Il Bullismo e Le Sue Forme

di Umberto Maria Cianciolo

bullismo e sue forme

Il bullismo è di certo un fenomeno sempre più diffuso nella società contemporanea, che configura un panorama sociale ed educativo sempre più critico e che condiziona uno dei contesti fondamentali per lo sviluppo dell’individuo quale la scuola. 

Nell’analizzare il fenomeno del bullismo non possiamo che rendere conto della sua complessità rappresentata dalle diverse forme con le quali esso può manifestarsi nella quotidianità.

Possiamo distinguere, principalmente, tra manifestazioni dirette e indirette. Le prime sono più chiare, visibili ed esplicite, di forma fisica (violenza e aggressione fisica: calci, pugni, schiaffi, utilizzo di un oggetto contundente; rubare o danneggiare oggetti altrui) e verbale (insulti, minacce, offese). Le seconde, al contrario, sono manifestazioni più celate, taciute ed implicite e per questo sono, spesso, più difficilmente percepibili ed evidenziabili: l’emarginazione progressiva di un membro da un gruppo e il suo conseguente isolamento, o la circolazione di pettegolezzi riguardanti altri individui, ne sono un esempio.

Tra le manifestazioni del fenomeno, ne riconosciamo una definita con il termine, coniato dall’educatore canadese Belsey (2002), “cyberbullismo”, tradotto con “bullismo elettronico”, “bullismo virtuale”, “bullismo online”.

Con queste espressioni ci riferiamo ad una variante del bullismo, caratteristica della società contemporanea, che prevede che le azioni aggressive, prevaricanti o moleste siano compiute, in modo continuo e sistematico, attraverso l’uso di strumenti tecnologici, come i servizi di messaggistica istantanea (Whatsapp, Telegram ecc.), i social network (Facebook, Twitter ecc.) o i servizi Internet (Posta elettronica, siti web ecc.).

Questi strumenti hanno di certo modificato le esperienze di socializzazione e di scambio relazionale, rendendosi irrinunciabili ma nascondendo, allo stesso tempo, un lato oscuro rappresentato da un loro utilizzo improprio e deformato facilitato dalla distanza, fisica e psicologica, data dallo schermo virtuale o, anche, dalla poca educazione al loro utilizzo (ad esempio, insegnare a come gestire la propria privacy in rete). Gli episodi di cyberbullismo, quindi, potrebbero rientrare nella suddetta categoria più generale di “manifestazioni indirette”, dove con “indiretto” non ci si riferisce solo alla tipologia di azioni messe in atto nei confronti della “vittima” ma anche al fatto che, come spesso capita, il fautore della prepotenza, e i suoi possibili complici, rimangano nell’anonimato, senza che vi sia, quasi mai, un contatto o un incontro fisico. Proprio l’incapacità di riconoscere l’artefice di queste azioni, ovvero la presunta invisibilità di questi (presunta in quanto ogni strumento tecnologico lascia una qualche “impronta” rintracciabile, ad esempio, dalla Polizia Postale), unito al fatto che un pubblico globale connesso alla rete assista all’episodio e alla “forza mediatica di messaggi scritti, di foto o di filmati rispetto a situazioni di interazione sociale faccia a faccia, rendono particolarmente gravose le conseguenze di tali episodi per la vittima” (Campbell, 2005; Gini, 2005; Oliverio Ferraris, 2008) che vede negato il riconoscimento delle proprie emozioni e della propria integrità. Un’altra caratteristica che connota questa tipologia, e che costituisce un aspetto di distinzione dal bullismo, è l’eliminazione di ogni limite spazio-temporale: gli atti di cyberbullismo, difatti, possono verificarsi ed essere subìti a qualsiasi ora, ogni volta che si utilizzi lo strumento elettronico in questione, e possono raggiungere ed essere diffusi in ogni parte del mondo e non essere più limitati a luoghi e a momenti specifici.

In un rapporto Istat, “Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi” edito nel 2015, con dati in riferimento all’anno 2014, si evidenzia come, per meglio collocare in un contesto sociale il fenomeno del cyberbullismo, sia necessario sottolineare quanto i nuovi mezzi di comunicazione elettronici siano diffusi ed economicamente accessibili a molti ragazzi e adolescenti. “Quella attuale è, infatti, la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere connessi rappresenta un dato di fatto, un’esperienza connaturata alla quotidianità: nel 2014, l’83% dei ragazzi tra 11 e 17 anni di età utilizza Internet con un telefono cellulare e il 57% naviga nel web” (http://www.istat.it/it/files/2015/12/Bullismo.pdf).

I dati riferiti all’utilizzo degli strumenti tecnologici sono ancora più significativi: nel 92,6% dei casi gli adolescenti, tra i 14 e i 17 anni, ne fanno uso giornalmente o, almeno, qualche volta a settimana; nel 50,5% il PC, nel 69% Internet (dati Istat pubblicati nel 2015).

Si può concludere, dunque, che la facile accessibilità a questi strumenti, e il loro frequente utilizzo da parte degli adolescenti, esponga quest’ultimi più facilmente ai rischi della rete e di questa nuova tipologia di comunicazione.

Il “bullismo online” consta, a sua volta, di differenti categorie/tipologie:

Flaming: “battaglie verbali” con uso di espressioni e messaggi ostili e volgari; è l’offesa pura e semplice fatta sui social pubblici (scritta nei commenti di Facebook, in un Forum, in un gruppo di discussione online); il cyberbullo cerca di evitare qualsiasi risposta ricoprendo di insulti; 

Harassment (“molestia”): messaggi scortesi, offensivi, insultanti, disturbanti, che vengono inviati ripetutamente nel tempo, attraverso E-mail, SMS, messaggistica istantanea (Whatsapp, Telegram, ecc.) telefonate sgradite o talvolta mute. In questo caso, dunque, a differenza del flaming, i messaggi vengono inviati in privato;

Cyberstalking (“persecuzione online”): minacce insistenti e intimidatorie che puntano a spaventare la vittima, che sarà allarmata anche per la propria incolumità fisica;

Denigration: pubblicare e diffondere pettegolezzi, foto ritoccate e/o video imbarazzanti su uno o più individui al solo scopo di rovinare la reputazione di questi (spesso avviene anche da parte degli allievi nei confronti degli insegnanti);

 – Impersonation: trattasi del furto dell’identità, ovvero il cyberbullo potrebbe crearsi in rete una falsa identità reperendo dati personali appartenenti ad un altro individuo, per poi pubblicare o inviare messaggi privati al fine di rovinargli la reputazione; 

Outing and trickery: con il primo termine ci si riferisce ad episodi di cyberbullismo in cui vengono pubblicate in rete informazioni personali da parte di un altro individuo; col secondo, invece, ci si riferisce ad un’azione più subdola messa in atto dal cyberbullo, in cui questi diffonde informazioni personali e  private, a volte anche imbarazzanti e intime, dopo essersi conquistato la fiducia  della propria “vittima”;

Exclusion: escludere qualcuno dai gruppi online con lo scopo di isolarlo dal resto della compagnia o dalle reti sociali elettroniche.

Diverse sono le possibili azioni di contrasto, di risposta, a fenomeni di prevaricazione come questi.

Si potrebbe, ad esempio, cercare un confronto diretto, diplomatico e non violento con l’autore di queste azioni, qualora sia possibile conoscere la sua identità; utilizzare alcune funzioni a disposizione all’interno della rete, come la funzione “Nascondi” o “Elimina”, che permettono di limitare la diffusione dei contenuti. Si dimostrano utili anche le funzioni “Kick” (“calcio”) o “Ban” (“sospensione” o “esclusione”), che permettono, rispettivamente, la temporanea e la definitiva esclusione dai Forum, gruppi online, giochi in rete, dell’autore delle prevaricazioni. In tal caso è necessario prestare attenzione e non cadere nell’eccesso di difesa, in modo da non passare da colui che subisce un atto di cyberbullismo a colui che agisce un atto di cyberbullismo (rischio percorribile limitando eccessivamente, al cyberbullo, l’accesso a gruppi o forum o circoscrivendogli, per un tempo esagerato, i contatti con gli altri membri). Proseguendo, un’altra possibile soluzione è rappresentata dalla funzione “Quit”, ovvero l’uscita della “vittima” da quello specifico ambiente virtuale.

Infine, potrebbe dimostrarsi vantaggioso cercare la complicità di un amico con cui si condivide lo stesso ambiente online, o parlare e confidarsi con una figura adulta di riferimento per chiedere un parere, un consiglio o per cercare un aiuto, una soluzione. Altresì fondamentale potrebbe essere la presenza di uno psicologo che, all’interno della comunità scolastica, promuova dialogo e cooperazione. Appare necessaria un’azione, condivisa da tutti, per arginare il fenomeno: la responsabilità sociale condivisa, l’attenzione alle proprie emozioni e a quelle altrui, la consapevolezza delle proprie azioni e delle conseguenze di ciascuna di esse, sembrano rappresentare gli aspetti più significativi nella trattazione comune del fenomeno in questione. Sembra emergere la necessità di istituire spazi di condivisione altri rispetto a quello classe, allo scopo di migliorare la consapevolezza della presenza, fisica e psicologica, dell’altro, affinché il conflitto non vada evitato o connotato negativamente, ma gestito e modulato nel rispetto dell’altro, e come risorsa per l’intero gruppo.

Dimostratasi sensibile al tema, inoltre, la Commissione Europea ha istituito nel 2004 una giornata internazionale di sensibilizzazione al fenomeno, il “Safer Internet Day”, che ha luogo ogni anno il secondo giorno della seconda settimana del mese di febbraio. In questo giorno, a livello nazionale, ogni singolo Paese dell’Unione si fa promotore di iniziative volte all’educazione dei ragazzi per un uso corretto e assennato della rete.

Riferimenti

Campbell, M. A. (2005). Cyber bullying: An older problem in a new guise?. Australian Journal of Guidance and Couselling, 15(1), 68-76.

Gini, G. (2005). Il bullismo: Le regole della prepotenza tra caratteristiche individuali e potere nel gruppo. Roma: Carlo Amore.

Oliverio Ferraris, A. (2008). Piccoli bulli crescono: Come impedire che la violenza rovini la vita ai nostri figli. Milano: Rizzoli.


Riferimento sitografico: http://www.istat.it/it/files/2015/12/Bullismo.pdf