A sua…Immagina: L’utilizzo delle fantasie guidate in psicoterapia

di Valeria Bassolino

A sua…Immagina: L’utilizzo delle fantasie guidate in psicoterapia

Joseph Zinker in “Processi creativi in psicoterapia della Gestalt” sottolinea come la psicoterapia possa essere un processo in cui sia il paziente che il terapeuta si riscoprono creatori del cambiamento.

Il tema della creatività appare, già ad una prima analisi, strettamente legato alla questione riguardante la fantasia e, specificamente, il suo utilizzo ai fini terapeutici.

D’altro canto, ciò sembra confermato anche da alcuni rilevanti costrutti teorici. Secondo le teorie della mente attiva, che fanno capo al presupposto epistemologico del Costruttivismo, la mente non sarebbe soltanto produttrice di output ma anche di input. Sarebbe la mente stessa dell’individuo a ricercare e costruire attivamente i propri dati sensoriali.

In una visione integrata del mondo emozionale e del pensiero, si crea uno spazio di riflessione circa l’immaginazione come attività specifica della mente. Secondo alcuni autori, la percezione e l’immaginazione condividono essenzialmente le stesse vie neurologiche.

In questa prospettiva, dunque, l’esperienza di immaginare un oggetto vuol dire porsi in uno stato psicofisiologico simile alla percezione reale di quell’oggetto o situazione.

Ad ulteriore conferma, studi recenti hanno evidenziato come il processo di immaginazione si correli a cambiamenti somatici, in particolare: tensione muscolare, respiro, attività elettrica della pelle, pressione arteriosa e frequenza cardiaca, onde cerebrali, attività oculare (dilatazione pupillare, attività del cristallino). È quindi evidente come tecniche di visualizzazione (Meditazione, Training Autogeno, Fantasia guidata, ecc.) possano condizionare la fisiologia del corpo elicitando emozioni e risposte somatiche.

Particolarmente significativi gli studi encefalografici (1961-65) compiuti da Virel presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Parigi, che dimostrano come il rilassamento profondo, che comporta la comparsa spontanea di immagini, sia caratterizzato dal ritmo cerebrale “alfa”. Il ritmo “alfa”, studiato da H. Berger nel 1929, è l’attività elettrica delle regioni posteriori dell’encefalo che è caratteristica di alcuni stati di coscienza esclusivi della specie umana, nell’auto-ipnosi, nello yoga, nella meditazione zen.

D’altro canto, la fantasia è considerata uno strumento terapeutico in quasi tutto il mondo ed è parte integrante di molte religioni. Già gli antichi Egizi e Greci credevano che le immagini liberassero nel cervello l’energia che stimola il cuore ed altre parti del corpo e che un’immagine molto vivida di una malattia fosse in grado di provocarne i sintomi.

L’immaginazione è un modo normale del funzionamento del pensiero, probabilmente tutto il pensiero poggia sulle immagini mentali. D’altro canto, le immagini mentali non sono concepibili senza un corpo, esse non sono un “contenuto mentale” ma un evento psicofisiologico integrato. Per cui le immagini mentali non contribuiscono solamente alla costruzione del pensiero, ma dell’intera esperienza intesa come vissuto soggettivo integrato. Ovviamente per “corpo” si intende non il corpo anatomico, ma il vissuto corporeo, cioè “il mio corpo come io lo sento”. Si tratta della nozione, utilizzata anche dalla fenomenologia, di corpo vissuto, distinta dalla nozione di corpo oggetto, organico, anatomico. Allora ogni vissuto soggettivo sembra originarsi dal “corpo”: sensazioni, percezione, emozioni, immagini.

Per la Psicoterapia della Gestalt il pensiero per immagini, come tipo di coscienza-esperienza, ha in sé la componente dell’azione, del pensiero e dell’emozione. Da qui, la sua importanza per qualsiasi progetto di cambiamento terapeutico. L’azione del pensare modifica generalmente i pensieri, ma solo il sentire può modificare le emozioni; vale a dire che solo l’affiorare di nuove esperienze emotive, aggiungendo nuove tonalità alla configurazione affettiva di base, può incidere sulla loro autoregolazione e modificare l’esperienza, facilitando così un riordinamento dei pattern di significato personale.

L. Rigo spiega che “l’attività immaginativa, nel suo stretto rapporto con l’attività sensoriale, precede geneticamente le rappresentazioni astratte del pensiero […] così l’Immaginazione, prodotto più immediato del linguaggio, precede geneticamente quest’ultimo e ne è una condizione”. Ancora Rigo sottolinea come “l’immaginare è legato e quasi identificabile alle immagini visive e queste sono collegate a situazioni concrete con tutte le loro implicazioni emotive e sentimentali, mentre il pensare è sempre legato al linguaggio, che può anche non essere accompagnato da immagini ed è in ogni caso corrispondente ad un modo di essere molto più distanziato dalla situazione e meno carico di elementi emotivi”.

Anche se il modo in cui la fantasia agisce sull’organismo rimane tuttora poco chiaro, si pensa che essa funzioni secondo un meccanismo che riproduce, a livello neurale, meccanismi e reazioni che somigliano alla realtà: se osserviamo l’attività del cervello nel momento in cui si immagina qualcosa, la sua attività è del tutto simile a quella di quando ciò che percepisce è reale. Sulla base di ciò il sistema nervoso non può, quindi, valutare la differenza tra una esperienza reale e una immaginata: in entrambi i casi reagisce ai dati comunicatigli dal cervello, ossia reagisce in conformità a quanto si pensa o si immagina. Perciò, il sistema nervoso non distingue se una cosa è vera o solo immaginata. In conclusione, è possibile verosimilmente sostenere che immaginare porta a una attivazione cerebrale identica a quella dell’agire.

Da un punto di vista strettamente tecnico, l’attuazione di una fantasia guidata richiede la strutturazione di un setting piuttosto rigoroso. In particolare, il terapeuta chiede al paziente di assumere una posizione comoda, seduta oppure sdraiata e di chiudere gli occhi. A suo agio nello scenario preferito, il paziente dirige i pensieri verso il problema.

Le immagini mentali non sono necessariamente visive: può trattarsi di suoni, sapori odori o di una combinazione di sensazioni.

Il Sogno guidato è una tecnica molto utilizzata che permette di accedere alle risorse che i soggetti hanno acquisito nel corso della loro esperienza di vita. Lo stato mentale attivato dal Sogno guidato è uno stato che sta a metà fra la veglia ed il sonno. Possiamo definirlo come uno stato ipnoide caratterizzato, a livello comportamentale, da:

  • rilassamento psicomotorio,
  • battito delle palpebre,
  • chiusura degli occhi,
  • piacevole sensazione di benessere globale.

Lo stato mentale del Sogno guidato è ben più vicino allo stato di veglia che allo stato di sonno. L’obiettivo generale che ci si pone con questa tecnica è quello di modificare l’atteggiamento della persona durante il suo sogno e trasferire questo nuovo schema mentale durante lo stato di veglia. In questo modo, ci si aspetta che emerga ciò che è presente nelle risorse inconsce del soggetto.

Il primo a parlare di Rève éveillé dirigé, il sogno da   svegli   guidato, è   stato   lo psicologo Robert Desoille (Besançon 1890-Paris 1966). Desoille scopre e percepisce l’importanza e l’utilità di unire l’attività onirica allo stato di veglia allo scopo di effettuare l’indagine psicologica finalizzata alla risoluzione dei conflitti intra-psichici.

La tecnica di Desoille si svolge in questo modo: la persona viene messa in uno stato di rilassamento e chiude gli occhi per creare uno scenario immaginario di cui è lui stesso l’eroe principale (o unico). Il terapeuta interviene a volte per precisare una parte dello spazio immaginario o una biforcazione possibile dello scenario. Nel contesto di un’altra fase del lavoro, la persona redige un resoconto scritto che fungerà da sostegno ad una seduta di fronte a faccia per esplorare il significato dello scenario. Nel bambino, il protocollo è modificato nel senso che disegna, ad occhi aperti, seduto ad un tavolo lo scenario che immagina.

Desoille riassume così i punti principali riguardanti questo “metodo nuovo d’indagine della affettività subconsciente”:

  • “Porre la persona in uno stato d’indifferenza al mondo esterno simile a quello del sonno ma che se ne distingue con il mantenimento della piena coscienza”.
  • ” Impiegare la proposta per stimolare l’attività dell’immaginazione”.
  • “Osservare la legge d’armonia che presiede alla formazione immagini”.
  • ” Analizzare le immagini, simboliche o no, con il metodo delle associazioni di idee come si fa in psicanalisi”.

Una particolare applicazione del Sogno guidato viene utilizzata in sedute di gruppo. In questo ambito viene proposto un simbolo la cui dinamica è suggerita interamente dal conduttore. I simboli ci mettono in contatto con aspetti interiori inaccessibili alla mente analitica e ci conducono a capire ‘vedendo’, visualizzando anziché ‘pensando’. In questo modo, è possibile che si rivelino realtà interiori nuove e sconosciute. Secondo questa prospettiva il simbolo, infatti, ha la proprietà di dirigere e strutturare alcune energie inconsce.

L’ITP, “Tecnica Immaginativa di analisi e ristrutturazione del Profondo”, è una Psicoterapia dell’Inconscio che parte dal presupposto, comune a tutte le tecniche Immaginative, che la produzione immaginativa che si svolge in determinate condizioni, come i sogni e le associazioni libere, sia manifestazione privilegiata dell’inconscio. Si tratta di una tecnica originale, molto vicina all’Oniroterapia di Scuola francese, che nasce nel 1968 dall’esperienza clinica di Leopoldo Rigo e successivamente riattualizzata dal gruppo da lui fondato: il GITIM (Gruppo Italiano per le Tecniche psicoterapiche di Imagerie Mentale).

È un metodo di origine psicodinamica fondato sulla cura attraverso la modifica del “fondo fantasmatico” del paziente posto in uno stato di “reverie”, grazie ad un rilassamento condotto con una tecnica specifica. Essa si rifà, per quanto riguarda l’aspetto diagnostico e interpretativo, alla teorizzazione psicoanalitica e alla psicologia analitica Junghiana; riprende, invece, la propria metodologia dall’uso dell’Imagerie Mentale. Scopo dell’ITP non è la liberazione dal sintomo, ma la riorganizzazione della personalità.

La cura del disturbo con il metodo ITP si articola in due parti:

  • una “parte terapeutica”, comprendente le fasi “ristrutturante” e “conflittuale”, in cui si affrontano gli aspetti conflittuali del Soggetto, e una successiva
  • una “parte psicologica”, comprendente una fase “archetipica” che consente la maturazione della personalità, e che porta la persona verso la propria centralità e integrazione.

L’ITP è un approccio terapeutico che può essere proposto sia a livello individuale che di gruppo. Sono state messe a punto alcune “tecniche derivate” che consentono l’applicazione del metodo ITP a soggetti in età evolutiva, con tecniche di gioco o di disegno, come i “fumetti”.

La psicosintesi è una prassi psicologica, basata su una concezione integrale dell’uomo e su una visione dinamica della vita psichica. Si tratta di una metodologia sviluppata dallo psichiatra Roberto Assagioli in Italia fin dagli inizi del Novecento (con il nome di Psicagogia), e successivamente è stata diffusa negli Stati Uniti fino ad essere attualmente conosciuta e praticata in tutto il mondo. Tenendo fede al suo spirito improntato al dialogo e all’unificazione, la psicosintesi accoglie istanze e contributi di molte e disparate correnti psicologiche, integrandole però nella sua specifica visone dell’essere umano.

Essa, infatti, si propone di unire in sé la tendenza all’introspezione e all’attenzione interiore, con un atteggiamento pragmatico e attivo. L’obiettivo prioritario della psicosintesi riguarda l’armonizzazione e lo sviluppo della personalità.  La concezione integrale dell’essere umano tipica della psicosintesi, la costituisce soprattutto come un metodo di autorealizzazione, teso alla pienezza delle sue quattro dimensioni: fisica, emotiva, mentale e spirituale. Si basa sull’uso di tecniche e analisi della personalità e di tecniche attive, sviluppando l’autocoscienza, la volontà e la creatività interiore.

La psicosintesi s i basa su una concezione integrale dell’uomo e su una visione dinamica della vita psichica. Si propone, pertanto, come una psicologia che collabora con l’intrinseco naturale processo di sviluppo dell’uomo, promuovendo, armonizzando e programmando l’integrazione della personalità e favorendo il contatto con i livelli superiori della vita psichica. L’obiettivo di base è risvegliare l’autocoscienza e l’esperienza della volontà, intesa non come sforzo di ottenere, ma come facoltà di gestire consapevolmente le dinamiche intrapsichiche ed interpersonali e, infine, condurre l’individuo ed i gruppi umani alla scoperta di più ampi significati esistenziali.

La pluralità degli elementi, usualmente percepita come diversità, può essere dunque vissuta, attraverso l’armonizzazione delle funzioni, come unità e trarre senso e significato dalla sua   stessa più profonda identità, riconosciuta e depressa. La caratteristica fondamentale della psicosintesi è di comprendere nella propria prassi anche lo sviluppo spirituale della persona, inteso quindi come possibilità di integrare armonicamente diverse dimensioni della psiche.

Nella psicosintesi l’uomo viene considerato nella sua totalità bio- psicospirituale e il processo autorealizzativo (“conosci-possiedi- trasforma te stesso”) è promosso e focalizzato a due livelli:

  • psicosintesi personale (sviluppo psicologico ed espressione delle potenzialità, integrazione dei ruoli e dei compiti quotidiani in una vita più ricca e più piena);
  • psicosintesi transpersonale (contatto con i livelli superiori della psiche, risveglio interiore. scoperta di significati esistenziali).

La psicosintesi considera l’uomo un centro di coscienza in rapporto con una molteplicità di contenuti consci ed inconsci. I suoi metodi e le sue tecniche mirano a comporre tale molteplicità in una sintesi più evoluta ed armonica (psicosintesi personale). Tale sintesi, allargandosi alla relazione umana, tende all’integrazione e alla comunione fra tutti gli essere umani e l’ambiente in cui vivono (psicosintesi interpersonale). L’uomo, quindi, è un’entità in continua crescita, capace di raggiungere sintesi sempre più ampie fino ad andare oltre la coscienza personale ordinaria, identificandosi con la coscienza del Sé e realizzando così una psicosintesi universale (psicosintesi transpersonale).

Lo scopo della psicosintesi è di unificare in una sintesi armonica i vari aspetti della personalità umana che vanno dal fisico all’emotivo, al mentale e spirituale. È poi un insieme di tecniche utilizzate per comporre tale molteplicità a livello individuale. La psicosintesi è anche una concezione dell’uomo come un individuo in relazione con gli altri ed il tutto. Il tema della relazione umana ha per scopo l’integrazione e l’armonia fra gli uomini e da questo punto di vista si propone come una “scienza dei rapporti umani”.

Contempla l’uomo come un essere in evoluzione, orientato alla consapevolezza, all’espressione e attuazione delle sue potenzialità verso sintesi sempre più ampie che comprendono i contenuti della dimensione che va oltre la coscienza ordinaria verso la conoscenza e l’espressione completa dell’uomo. A tal proposito, la riflessione parte dall’assunto secondo cui le persone non sono affatto una “entità monolitica e immutabile”. Al contrario, si ipotizzano numerose subpersonalità, contrastanti e mutevoli, che definiscono la nostra percezione del mondo.

Ferrucci chiarisce bene questo concetto:

“Le subpersonalità sono dei satelliti psichici che coesistono nell’ambito della nostra personalità, ognuna di esse con un suo stile e una sua motivazione, spesso assai diversa dalle altre. […] Ognuno di noi è una folla. Ci possono essere il ribelle e l’intellettuale, il seduttore e la casalinga, il sabotatore e l’esteta, il sognatore e il perfezionista, ognuno con la sua mitologia, e tutti quanti più o meno comodamente stipati all’interno di un solo individuo”.

Un individuo, le cui sub-personalità risultino in conflitto, tenderà ad evidenziare una certa ‘sintomatologia’, caratterizzata da elementi comportamentali più o meno incongrui, in quanto ciascuna sub- personalità tende, metaforicamente, a ‘lottare’ per la propria ‘supremazia’, entrando in conflitto con altre sub- personalità, nei cui confronti proverà ad esercitare un certo grado di ‘controllo’ e di ‘potere’.

Laddove le sub-personalità riescono a ‘convivere in armonia’ e ad integrarsi, l’individuo tende ad avvertire una spontanea e tipica spinta generativa verso una sempre più elevata crescita personale ed in direzione di una maturazione sempre più evoluta. È come se l’energia interiore, non essendo più assorbita da conflittualità tra le sub-personalità, alimentasse livelli di autorealizzazione sempre più alti e, nel contempo, più autentici e profondi, puntando inoltre, progressivamente, ad una sempre più matura integrazione ‘trans-personale’ e sociale.

Bibliografia

  • Assaggioli, R., Principi e tecniche della psicosintesi Terapeutica, Roma: Astrolabio, 1973
  • Calvino, I., Lezioni Americane, Milano: Garzanti, 1988
  • Desoille, R., Teoria e pratica del sogno da svegli guidato, Editore: Astrolabio Ubaldini, 1974
  • Ferrucci, P., Crescere, Roma: Casa Editrice Astrolabio, 1981
  • Rigo, L., La psicoterapia dell’immagine, Minerva Medicopsicologia, 1962
  • Sacco, G., I giochi della mente. Teorie, ricerche e applicazioni delle immagini mentali, Roma: Melusina Editrice, 1994
  • Simon, H. A., La psicologia della scoperta scientifica, “Protagonisti della psicologia”, Roma: collana edita dalla Facoltà di Psicologia dell’Università di Roma “La Sapienza”, 1993
  • Zinker, J., Processi creativi in psicoterapia della Gestalt, Milano: Franco Angeli, 2001
  • www.psicofusis.com/le – tecniche – immaginative-il- sogno-guidato.html
  • www.psicosintesi.it/
  • www.scuolapsicosintesi.com/
  • www.psicosintesi.it/info/ index.htm
  • www.mondointermedio.it/Articoli2.htm-l’integrazionedellesub-personalita’inpsicosintesi