Il “busy bragging”: più occupato più importante?
Nella nostra società frenetica, essere occupati è spesso sinonimo di successo. Spesso ci si lamenta delle lunghe ore di lavoro o dei mille progetti in corso e la mancanza di tempo libero, in un certo senso esibendoli quasi come se fossero trofei di cui vantarsi. Ma dietro questa ostentazione della frenesia, si nasconde un bisogno più profondo di riconoscimento e approvazione. Uno studio recente ha rivelato che sempre più persone tendono a vantarsi della propria frenetica vita, anche quando non è del tutto vera. Questo fenomeno, definito ‘busy bragging’, sembra essere alimentato dal bisogno di apparire produttivi e di successo agli occhi degli altri. Ma quali sono le implicazioni psicologiche di questo comportamento?
Cos’è il busy bragging?
Con il termine “busy bragging” si intende la tendenza a vantarsi di essere costantemente occupati, spesso per ottenere approvazione sociale o per dare l’impressione di essere importanti. Tale fenomeno è sempre più in aumento nella società moderna e connessa, generando un forte impatto sulla percezione di noi stessi e degli altri.
Sul tema del busy bragging si è concentrata negli ultimi anni Silvia Bellezza, docente di psicologia del marketing alla Columbia Business School, che a questo proposito ha pubblicato uno studio sul Journal of Consumer Research. Bellezza ha condotto un esperimento in cui ha chiesto a un gruppo di persone di giudicare post di sconosciuti, ricavandone che chi è pieno di impegni viene considerato effettivamente di status superiore, poiché il suo valore di mercato cresce e risulta più vicino al successo lavorativo. Questa convinzione, però, può rivelarsi una trappola. Secondo la psicologa, chi si lamenta sui social di essere troppo impegnato ne farebbe poi spesso motivo di orgoglio. Secondo lei, il busy bragging sarebbe il nuovo status symbol del millennio e dietro la lamentela di chi è oberato di cose da fare si nasconderebbe una simulazione.
Questa necessità di mostrarsi sempre impegnati e con pochissimo tempo libero può generare quella che la psicologa Shneider ha definito “produttività tossica”, ovvero una ricerca malsana di produttività che va altro i limiti compatibili della salute. Questo può generare aspettative impossibili da raggiungere e senso di colpa quando ci si concede un momento di pausa o riposo, da cui può nascere la necessità a mostrarsi a tutti i costi impegnati e produttivi. Tuttavia, come è stato dimostrato, essere sempre occupati non migliora la produttività, ma può avere effetti deleteri sia sulla salute che sul rendimento lavorativo.
Motivazioni e conseguenze
Le motivazioni psicologiche alla base di tali fenomeni possono essere diverse. Può nascere da un bisogno di approvazione, per cui vantarsi di essere occupati può essere un modo per cercare riconoscimento e validazione sociale; può essere collegato all’ansia da prestazione, ovvero alla paura di non essere all’altezza e al bisogno di dimostrare continuamente il proprio valore; ruolo centrale è svolto anche dalla cultura della produttività, in quanto la nostra società premia l’efficienza e la produttività, incentivando questo comportamento.
Inevitabilmente, il fenomeno del busy bragging genera delle conseguenze negative sulla salute delle persone, primo fra tutti un maggiore rischio di sviluppare alti livelli di stress e burnout, in quanto la costante ricerca di occupazione può generare un sovraccarico mentale ed emotivo. Inoltre, tale comportamento può portare a una diminuzione della soddisfazione personale e della qualità della vita.
Lo stimolo ad essere sempre produttivi non porta ad un aumento della produttività
Tuttavia, Schulte ha dimostrato che questo sistema di iperproduttività non garantisce l’efficienza dei lavoratori, anzi la compromette. Lo stimolo ad essere sempre produttivi non porta ad un aumento della produttività, anzi spesso è vero l’esatto opposto. È scientificamente dimostrato che in qualsiasi campo il lavoratore che si sottopone a ore e ore di lavoro senza sosta perde in efficienza e creatività. Fondamentale diventa il tempo libero per potersi rigenerare. Riempirsi di cose da fare e di impegni da smarcare equivale a sentirsi importante, richiesto, utile agli altri e alla società. Ma tutto questo è pericoloso, perché ci toglie il tempo di oziare, inteso come tempo da dedicare ad attività rigeneranti per corpo e mente, attività essenziali per il benessere psicologico. Alternative positive possono essere la mindfulness o attività di meditazione, pratiche per focalizzarsi sul presente e apprezzare le piccole cose, o anche lo stabilire dei limiti, per avere maggiore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa.
Oggi, che viviamo in un momento storico in cui lo stress emotivo e psicologico hanno raggiunto vette elevate, il tempo da dedicare ad attività che non hanno per forza un risvolto produttivo è quanto mai necessario, per evitar rischi come il burnout, in quanto il nostro valore individuale non dipende sempre e solo dalla quantità degli impegni che abbiamo.