Le vittime quotidiane del phubbing
Negli ultimi anni, ha preso piede la mania del phubbing, che miete le sue vittime ogni giorno.
Esso consiste nell’ abitudine di guardare continuamente il proprio cellulare, ignorando le persone intorno.
Il termine deriva dalla contrazione di due parole inglesi, phone (telefono) e snubbing (snobbare) e riguarda quell’atteggiamento in cui si controlla il telefono, snobbando letteralmente l’interlocutore.
Esso è un vero e proprio impulso, incontrollabile, di cui siamo sia vittime che carnefici.
Secondo recenti studi, questo comportamento è socialmente accettato, per cui se arriva una notifica sul cellulare, siamo “autorizzati” a controllarla.
Inoltre, non ci offendiamo neanche se qualcuno risponde ad un messaggio mentre parla con noi.
Si parla spesso di generazione connessa, ma sia che si tratti di uno zoomer e sia di un millennial o uno boomer, la necessità di ricorrere al cellullare è sempre più insistente.
Proprio per questo immedesimarsi nei panni dell’altro, comprendiamo bene quanto sia ansiogeno non riuscire a vedere la natura della notifica sul nostro cellulare.
Quindi, da un punto di vista psicologico, le vittime del phubbing sono affette dai sintomi tipici dell’ansia, dalla paura di essere tagliati fuori dal mondo che li circonda.
D’altro canto, però, se si analizza la situazione sotto l’ottica sociologica, la prospettiva si ribalta.
Da un lato si ha la paura di rimanere soli, isolati, se non si risponde in tempo reale all’avviso emesso dal cellulare, ma dall’altro, non si fa altro che deteriorare la relazione con l’interlocutore di quel momento.
Per rispondere ad un messaggio, si snobba la persona con cui si stava chiacchierando fino ad un istante prima.
Siamo talmente presi dalla necessità di proiettarci nella futura risposta, che ci dimentichiamo di vivere il presente.
Se impariamo a dare importanza e le giuste priorità alle cose e alle persone, probabilmente migliorerebbe il nostro benessere psicologico e sociale.