ADOLESCENZA, IMPULSO E PASSIONE

una riflessione su agiti suicidari in adolescenza

di Maurizio Tremaroli

Sono un genitore prima che un terapeuta, ogni ragazzo che seguo è un po’ anche un figlio. Alla mia età ho maggior consapevolezza, ricordo cosa significa essere adolescenti, e mi accorgo che il mio modo di pensare di oggi è ciò che a quell’età detestavo. Ora comprendo come la distanza comunicativa sia insita nelle cose, perché l’adulto ha ormai modellato i suoi pensieri, dimenticando l’eccesso di un tempo, e l’adolescente non ha ancora imparato a contenere le spinte vitali, per poterle incanalarle in modo proficuo. Meglio accettare l’incomunicabilità per potersi aprirsi alla comprensione. La necessità di comprendere diventa urgenza quando la tragedia, come un improvviso fulmine nella calura estiva, squarcia la quiete di una tranquilla mattina assolata. Non una lontana notizia di cronaca, una passeggera perturbazione presto dimenticata, ma il doloroso bruciore dell’ustione che ferisce e tormenta a
lungo. Una adolescente di cui avevo intuito speranze e timori incrociandone casualmente l’esistenza, con un gesto irreversibile aveva gettato via ogni speranza di futuro, nel suo momento presente di lacerante disagio.


Il fantasma della ragazza è rimasto a lungo nella mia mente. Al dolore, diluito dalla distanza e dal tempo, mescolato a impotenza e ideazione salvifica, è subentrato il bisogno di capire e di perdonare, di piangere per l’esito per comprenderne l’intento. Non credo al nichilismo, né all’istinto di morte; l’adolescente è affamato di vita, di esperienze e di amore. Rincorre la felicità , sfidando anche l’abisso, schiacciato dall’urgenza che le spinte emotive imprimono al suo esplorare. Ogni esistenza è un susseguirsi di fasi invariabili: un inizio, definito dal concepimento o dalla nascita, una fase di trasformazione, nella quale far maturare le potenzialità latenti, una fase di decadimento e fine. La vita è un processo evolutivo, un percorso nella dimensione del tempo, lungo cui si dipana la potenzialità biologica scritta nel codice genetico, alimenta dall’ambiente prossimo. Se il codice genetico che definisce ogni nuova esistenza è scritto nei frammenti univoci di una successione di nucleotidi, la sua essenza concreta sarà progressivamente modellata dalla qualità del nutrimento. Le forme di vita complessa hanno processi di sviluppo lunghi, che necessitano di molte attenzioni; mentre alimentiamo l’apparato biologico, stiamo anche contribuendo a scrivere i codici di programmazione con cui l’individuo modellerà le sue reti neuronali, con le quali elaborare la mole di stimoli originati da sensazioni interne e da segnali che arrivano dall’ambiente circostante.


Alla nascita i bisogni di un essere umano sono ben definiti: protezione, nutrimento e calore. Nel corso dello sviluppo e più avanti nell’arco della vita, ognuno si modella all’ambiente nel quale vive, nel contempo lo modifica per renderlo più adeguato alle sue personali esigenze, in un processo di costante aggiustamento e di ricerca di equilibrio; una di maturazione personale che rende ogni individuo un essere unico ed insostitibile. Tanta parte di quell’unicità è frutto di un accudimento che, soddisfacendo i bisogni primari, ha contribuito a modellare nell’immediato e in ogni futura interazione le aspettative dell’individuo rispetto alle figure con cui entrerà in relazione, fornendogli contemporaneamente anche la padronanza per riconoscere e modulare i picchi della sua emotività.
La traiettoria e la velocità a cui percorriamo l’esistenza possono variare, potenza del libero arbitrio, ma la
direzione è uguale per tutti. Come per il destino di un oggetto che viene scagliato lontano, il percorso di vita è un movimento curvilineo di cui conosciamo il punto di inizio e di cui riusciamo a stimare il punto di arrivo, sapendo che potrebbe trovare imprevisti ostacoli o fortuiti rimbalzi a modificarne il termine.
Il nostro percorso però non è così regolare come quello di un oggetto inanimato a cui imprimiamo un’accelerazione. La vita è caratterizzata da balzi evolutivi a cui non ci possiamo sottrarre, che in alcuni periodi dello sviluppo accellerano le trasformazioni maturative e ci portano rapidamente ad un più alto livello di funzionamento.
Il più problematico tra i balzi evolutivi è la transizione dalla fanciullezza all’età adulta: l’adolescenza, l’ultima fase di crescita verso la completa maturazione fisica. Un lungo periodo caratterizzato da profonde trasformazioni somatiche e psichiche, a rendere più complessa la ricerca di equilibrio tra la gestione delle emozioni e la ricerca del proprio spazio sociale. Il raggiungimento della maturità riproduttiva, le capacità della mente di formulare pensieri astratti, rendono il ragazzo un individuo formalmente maturo, con una reattività emotiva intensa. Tuttavia, nel contesto sociale odierno, l’adolescente è confinato in una terra di mezzo, né fanciullo né adulto, a causa del lungo percorso di formazione necessario ad affrontare la complessità odierna e dalla difficoltà ad acquisire autonomia economica.
Diventati adulti dimentichiamo le tempeste emotive di quel periodo, facciamo fatica a comprendere le tensioni, gli eccessi e le difficoltà dei nostri figli adolescenti. Siamo consapevoli di non capirli e di non essere capiti. È necessario correggere l’approccio, reimparare a leggere le loro emozioni, cercare una comunicazione possibile, che sappia essere traslata dal piano verticale, adulto-minore, a quella orizzontale, paritetica, individuo-individuo. L’accelerazione nei mutamenti intergenerazionali rispetto ai valori, alle esigenze, ai codici comunicativi, ha creato un muro di incomunicabilità enorme, ma anche, nell’adolescente, uno sconfinato bisogno di comprensione che non sappiamo leggere né assecondare. Le pulsioni giovanili quando emergono trovano un mondo degli adulti disilluso e privo di certezze, non in grado di delimitare gli argini etici e relazionali dell’agire sociale. Purtroppo il mancato contenimento diventa a volte dramma, a causa di agiti sempre più dirompenti, che si manifestano in forma di
aggressione o di autolesione. Proviamo a guardare all’adolescenza, valorizzandone le pulsioni vitali, come all’età del cuore, ad indicare come coraggio, audacia, generosità, amore, incoscienza siano gli attributi che spesso emergono
nei giovani adulti; accettando che a volte possono essere vittime del loro stesso entusiasmo, dell’eccesso
di sicurezza o dello sconforto che segue le prime sconfitte.


Noi adulti dobbiamo essere ben attenti a difendere e valorizzare questo coraggio, che da sempre è la linfa
vitale del progresso della Società. Con il pieno ingresso nella maturità purtroppo si entra nell’età dominata
dall’egoismo, alla generosità disinteressata si sostituisce il freddo opportunismo.
Ma l’età del cuore è anche una corsa nel buio. Le prospettive cambiano improvvisamente, le emozioni
sono rapide a manifestarsi così come a mutare nel loro opposto; il tracciato appare incerto, la direzione
non chiara. Spesso lo sconforto sembra prevalere, ed il dolore emotivo, apparentemente senza ragione, è
tanto più acuto quanto intensa la forza vitale che spinge per andare avanti.
Nell’età del cuore si è facili prede della negatività. La voglia di vivere ha urgenza di aprire nuove strade
per potersi manifestare, ma a volte queste sembrano tutte sbarrate. Allora il dolore per ciò che sembra
irrealizzabile è forte quanto la voglia di vivere che lo alimenta. Il disagio è sordo e insondabile, le
emozioni di rabbia e di tristezza si rincorrono, il salto nel nulla sembra un sollievo.
A volte accade l’imponderabile, un’implosione sorda che sembra annichilire ogni speranza.