo decisionale (Leisen, 2001). Oggi è sempre più importante lavorare a livello st rategico al fine di far percepire positivamente il proprio luogo poiché una volta che una certa immagine si crea nella mente del turista è molto difficile modificarla (Kot ler, Asplund, Rein & Haider, 1999). Dunque, essa dovrebbe essere coerente con l ’ i d e n t i tà te r r i to r i a l e . È evidente, quindi, che la capacità di un brand di r a p p r e s e n t a r e t u t t e l e componenti dell’offerta del t e r r i t o r i o , v e i c o l a n d o un’identità unitaria, dipende non solo dalla scelta degli elementi considerati come distintivi, ma anche dal modo in cui viene comunicata e recepita dai turisti (Pastore & Bonetti, 2006). A seguito della sempre maggiore attenzione nei confronti delle pratiche sostenibili, tra gli elementi che devono essere considerati nella costruzione dell’identità di una destinazione al giorno d’oggi ci sono sicuramente gli aspetti naturali, che hanno portato alla nascita della cultura e dello spirito dello stesso luogo (El Sakka, 2016). Dunque, può essere utile approfondire il legame tra i d e n t i t à d i un luogo e sostenibilità.
Identità e sostenibilità
La sostenibilità può essere sicuramente uno dei tratti che potrebbe rendere distintivo un luogo (El Sakka, 2016). Come già riportato nell’introduzione, essa comprende al suo interno aspetti economici, sociali, a m b i e n t a l i e c u l t u r a l i (Bruntland, 1997). Inoltre, a seguito della pandemia da Covid-19, i professionisti che lavorano nell’ambito turistico hanno iniziato sempre di più a collaborare per gestire le d e s t i n a z i o n i d i v i a g g i o nazionali in modo sostenibile (Ahn, 2022). Ormai, infatti, e s i s t e l a n e c e s s i t à d i considerare un luogo come una risorsa relazionale che incorpora tre sfere: ecologia, economia e comunità (Rinaldi, 2017). Però, il concetto di turismo sostenibile ha al suo i n t e r n o u n a s e r i e d i sfaccettature diverse, che spesso vengono confuse tra loro. Dunque, è interessante approfondire le prospettive dell’ecoturismo, del turismo responsabile e del turismo comunitario.
P e r q u a n t o r i g u a r d a l’ecoturismo, nonostante sia un concetto nato circa 25 anni fa, rimane ancora poco consenso tra gli esperti e molta confusione sul suo s i g n i fi c a t o (Do n o h o e & Needham, 2019). In effetti, n o n è u n f e n o m e n o omogeneo, ma è s t a t o accettato come un insieme complesso e sinergico di dimensioni sociali, ecologiche ed economiche. (Weaver, 2005; Donohoe & Needham, 2019). In particolare, Dawling e Page (2002) considerano l’ecoturismo come una pratica in grado di integrare momenti di esperienza con occasioni di c o n o s c e n z a e d i apprendimento della natura e dalla natura in grado sia di soddisfare le aspettative dei turisti sia di generare benefici per la comunità locale. L’OMT ( 2 0 0 2 ) h a c e r c a t o d i sintetizzare g l i obiettivi principali dell’ecoturismo: tra q u e s t i v i s o n o l a minimizzazione degli impatti negativi legati all’attività turistica, la protezione delle aree naturali e la diffusione della consapevolezza della necessità di salvaguardare le risorse naturali e culturali di un territorio. Quest’ultimo aspetto viene ripreso nel concetto di turismo responsabile (Davolio & Somoza, 2016): esso si identifica come una forma di viaggio che implica sia un atteggiamento responsabile e consapevole da parte del turista, che si dovrebbe tradurre nella messa in atto di comportamenti rispettosi nei confronti della comunità locale e dell’ambiente in cui vive, sia un coinvolgimento attivo di ques t ’ul t ima (Davol io & Somoza, 2016). Dunque, sta crescendo sempre di più la consapevolezza circa il fatto c h e l a c o m p o n e n t e comunitaria del turismo è essenziale per perseguire uno sviluppo turistico sostenibile ( O k a z a k i , 2 0 0 8 ) . Ta l e riconoscimento ha portato alla nascita del cosiddetto turismo comunitario, con il quale si intende l ’ i n s i e m e d e l l e proposte turistiche promosse e gestite dalle comunità locali (Giampiccoli & Saayman, 2018): in questa prospettiva, la popolazione locale si occupa sia di gestire i servizi ricettivi di accoglienza turistica sia di condividere conoscenze sulle risorse naturali e culturali del luogo (Bozzato, 2021). Dunque, dal punto di vista del turista è da considerarsi anche u n ’ o p p o r t u n i t à d i a v v i c i n a m e n t o e d i apprendimento di nuove culture, valori e prospettive (Bozzato, 2021). Secondo questa logica partecipativa, è necessario adottare una visione multi-stakeholder che preveda il coinvolgimento attivo di tutta la popolazione locale, dai residenti, alle organizzazioni no-profit, ai governator i local i e al le imprese private (Lasso & Dahles, 2021). Questo permette d i s v i l u p p a r e un’offerta turistica di valore in grado di soddisfare sia le aspettative dei turisti sia di generare profi t t i per la c o m u n i t à o s p i t a n t e (Giampiccoli & Saayman, 2018). Dunque, lo sviluppo dl t u r i s m o s o s t e n i b i l e è supportato dall’opportunità di potersi relazionare con le c o m u n i t à l o c a l i , d a considerare come custodi di conoscenze e tradizioni capaci di trasformare il viaggio in un’esperienza indimenticabile (Basile & Cavallo, 2020). Basile e Cavallo (2020) hanno evidenziato l’importanza della ricostruzione delle identità territoriali a partire dai processi nati dal basso in cui le comunità locali sono i veri agenti dalla creazione. Il punto è che a vol t e l e azioni sostenibili svolte da alcune d e s t i n a z i o n i s o n o generalmente poco efficaci e difficilmente coinvolgono i consumatori (Melo & Farias, 2018). Secondo Dwyer (2017) questo accade in quanto è ancora ampiamento diffuso il m o d e l l o n e o l i b e r i s t a : nonostante i principi sostenibili siano ampiamente accettati, le pratiche rimangono spesso poco attente alla tutela dell’ambiente (Dwyer, 2017). Per uno sviluppo sostenibile, è sempre più cruciale chiedersi che tipologia di turista attirare (Rinaldi, 2017). Un turismo di massa, i n f a t t i , potrebbe portare sicuramente benefici d a u n p u n t o d i v i s t a economico, ma allo stesso tempo causerebbe il degrado dei paesaggi e la scomparsa della biodiversità. (Rinaldi, 2017). Per questo motivo bisogna attrarre il giusto tipo di turista, che abbia dei valori allineati a quelli del luogo (Dwyer, 2017). Dunque, il percorso verso la sostenibilità deve essere basato sul luogo e s u l l e s u e r i s o r s e , coinvolgendo più attori locali dotati di diverse competenze, che a loro volta dovrebbero essere integrate per affrontare le sfide della sostenibilità (Miller, Wiek, Sarewitz, Robinson, Olsson, Kriebel & Loorbach, 2014; Rinaldi, 2017).
È interessante approfondire il settore enogastronomico poiché i prodotti locali sono sempre più riconosciuti come elementi potenzialmente determinanti per lo sviluppo sostenibile dei luoghi (Rinaldi, 2017). Da questo punto di vista, essi possono contribuire alla sostenibilità economica, sociale e ambientale delle destinazioni in quanto sono potenzialmente dei fattori che aumentano l’attrattività e la competitività di quei luoghi (Rinaldi, 2017). Le qualità dei luoghi, infatti, conferiscono ai prodot t i al imentar i del l e c a r a t t e r i s t i c h e u n i c h e , favoriscono la biodiversità e garantiscono t r a d i z i o n i gastronomiche, aumentando l a r i c o n o s c i b i l i t à d e l l e destinazioni sul mercato (Sims, 2009). Rinaldi (2017) r i a s s u m e i v a n t a g g i provenienti dal settore Food & Beverage per lo sviluppo sostenibile locale: da una parte i prodotti locali, infatti, p o s s o n o f a v o r i r e l a differenziazione agricola, preservare la biodiversità, le risorse naturali e culturali e contribuire alla conservazione dei paesaggi (Rinaldi, 2017). Allo stesso tempo, i prodotti locali venduti attraverso punti vendita alternativi possono aumentare la sostenibilità dell’agricoltura tradizionale e delle comunità agricole (Sims, 2009). Proseguendo, l’identità t e r r i t o r i a l e p u ò e s s e r e rafforzata creando delle esperienze alimentari nella zona (Montanari & Staniscia, 2009). Infine, l’uso del cibo locale come leva per il turismo può generare un effetto moltiplicatore nell’economica l o c a l e , c o n t r i b u e n d o a l l ’ a u t e n t i c i t à d e l l a destinazione (Sims, 2009; De Salvo, Hernández Mogollón, Di Clemente & Calzati, 2013). Da queste brevi righe, si e v i n c e c h e i l s e t t o r e enogas t ronomi c o ha un potenziale di sviluppo enorme, solo se viene approcciato con una visione sistemica che permette di collegare i l prodotto locale con altri settori (Rinaldi, 2017).
Conclusioni
In questo articolo si è cercato di esplorare la disciplina del place branding legata al sempre più diffuso del turismo sostenibile, attenzionato nelle sue diverse connotazioni. Nel mondo odierno, infatti, il turista può scegliere tra numerose mete, nelle quali trascorrere le proprie vacanze: per le destinazioni turistiche diventa, quindi, essenziale avere una strategia di marketing condivisa e sviluppata che permette di collegare l’offerta e la domanda alla quale si rivolge (Gilodi, 2004; Marenna, 2005). La prerogativa è quella d i considerare un territorio all’interno di una rete dove c’è uno scambio reciproco tra diversi stakeholder, tra i quali la popolazione locale e gli stessi turisti (Martone R.F., 1998; Ancarani & Valdani, 2000). Nasce così l’interesse verso il binomio identità-immagine: una destinazione turistica, infatti, dovrebbe costruirsi un’identità territoriale forte e riconoscibile a partire sia dai suoi tratti considerati distintivi dagli operatori che vi lavorano sia dalla percezione esterna derivante dal punto di vista dei turisti (Kavaratziz & Hatch, 2013). Di fronte alla sempre maggiore attenzione nei confronti della sostenibilità, oggi una destinazione turistica dovrebbe includere le pratiche sostenibili tra i tratti identitari e distintivi della propria offerta (El Sakka, 2016). Sostenibilità è un termine molto ampio e complesso, che non s i esaurisce nella salvaguardia dell’ambiente, ma comprende al suo interno anche aspetti legati alla sfera sociale e a quella economica da non sottovalutare (Bruntland, 1997).
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