Cultura dell’Adozione
di Barbara Barbieri
Parlare di adozione non è mai semplice.
Ci sono esperienze meravigliose e adozioni non riuscite che fanno soffrire tutte le parti in causa e riflettere costantemente chi se ne occupa sul come, perché, quando è utile adottare. Vediamo qui i principi cardine imprescindibili su cui si basa l’adozione.
La convenzione dell’Aia (29 maggio 1993) è un regolamento accettato liberamente dagli Stati firmatari con lo scopo di vincolare gli Stati aderenti al rispetto degli stessi principi e delle stesse procedure in materia di adozione.
Principi su cui si fonda:
1) Criterio di sussidiarietà:
Consiste nel riconoscimento del diritto del minore a vivere e crescere prima di tutto all’interno della famiglia di origine.
Da cui ne consegue che chi si occupa di adozione procede come segue:
- Il primo impegno è di consentire alla famiglia di origine di tenere con sé il figlio che ha generato, quindi ci si adopera, se possibile, affinché il bambino resti nella sua famiglia; anche allargata dando il sostegno necessario,
psicologico, sociale o economico, e/o a promuovere l’affido temporaneo cercando parallelamente di risolvere eventuali situazioni precarie, ecc. - Se non è possibile lasciarlo nella sua famiglia, si cerca di non sradicarlo culturalmente: adozione nazionale.
- Se anche questa possibilità viene meno si procede all’adozione internazionale come ultima risorsa per garantire al bambino il diritto di avere una famiglia.
2) Riconoscimento che l’interesse prevalente in ogni ipotesi di adozione internazionale è quello del minore. - Chiunque si occupi di adozione ha il dovere di operare partendo dalle attese del minore e si deve sempre porre come suo intermediario, suo interprete e suo scudo.
- Questo è valido per tutti gli operatori: psicologi, assistenti sociali, tribunali, enti autorizzati e a maggior ragione per i futuri genitori.
- Non significa sottovalutare le problematiche della coppia. Spesso chi adotta, lo fa partendo da una sua storia personale con ben precisi motivazioni ed ha il diritto di essere trattato con il massimo rispetto.
- Significa ricordare che non vi è alcun diritto per la coppia nell’adozione, il diritto è del minore di avere una famiglia che lo aiuti a crescere. La profonda differenza sta nel fatto che il genitore fa una scelta matura e consapevole, anche se con precise motivazioni alla base, il bambino subisce l’abbandono ed ha sempre un’età che non gli permette di comprendere a fondo le ragioni della sua realtà. L’interesse della famiglia viene preso in considerazione se e quando coincide con l’interesse primario del bambino.
- Ai genitori è richiesta disponibilità e compatibilità.
- Adottare significa per una coppia dare un’offerta di disponibilità da utilizzarsi nel momento in cui ci sarà un bambino che ne ha bisogno, tale disponibilità viene maturata e appieno attraverso il percorso dei coniugi con i servizi sociali, che vi portano ad affrontare e superare le loro eventuali problematiche individuali o di coppia e a fornirgli una qualità diversa dell’essere genitore.
L’adozione, infatti, presuppone un’educazione della coppia alla genitorialità attraverso un percorso di consapevolezza che fornisca gli strumenti adeguati per capire il bambino e per rispondere alle sue necessità di salute fisica, ma soprattutto psicologica. - La compatibilità è maturata, invece, attraverso il percorso con gli enti autorizzati che focalizzano l’attenzione sull’incontro con il bambino e con tutte le variabili legate all’accoglimento di un bambino straniero: burocratiche,
culturali eccetera. Accogliere un bambino straniero significa fare proprio anche il suo contesto di origine. Per fare questo è necessario una comprensione profonda dei concetti di uguaglianza di tutti i bambini e di disponibilità affettiva intesa come sensibilità ed apertura tali da offrire la massima garanzia che il minore sarà accettato con la sua personalità, il suo carattere e la sua storia. La maturazione avviene attraverso un percorso che
porta ad uno spazio mentale nella coppia dove il bambino possa portare se stesso con la sua unicità. La competenza psicologica dei genitori adottivi è la base da cui partire per poter pensare di aiutare il bambino a costruire una storia condivisa ed accettabile dell’abbandono, ma anche di riconoscere la sua diversità culturale. A loro è richiesto un percorso in cui avvenga una buona elaborazione delle motivazioni profonde che li muovono a questa scelta, attraverso l’analisi dei vissuti di lutto legati al silenzio del corpo o a qualunque altra causa di dolore, rabbia o frustrazione. Solo una buona elaborazione consente, infatti, di utilizzare la propria storia di coppia in modo creativo e non difensivo cioè utilizzare la storia genitoriale come risorsa per dare un significato alla creazione della famiglia adottiva.
L’adozione è anche un fenomeno sociale poiché il bambino e la famiglia, nel senso più allargato, dovranno confrontarsi con l’inserimento nel contesto sociale, culturale e scolastico. Il percorso non è facile perché è spesso frustrante e doloroso. La dinamica ricorrente è un equilibrio dinamico che vede l’alternanza di una vita familiare piena e ricca di momenti affettivi condivisi, unici e specialissimi dove l’altro è simile a sè (sia esso figlio o genitore), ma ad ogni momento evolutivo è necessario essere pronti a confrontarsi nuovamente con la separazione e la diversità. Si deve essere disponibili ad un cambiamento, individuale, di coppia, di famiglia.
Il presupposto logico e giuridico di ogni procedura di adozione è dare una famiglia ad un minore che si trova in una situazione di abbandono non provocato e non sanabile, il risultato finale è la creazione di una famiglia che mette insieme le risorse dei genitori e del bambino con l’intento di darsi affetto reciproco.