VIOLENZA CONTRO GLI OPERATORI SANITARI: RIFLESSIONI SUL FENOMENO

di Cinzia Saponara

PREMESSA
Nell’ambito dei programmi di prevenzione, gli operatori sanitari devono poter ricevere una formazione sui rischi specifici connessi con l’attività svolta, inclusi i metodi di riconoscimento di segnali di pericolo o di situazioni che possono condurre ad aggressione e di metodologie per gestire i pazienti potenzialmente aggressivi e violenti. Ci sono alcuni interventi che si sono rivelati più efficaci, presentati da numerose Linee guida, che vengono insegnati durante i training di formazione: “Le tecniche di De-escalation”, sono fondate sul riconoscimento che alla base degli atti di aggressività vi è un’attivazione psicofisiologica (arousal) che comporta cambiamenti somatici e psicologici primariamente cognitivi, che si producono in relazione alla percezione di una minaccia. Si utilizzano tecniche di comunicazione, verbale e non, atte a modulare gli stimoli positivi e quelli avversativi, con interventi di desensibilizzazione progressivamente volti a ridurre e contenere lo sviluppo naturale del ciclo dell’aggressività.
Aggressività è una parola multidimensionale, o parola valigia. La sua complessità la si può ritrovare nella radice etimologica, la parola deriva dal latino AD GRADIOR, il verbo Gradior indica non solo attaccare ma anche un andare verso, anche la preposizione AD significa contro ma anche verso, allo scopo di. Questi molteplici significati sottolineano non solo l’intento di aggredire ma anche la possibilità di intraprendere un’azione e di raggiungere un obiettivo. La Violenza, invece, può essere definita come un atto, un agito contro l’altro con l’intenzione di provocare un danno estremo.

Esistono svariate Teorie del Comportamento Aggressivo, che possono essere divise in quattro grandi gruppi:
· Teorie biologiche, focalizzano l’attenzione sui correlati anatomici, biologici e fisiologici del comportamento aggressivo: Amigdala, serotonina, testosterone.
· Teoria delle pulsioni e degli istinti espresse dall’Etologia e dalla Psicoanalisi, che considerano l’aggressività un istinto presente nell’individuo fin dalla nascita, I comportamenti aggressivi sono funzionali alla sopravvivenza individuale ed al mantenimento della specie. Sia l’approccio freudiano che quello etologico considerano dunque l’aggressività come “naturale” ed inevitabile.
· La Teoria Comportamentale vede l’ipotesi frustrazioneaggressività (Dollar,1939), ovvero ogni situazione che ostacola la tendenza dell’individuo a raggiungere un obiettivo, diventa origine di aggressività e provoca una sequenza comportamentale la cui risposta è un’offesa di solito rivolta verso l’oggetto ritenuto causa dell’impedimento.
· La Teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 1973): l’aggressività può essere il prodotto della frustrazione solo se sin da bambini essa è stata appresa come risposta ad un aumento della tensione. Si ipotizza che il comportamento aggressivo venga acquisito attraverso l’imitazione di modelli parentali, dei coetanei, della televisione.

Le tecniche di DE escalation hanno come matrice di riferimento il Modello Teorico Cognitivo Comportamentale, i vantaggi di questo modello sono:
o Non stigmatizza l’aggressore;
o Sottolinea la soglia di tolleranza individuale ai fattori trigger1;
o Si focalizza sulla comprensione dei significati alla base del comportamento aggressivo;
o Consente, attraverso il tempestivo riconoscimento dei segnali tipici della De escalation, di bloccare l’evolversi del comportamento aggressivo;
o Mettere in atto comportamenti e strategie che promuovono la sicurezza e riducono le conseguenze del comportamento aggressivo;
o Non è rilevante chi ha torto o ragione, si è tutti vincitori quando nessuno si fa male. L’unico obiettivo è la sicurezza.

Il ciclo dell’aggressività si compone di 5 fasi (le fasi 1 e 2 sono quelle della peraggressione), per ciascuna delle quali vi è una particolare indicazione delle varie tecniche di intervento, che devono essere tempestive.

Fattore scatenante, stimolo (reale o presunto) considerato minaccioso, che può innescare una spirale di violenza. Per ciascuna di queste fasi vi è una particolare indicazione delle varie tecniche di intervento che devono essere tempestive
• In fase di PREAGGRESSIONE bisogna:
Osservare la presenza di segni prodromici, fare una rapida valutazione del rischio e prendere decisioni rapide;
Affrontare la situazione contigente o con la tecnica del Time out o con le Tecniche di DE Escalation.
Il primo obiettivo deve essere quello di ridurre il livello della tensione in modo che sia possibile un minimo di dialogo.

FASE 1 del Trigger = fattore scatenante, il ciclo inizia con un primo scostamento dal baseline psicoemotivo della condizione ordinaria.
Comportamenti verbali e espressivi (mimici e comportamentali) rendono percepibile l’avvio del processo come uno stato di attivazione ed allerta. I fattori a cui il trigger è legato sono: – SPECIFICI: caratteristiche individuali dell’aggressore, disinibizione indotta dall’assunzione di sostanze, presenza di fattori di provocazione, CONTESTO: clima di tensione, atteggiamento degli operatori sanitari, attese prolungate, ELEMENTI STRUTTURALI: spazi privi di privacy , ATTEGGIAMENTO OPPORTUNO è riconoscere e rimuovere il trigger, isolare la persona in ambiente neutro, con minori stimoli.

FASE 2 della Escalation si manifesta con un aumento dello stato di agitazione psicomotoria con minacce ad alta voce, eloquio scurrile, gesticolazione vivace contro oggetti, arredamento o persone. Per gestire tali segnali premonitori e condurre ad azioni di de-escalation è necessario innescare uno stato di allerta volto a garantire la sicurezza del personale e di tutti i presenti per scongiurare le conseguenze di un eventuale atto violento improvviso.
ATTEGGIAMENTO OPPORTUNO Talk down: utilizzo di un approccio verbale che utilizza una comunicazione diretta (diretta espressivamente alla persona, con l’uso del nome), specifica (si rimane sul tema portato, frasi brevi, termini semplici) e positiva (atteggiamento non giudicante o controaggressivo, volto a trasmettere disponibilità̀ a collaborare per la soluzione dei problemi, tramite il riconoscimento delle istanze). Trasformazione progressiva dei contenuti di violenza e minaccia in espressioni dialettiche.

FASE CRITICA FASE 3 Acting-out inteso come “rottura dell’equilibrio” sia a livello individuale (equilibrio tra forze interne e difese dell’Io), che relazionale con gli altri (equilibrio fino a quel momento relativamente stabile). ATTEGGIAMENTO OPPORTUNO utilizzo di un approccio verbale che utilizza una comunicazione diretta (diretta espressivamente alla persona, con l’uso del nome), specifica (si rimane sul tema portato, frasi brevi, termini semplici) e positiva (atteggiamento non giudicante o controaggressivo, volto a trasmettere disponibilità̀ a collaborare per la soluzione dei problemi, tramite il riconoscimento delle istanze). Trasformazione progressiva dei contenuti di violenza e minaccia in espressioni dialettiche. Quando le tecniche di de-escalation falliscono e il ciclo dell’aggressione raggiunge la fase critica, l’attenzione del personale sanitario deve essere focalizzata alla sicurezza e mirata alla riduzione delle conseguenze dell’atto violento.

FASE 4 DEL RECUPERO POST CRISI In questa fase vi è una riduzione dello stato di agitazione, ma alta vulnerabilità̀ a nuovo trigger con recidive della condotta violenta. Inoltre si ha un graduale rientro dei sintomi emotivi ed un riappropriarsi della condotta abituale.

FASE 5 DELLA DEPRESSIONE POST CRITICA È una fase molto delicata nella quale l’aggressore percepisce sentimenti di colpa, vergogna o rimorso che, se sollecitati da interventi intempestivi, potrebbero scatenare una riacutizzazione della crisi.
ATTEGGIAMENTO OPPORTUNO vanno evitati troppi stimoli al paziente, e soprattutto richieste di discutere l’accaduto o rimproveri.

CONCLUSIONI
Quando una situazione potenzialmente violenta rischia di deflagare, e non ci si trova sotto la minaccia di armi, è appropriato tentare una deescalation.
La persona che assume un atteggiamento aggressivo è un soggetto che non si sente compreso e attraverso il suo comportamento violento vuole esprimere questo disagio: il compito di ogni operatore è riconoscere queste particolari esigenze al fine di evitare episodi di rabbia incontrollata e comprendere il suo stato d’animo e le sue emozioni.
Bisogna ricordare che:
• Ragionare con una persona rabbiosa è impossibile.
• L’unico obiettivo nella deescalation è ridurre il livello della tensione in modo che il dialogo diventi possibile.
• Le modalità di comunicazione nella deescalation non sono “naturali”.
La de-escalation è difficile perché richiede al personale sanitario di utilizzare processi che sono contrari ai naturali riflessi umani per gestire i conflitti. Quando si è spaventati si è portati a lottare, fuggire o restare bloccati. Nella de-escalation questi comportamenti non possono essere adottati. Per questo motivo, l’utilizzo di tecniche di de-escalation si possono apprendere solo attraverso la formazione e la pratica costante.

QUADRO NORMATIVO
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Circolare in ordine alla approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato di cui all’art. 28, comma 1-bis del D. Lgs n. 81 del 09/04/2008 e successive modifiche e integrazioni”, novembre 2010.
Ministero della Salute, Raccomandazione n. 8 “Per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”, novembre 2007.

Bibliografia alla rivista Psicologinews del 22 Gennaio 2024, p. 34