Fobia Scolare in Adolescenza
di Cinzia Saponara
Con il termine: “Fobia scolastica” coniato nel 1941 dalla psichiatra americana Adelaide Johnson, intendiamo un disturbo caratterizzato dalla paura, irrazionale e non controllabile, di andare e/o restare a scuola. La fobia scolastica denominata anche “rifiuto ansioso della scuola” (Last, Francis, Hersen, Kazdin & Strass, 1987) riguarda tra l’1% e il 5%( Burke & Silverman, 1987) dei ragazzi in età scolare senza differenze di genere socio-economico. I bambini e gli adolescenti che ne soffrono presentano frequentemente una risposta fobica sul piano fisiologico (tachicardia, nausea, dolori addominali, cefalee, disturbi del sonno) e sul piano comportamentale ed emotivo (condotte di evitamento, somatizzazioni), tali da compromettere significativamente la regolare frequenza scolastica. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di alunni intelligenti e studiosi con buona resa didattica, che riducono la propria frequenza a scuola, fino al ritiro, non tanto per disinteresse o per insuccesso negli studi, quanto per la paura della propria inadeguatezza ad abitare la scuola intesa come “contesto sociale”. La sua insorgenza sembra spesso immotivata e il manifestarsi di tale fobia rappresenta solitamente un segnale d’allarme particolarmente rilevante, che non va mai sottovalutato, perché può essere il sintomo di una sottostante struttura psicopatologica in procinto di scompensarsi. Tale disturbo non ha una sua categoria nosologica specifica all’interno del DSM 5 dove viene inclusa tra le molteplici fenomenologie delle fobie sociali, privandolo di una sua specificità. Non esistono pertanto direttive specifiche che possano tutelare sufficientemente gli studenti che soffrono di fobia scolare e che hanno assenze di frequenza scolastica spesso molto prolungate.
La dispersione scolastica è un fenomeno di per sé complesso e multiforme, l’Italia, dato fermo al 2019, viaggiava su una percentuale di abbandono scolastico del 13,5 per cento in media, (i ragazzi il 15,6% e le ragazze il 10,4%), in forte miglioramento nelle ultime stagioni, ma in ritardo sulla media europea (10 per cento). I divari tra le regioni risultano molto ampi. Questi i dati contenuti nell’ultima pubblicazione del Ministero dell’Istruzione, dal titolo “La dispersione scolastica”. La Comunità di Sant’ Egidio, in un lavoro dove è stato preso in considerazione il primo periodo dell’anno scolastico 2020/21, Settembre Dicembre, ha certificato che a Settembre 2020, ripartenza del secondo anno pandemico, il 4 per cento dei bambini-adolescenti non era tornato a scuola. Un’indagine Ipsos per conto di Save the Children aveva già evidenziato che, nel 28 per cento delle classi superiori, da marzo 2020 a gennaio 2021, almeno un alunno aveva abbandonato la scuola. Qui, i ragazzi ritirati, sono circa 34mila. La somma delle due indagini porta a contare 200mila studenti usciti dal circuito scolastico dalla primaria alla media superiore, in quest’ultimo periodo. Sono ben note le problematiche collegate al ricorso prolungato alla DAD e/o all’alternanza di DAD e didattica in presenza, questa incertezza, ha colpito duramente i ragazzi che erano già predisposti a un isolamento, infatti per alcuni, la DAD ha rappresentato una situazione di comodo: sono a casa mia, non ho contatti con i miei coetanei, non devo sforzarmi di avere delle relazioni, perché avere relazioni mi costa fatica. Nella maggior parte dei casi si è trattato di una regressione temporanea e reversibile, in altri al contrario questa situazione ha slatentizzato, di fatto, vissuti di forte ansia e rifiuto di ritornare a scuola in presenza.
Occorre fare un doveroso distinguo tra rifiuto scolastico e assenteismo ingiustificato, quest’ultimo spesso è associato a comportamenti antisociali, atteggiamento oppositivo e/o alla mancanza di interesse per la propria formazione scolastica; è un comportamento in cui è assente l’ansia e la paura intensa e irrazionale di frequentare la scuola. Nel caso dei ragazzi con fobia scolare il quadro è molto più complesso, il meccanismo scolastico, basato su regole, verifiche e confronti, sottopone questi ragazzi ad una costante frustrazione delle proprie aspettative, cioè ad una ferita narcisistica; quando ciò accade, sono pervasi da un’angoscia catastrofica, che impedisce loro di pensare e di agire. Per l’adolescente di solito il terrore è tale e non è possibile alcuna spiegazione. Abbandonata la scuola, alcuni tra loro arrivano a chiudersi per giorni interi nella loro camera, dove stazionano “attaccati” al computer e si rifiutano di uscire di casa anche per le incombenze che li riguardano. La rivoluzione digitale ha creato ambienti espressivi nei quali gli adolescenti non solo sperimentano nuove possibilità di realizzazione ma si rifugiano in occasione di gravi crisi evolutive, in una forma di autoricovero che esprime sia il dolore sia un tentativo di risolverlo, come avviene nel ritiro sociale, la più significativa manifestazione del disagio giovanile odierno, assimilabile alla cosiddetta sindrome di Hikikomori 1 (auto-isolamento prolungato) in preadolescenti e adolescenti.
Spesso i genitori sono allo stremo sia per l’insuccesso degli sforzi inutilmente fatti sia perché i figli possono diventare dei despoti all’interno della famiglia, appropriandosi di ogni spazio della casa e interferendo continuamente con la libertà degli altri membri.
René Diatkine ed Eric Valentin (“Trattato di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza”, 1985), descrivono quattro possibili evoluzioni focalizzando l’attenzione sul fatto che non si tratta mai di un sintomo “fugace o benigno”.
Il primo tipo di evoluzione, quella più grave ma fortunatamente numericamente poco consistente, evolve verso la schizofrenia, manifestando dissociazione e delirio paranoide.
Il secondo tipo di evoluzione analizza degli adolescenti che sembrano essere incapaci di qualsiasi compromesso con i propri desideri: tali ragazzi vengono considerati come psicotici (“caso limite”, “borderline”), ma non presentano dissociazioni o deliri. Gli autori mettono in evidenza una relazione familiare estremamente problematica, preesistente alla comparsa della fobia scolare e da questa esacerbata, caratterizzata da ambivalenza e da messaggi contraddittori sia da parte dei genitori che dei figli; viene evidenziato il fatto che l’adolescente non più capace di andare a scuola, in precedenza aveva solo apparentemente uno sviluppo armonico, ma che ad un esame più attento l’adattamento alla realtà era solo apparente ed erano già presenti angosce importanti. Concludendo il secondo tipo di evoluzione gli autori rimarcano che il ragazzo resta a casa, trovando una nuova organizzazione che non gli crea alcuna inquietudine, ma che diventa un nuovo modo di vivere in funzione del principio di piacere.
Il terzo tipo di evoluzione, quella più diffusa, ha un esordio simile a quella dei precedenti gruppi ma è caratterizzata da adolescenti che vivono un’atmosfera depressiva, esacerbata dal fatto che mal sopportano la propria incapacità di affrontare una vita normale, oltre ad un isolamento sociale parzialmente presente. Secondo Diatkine molti di loro non hanno sperimentato nell’infanzia il piacere del funzionamento mentale legato all’investimento del processo secondario.
Il quarto tipo di evoluzione riguarda un piccolo gruppo di ragazzi, nei quali si constatano fobie scolari organizzate come delle vere e proprie isterie di angoscia.
Conclusione
E’ opinione degli studiosi, che si sono occupati di fobia scolastica, che nei bambini il disturbo sia meno grave di quello che compare in adolescenza. Il piccolo soffre in questi casi di un’angoscia di separazione temendo, per esempio, di non ritrovare più la madre che può scomparire mentre egli è a scuola. Il sintomo in questi casi è più circoscritto ed esplicito, ed è quindi possibile ottenere un miglioramento con un buon intervento psicoterapico quando i genitori sono collaboranti, la remissione sembra essere più diffusa, quindi, quando l’esordio si verifica in età precoce. Quando la fobia scolare colpisce il preadolescente e l’adolescente è più difficile da interpretare, ed assume un quadro complesso e più serio. Isolamento graduale, calo del rendimento scolastico, assenze ripetute, apatia e disinteresse sono comuni campanelli d’allarme di un imminente drop-out scolastico. Un ruolo cruciale hanno gli insegnanti che assistono ad un graduale allontanamento dal percorso scolastico; con la famiglia e i servizi, essi possono contribuire a valutare se sia la manifestazione di un processo di chiusura più specifica nei confronti della scuola. Per quanto riguarda il percorso terapeutico, si tratta di un processo articolato e dagli esiti non scontati, dove è necessario cercare di creare una rete di sostegno tra la scuola e la famiglia. La cura non può essere incentrata solo sulla difficoltà più evidente, cioè il rifiuto della scuola, si tratta di approfondire le ragioni che hanno condotto ad una crisi globale della personalità e tentare di ricostruirne le fondamenta. Non necessariamente l’esito positivo della terapia coincide con il rientro a scuola, ma si può giungere ad una graduale maturazione emotiva che può portare a scegliere il mondo del lavoro.
Bibliografia
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Comunità di Sant’Egidio 2021, “Ricerca sulla dispersione scolastica”;
Diatkine R., Valentin E. (1990). In Lebovici S., Diakine R., Soulè M. (a cura di). Le fobie scolastiche dei bambini più grandi e degli adolescenti. “Trattato di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza”, vol. 2, Borla, Roma;
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Last, C. G., & Strauss, C. C. (1990). “SCHOOL REFUSAL IN ANXIETY-DISORDERED CHILDREN AND ADOLESCENTS.” Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 29(1);
IPSOS: https://www.ipsos.com/it-it/ sondaggio-ipsos-save-children-opinioni-giovaniscienza-covid-19Ipsos pe r Save the children Hikokimori