
GEN Z E IL SENSO DEL LAVORO

Negli ultimi anni, i giovani nati tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2010 – la cosiddetta Gen Z – sono entrati nel mondo del lavoro portando con sé nuove aspettative, nuove priorità e un cambiamento culturale profondo.
Se fino a poco tempo fa lo status, la carriera e la stabilità economica erano i principali motori dell’impegno professionale, oggi qualcosa è cambiato.
La Generazione Z cerca scopo, non solo stipendio. E questo sta ridefinendo le strategie di recruiting, retention e comunicazione interna delle organizzazioni.
1. Il lavoro come estensione dell’identità
Per molti giovani della Gen Z, il lavoro non è solo un mezzo per vivere, ma una parte significativa di chi sono. Si aspettano che l’azienda rifletta i loro valori, dia spazio all’espressione personale e contribuisca a un impatto positivo nel mondo.
La domanda che si pongono non è più “quanto guadagno?”, ma “ha senso ciò che faccio?”
E questo senso, o scopo, deve essere visibile nelle pratiche quotidiane, non solo nei manifesti aziendali.
2. Autenticità e trasparenza: il nuovo employer branding
Il tradizionale employer branding patinato e corporate non funziona più. La Gen Z valuta la coerenza tra ciò che l’azienda dice e ciò che fa.
La comunicazione interna, i valori vissuti, le politiche di sostenibilità e inclusione contano più dei benefit accessori.
Le aziende che riescono a costruire una narrazione autentica, dove ogni dipendente è parte di una missione condivisa, attraggono e trattengono meglio i giovani talenti.
3. Il ruolo dell’HR: ascoltare, coinvolgere, co-costruire
I reparti HR oggi hanno un compito delicato: integrare senso, ascolto e partecipazione reale nei percorsi professionali. Non basta offrire percorsi di carriera: servono strumenti per la crescita personale, programmi di mentoring, spazi per dare voce alle idee.
Il feedback non è un momento formale, ma un dialogo continuo. La partecipazione è una leva motivazionale.
Le organizzazioni che vogliono essere rilevanti per la nuova generazione devono cambiare prospettiva: non si tratta di convincere i giovani ad adattarsi all’azienda, ma di adattare l’azienda per far emergere il loro potenziale.
Perché alla fine, la Generazione Z cerca scopo, non solo stipendio — e se lo trova, è pronta a costruire relazioni professionali profonde, innovative e durature.