
Transizioni di vita: il “liminale” tra un prima e un dopo

Introduzione
Ci sono momenti in cui la vita ci sorprende con un cambiamento. Alcune volte lo scegliamo: un nuovo lavoro, una relazione che inizia, una città in cui trasferirsi. Altre volte ci piove addosso: una perdita, una rottura, una malattia. In ogni caso, ciò che accomuna tutte le transizioni di vita è la sensazione di trovarsi “tra due mondi”: quello che non c’è più e quello che ancora non si vede. Uno spazio sospeso, che può far paura ma che, allo stesso tempo, racchiude una grande possibilità di trasformazione.
Transizioni universali e transizioni personali
Alcune transizioni fanno parte della vita di tutti: iniziare ad andare a scuola, lasciare la casa di famiglia per andare a vivere da soli, diventare genitori, andare in pensione. Sono universali, anche se ciascuno le vive con tempi e modi diversi. Altre invece sono personali, legate alla nostra storia: cambiare lavoro o città, affrontare una separazione, superare una malattia, chiudere o iniziare un’amicizia. Queste transizioni non sono scritte in alcun copione comune: arrivano a sorpresa, spesso con poco preavviso. In entrambi i casi, ci troviamo davanti a una sfida e ad una scelta tra il lasciare andare ciò che eravamo e lo scoprire chi possiamo diventare.
Il tempo sospeso e il senso di smarrimento
Il cambiamento destabilizza perché ci toglie appigli. Ci lascia senza ruoli chiari, senza routine e senza certezze. È come se la nostra identità entrasse in pausa: non siamo più “quelli di prima” ma non sappiamo ancora “chi saremo”. Questo spazio sospeso, che in psicologia ed in antropologia viene chiamato “liminale” (dal greco “limen”, ovvero “soglia”), può generare smarrimento, ansia o nostalgia. È la terra di mezzo che pochi amano abitare: si tende a voler tornare indietro o a voler correre subito avanti. Eppure, è proprio in questo “non ancora” che si racchiude uno spazio prezioso: quello in cui possiamo rivedere priorità, ripensare relazioni e accorgerci di ciò che per noi conta davvero.
Le transizioni come viaggio dell’eroe
Un modo affascinante per raccontare le transizioni di vita ci viene dal mito. Lo studioso Joseph Campbell, antropologo e mitologo del Novecento, ha descritto il “viaggio dell’eroe”, uno schema narrativo che ritroviamo in fiabe, miti e film. Influenzato dalle teorie di Carl Gustav Jung e dagli studi sui miti di diverse culture, Campbell ha mostrato come esista un filo rosso comune nelle storie di trasformazione: l’eroe parte, attraversa difficoltà, affronta prove e ritorna cambiato. Se lo adattiamo alla vita quotidiana, le transizioni assomigliano molto a questo percorso:
- La chiamata: qualcosa cambia, volontariamente o meno. L’eroe (cioè noi) sente che non può più restare dov’è;
- La soglia: il momento in cui si lascia il vecchio mondo con le sue sicurezze e si entra nell’ignoto. È la fase più fragile e in cui ci si può sentire persi;
- Le prove: affrontare emozioni nuove, costruire strategie, cercare aiuto. È qui che si cresce, anche se spesso con fatica;
- Il ritorno trasformato: il nuovo prende forma, non siamo più quelli di prima, ma una versione diversa con nuove risorse e consapevolezze.
Guardare le transizioni con questa lente ci aiuta a ricordare che, anche nella difficoltà, c’è un fil rouge che porta avanti; non solo perdita ma anche possibilità di rinascita.
Come accompagnarsi nel cambiamento
Nessuno attraversa una transizione senza fatica, ma ci sono modi per prendersi cura di sé in questi momenti:
- Dare spazio alle emozioni senza giudicarle: paura, rabbia, malinconia hanno tutte un significato;
- Creare piccoli momenti, anche quotidiani, per mantenere un senso di continuità e di piacere pur sentendosi nell’incertezza;
- Cercare significato, chiedersi cosa del passato vogliamo portare con noi e cosa invece è tempo di lasciare;
- Coltivare la pazienza: le transizioni non sono sprint ma processi. Non hanno una scadenza e ognuno ha i suoi tempi.
Ricordarsi che non esiste un “modo giusto” di attraversare un cambiamento è forse la forma di gentilezza più grande che possiamo concederci.
Conclusione
Ogni cambiamento ci mette davanti a un bivio: resistere con tutte le forze per restare ancorati al passato, oppure provare ad aprirci, anche se con timore, al nuovo che sta arrivando.
Le transizioni di vita non sono solo “interruzioni”: sono passaggi. Luoghi in cui la vecchia identità si scioglie e la nuova prende forma. Non sono mai facili, ma spesso, se guardiamo indietro, scopriamo che è proprio lì, nei momenti di sospensione e smarrimento, che abbiamo imparato qualcosa di fondamentale su di noi.