Il dono come “danza” relazionale

Nel periodo natalizio il dono occupa una posizione centrale: lo attendiamo, lo scegliamo, lo offriamo. Eppure, nella sua apparente semplicità, è un gesto di fondamentale importanza. In una prospettiva sistemica, infatti, è sempre un evento relazionale inscritto in una rete di significati, aspettative e storie condivise. Gregory Bateson insegna che “Non si può non comunicare”, in tal senso dunque, il dono è una forma di comunicazione particolarmente densa di carica simbolica che restituisce circolarità all’atto stesso dello scambio. E’ un atto che contribuisce a tenere insieme il sistema, a nutrirlo e a segnalarne eventuali fragilità.

Il dono come scambio

Ci sono doni che permettono alla funzione generativa di farsi spazio. Nella sua forma più vitale il dono è un atto di “riconoscimento” dell’altro: “ti vedo”, “ti sento”, “ti penso”. Donare e ricevere sono competenze relazionali che implicano fiducia ed apertura. In una cultura che valorizza l’autosufficienza, il dono ci ricorda che siamo esseri interdipendenti. Accettarlo può essere un atto di fiducia profonda nel legame. Spesso parliamo di difficoltà nel donare, ma in realtà emerge con forza anche la difficoltà nel ricevere. Ricevere implica esporsi, accettare di occupare un posto nella mente e nel cuore dell’altro, tollerare la dipendenza.

Il dono nei sistemi familiari

All’interno delle famiglie il dono è spesso carico di significati intergenerazionali. Durante le festività questi significati tendono ad intensificarsi. Il dono diventa un luogo in cui si condensano alleanze, esclusioni, aspettative. In chiave sistemico-relazionale non è mai solo un gesto “stagionale”. E’ un atto che contribuisce a tenere insieme il sistema, a nutrirlo e talvolta a segnalarne le fragilità.

Forse il Natale, più che chiederci che cosa donare, ci invita a domandarci: Che tipo di relazione sto alimentando con questo gesto? Perché, in fondo, il dono più significativo quello che fa spazio all’incontro e lascia qualcosa di vivo tra le persone.