Le scelte efficaci: la motivazione
di Alberta Casella
Ogni giorno affrontiamo scelte del quotidiano che condizionano, poi, il procedere della vita. Pensiamo a scelte semplici come, ad esempio, cosa fare nel tempo libero, quale amico contattare per chiacchierare un po’, cosa acquistare e come vestirsi.
Pensiamo poi anche a scelte complesse, il lavoro, la famiglia, la casa.
Una persona che si definisce “razionale” compie tali scelte in base ad elementi che fanno propendere in positivo o negativo.
La questione così posta sembra risolta ma appare semplicistica.
In essa non è considerato tutto il mondo interno della persona, composto di emozioni, sentimenti e desideri.
La parte razionale della nostra scelta viene definita motivo, mentre il mondo interno che sottende e muove e condiziona la scelta viene definito motivazione.
La motivazione va distinta in intrinseca ed estrinseca: la motivazione estrinseca è fornita dall’esterno alla persona, è il volere di un altro soggetto che riesce ad influenzare la nostra scelta.
La motivazione intrinseca è il nostro volere puro da condizionamenti, è il nostro reale desiderio.
Le motivazioni estrinseche possono e devono essere comprese come intrinseche.
Troppo spesso, tuttavia, la motivazione intrinseca è sottesa alla scelta ovvero muove sotto la superficie ma non è chiara alla persona che sceglie.
Quando le nostre motivazioni riescono ad essere ascoltate chiaramente e soddisfatte, ci guidano in scelte che ci generano un senso di appagamento e benessere; di contro, quando non valutiamo, non consideriamo o, addirittura, escludiamo volontariamente i nostri desideri e aspettative si crea una frattura idiosincratica che, al minimo, genera malessere ma può causare stati più gravi di patologie e sofferenza.
Può accadere, ad esempio, che una persona pianifichi la sua scelta e per ragioni impreviste non la realizzi. Pensiamo il caso di una persona che sceglie un lavoro lontano da casa considerando razionalmente il buon compenso economico: può accadere che non si presenti il primo giorno di lavoro e perda la posizione offerta per via di uno stato di malessere psicologico o fisico che gli impedisce di proseguire nella scelta presa.
L’errore di costui è non aver considerato il desiderio di non allontanarsi, ad esempio, da casa e dalla famiglia e non aver valutato, quindi, la motivazione intrinseca nella scelta compiuta.
Tali stati di malessere protratti nel tempo e ricorrenti assumono anche diagnosi di disturbo psicosomatico ovvero un malessere psicologico che si riflette in un sintomo fisico arrivando a compromettere il fluire del quotidiano.
Qualora tale condizione diventi ricorrente e/o cronica, è importante rivolgersi a un professionista psicologo che possa aiutare nella comprensione e soluzione della difficoltà.