Come riconoscere le caratteristiche tipiche del burnout?
Il burnout non è un sinonimo di esaurimento, come spesso si tende a generalizzare, anche se l’esaurimento ne è parte essenziale.
Christina Maslach, una delle principali ricercatrici sul burnout, autrice di The Burnout Challenge: Managing People’s Relationships with Their Jobs, descrive tre attributi fondamentali del burnout, che possiamo imparare a riconoscere e monitorare. Dopo il dramma del Covid, con le ripercussioni sociali e lavorative che ben conosciamo, il burnout è diventato statisticamente più frequente nella popolazione in età lavorativa.
Vediamo i tre caratteristici stati d’animo presenti nello stato di burnout:
prima di tutto, la sensazione di essere esausti e come se non avessimo l’energia necessaria per lavorare bene;
in secondo luogo, lo sviluppo di atteggiamenti negativi nei confronti dei nostri progetti, con un senso di dissociazione dai progetti stessi e dalle persone che ci circondano, siano essi colleghi, amici o familiari, con un senso di allontanamento, di distanza, di cinismo;
in terzo luogo, il burnout ci fa sentire inefficaci, come se stessimo realizzando molto meno del solito e non potessimo raggiungere la motivazione per essere produttivi.
Ma c’è di più. Per capire davvero cosa causa il burnout, occorre individuare le sue origini, che i ricercatori riassumono in un fattore causale comune: una quantità enorme di stress cronico, che non si ferma mai, a differenza dello stress acuto, che è temporaneo e simile a un tunnel da attraversare per raggiungere la luce dall’altra parte.
La ricerca di Maslach ha scoperto che lo stress cronico sul lavoro di solito proviene da sei fonti primarie:
Carico di lavoro. Questo è intuitivo, e si riferisce alla sostenibilità: più il nostro carico di lavoro va oltre la nostra capacità, più è probabile che raggiungiamo il punto di esaurimento.
Valori. Cosa ci connette con il nostro lavoro a un livello più profondo? Questo è un fattore spesso sottovalutato, ma ovviamente più il nostro lavoro è in linea con ciò che apprezziamo, più utili ci sentiamo e di conseguenza ci impegniamo.
Ricompensa. Il livello di ricompensa che otteniamo dal nostro lavoro, comprese le ricompense finanziarie (stipendio, bonus, ecc.) e le ricompense sociali (se siamo riconosciuti per i contributi che diamo) sono centrali. Una ricompensa insufficiente può farci sentire inefficaci, uno degli attributi fondamentali del burnout.
Controllo. L’autonomia che abbiamo su quando, dove e come svolgiamo il nostro lavoro è un altro elemento fondamentale. Meno controllo abbiamo, più è probabile che ci esauriamo.
Correttezza. La sensazione di essere trattati equamente sul lavoro rispetto ai nostri colleghi. L’equità è un ingrediente importante che promuove il coinvolgimento e tiene a bada il cinismo.
Comunità. Le relazioni professionali contribuiscono enormemente a ridurre al minimo il burnout e ad aumentare il coinvolgimento. Più deboli sono le nostre relazioni e più conflitti sperimentiamo, più è probabile che ci esauriamo.
Mentre il burnout è tradizionalmente definito come un fenomeno professionale, anche i continui fattori di stress che affrontiamo a casa possono contribuire al nostro livello totale di stress cronico. In conclusione: più stress cronico affrontiamo, non importa da dove provenga, più ci avviciniamo all’esaurimento.
Una considerazione, banale quanto utile: i sei fattori delineati da Maslach possono essere utilizzati in modo virtuoso, come linee guida di ciò che occorre monitorare e mettere in atto per migliorare l’esperienza individuale e diminuire le fonti di stress; sia in ambito lavorativo, per esercitare una leadership che aumenta il benessere e la soddisfazione dei collaboratori; sia in ambito relazionale familiare e amicale.
Equità, possibilità di autonomia, ricompensa, valori: non sono anche le basi naturali di realizzazione e co-costruzione di un benessere esistenziale?