Don Gabriele Amorth, il Diavolo suo e quello di Russel Crowe

L’occasione per questo nuovo articolo è stata l’uscita nelle sale del film “L’Esorcista del Papa”, una pellicola hollywoodiana che si spaccia come “ispirata ai libri di Don Gabriele Amorth”.

Nel ruolo del famoso esorcista un Russel Crowe non più prestante come ne “Il Gladiatore” ma di sicuro con lo stesso piglio da arrogante cowboy adattissimo per il ruolo di combattente contro quei “cattivoni” degli Apache, oops, volevo dire contro i Diavoli.

In un precedente articolo Don Gabriele Amorth e la questione della corporeità. Una ricerca sul campo”, vi avevo già parlato di questa particolare esperienza del nostro gruppo della Scuola di Arteterapia “Poliscreativa”.

In particolare, vi avevo accennato di quanto questo percorso sia stato fondamentale per mettere meglio a fuoco il ruolo delle ritmicità tra i corpi, in quel contesto mediato dalla cadenza delle preghiere corali, negli spazi della cura quale un contesto esorcistico è a tutti gli effetti.

Chi come noi lo ha conosciuto bene, il vero Amorth, e lo ha visto all’opera non può che provare un grande fastidio per questa ingiusta trasposizione cinematografica, per nulla coerente con la mitezza e le capacità di ascolto e accoglienza, diciamo, dell’originale presbitero.

Ho potuto assistere a decine di ore di sue videointerviste “riservate” dell’archivio della nostra scuola e la differenza salta agli occhi. Non ce lo vedo proprio tirarsi su dopo un esorcismo con un cicchetto di whiskey sorseggiato da una fiaschetta da tasca in perfetto stile yankee come invece il buon Russel Crowe nel film.

Ma la cosa che più ci ha fatto indignare è la falsificazione di come vengono praticati gli esorcismi nel film.

In più di vent’anni nei quali abbiamo raccolto una documentazione unica al mondo assistendo a migliaia di rituali mai abbiamo avuto modo di assistere a quei ridicoli effetti speciali da b-movie di fantascienza.

Soprattutto poi, per non traumatizzare la sua, diciamo “utenza”, quel simpatico esorcista che fu persino trai nostri docenti, non faceva mai durare i suoi esorcismi per più di una mezz’ora e la fase clou, il cosiddetto “Interrogatorio a Satana” mai più di cinque minuti. Parliamo di quel particolare momento nel quale cioè la presunta posseduta, perché più del novanta per cento erano donne, parlava avendo assunto l’identità del demone.

L’esorcista di cui stiamo parlando, quello vero, aveva una modalità del tutto “estensiva” e mai “intensiva”, preferiva cioè rituali brevi ma ripetuti nel tempo, dalle nostre ricerche con una frequenza soprattutto quindicinale e per un periodo di almeno due o tre anni, una media di cinque anni, fino a dodici. A parte le “possessioni croniche” che invece richiedessero pertanto una pratica esorcistica a vita.

Varie sarebbero le considerazioni da fare, in particolare rispetto le ricadute che filmacci come questi possano avere sui nostri giovani. “Il Perturbante” come lo avrebbe chiamato Freud o “L’Ombra” come invece direbbe Jung sempre più viene da loro incontrato in contesti virtuali.

Ne consegue che l’industria delle merci mediatiche per “colpire” e quindi “vendere meglio” i loro prodotti, si spingano sempre più verso iperboli, verso eccessi che ovviamente, mentre di certo riescono a turbare, ne rendono sempre più difficile l’elaborazione necessaria per un rapporto sufficientemente armonico con il profondo.

Torneremo su questo argomento per approfondire la questione nel prossimo articolo.