
Il ciclo della violenza: dinamiche psicologiche e criminologiche nella violenza di genere.
di Rosalba Madeo

Secondo l’ISTAT (report novembre 2024), il 31,5 % delle donne ha subito nel corso della propria vita violenza fisica o sessuale. Dobbiamo sapere che la violenza di genere non è sempre evidente in quanto si manifesta e si sviluppa attraverso complesse dinamiche psicologiche che intrappolano nell’insieme la diade coinvolta in una relazione apparentemente normale. Uno dei modelli più utilizzati per spiegare questo processo è quello del ciclo della
violenza di Lenore Walker che aiuta a comprendere le dinamiche relazionali e psicologiche che si instaurano in contesti di abuso e controllo.
Le fasi del ciclo della violenza
Il modello a tre fasi, descritto da Lenore Walker, evidenzia come la violenza si manifesti in modo ciclico:
Fase della tensione: caratterizzata da un clima di irritabilità, controllo e conflittualità; la vittima cerca di placare l’aggressore.
Fase dell’aggressione: esplode la violenza vera e propria, che può assumere diverse
forme fisica, psicologica, sessuale, economica…
Fase della luna di miele: l’aggressore si mostra pentito, chiede scusa, promette cambiamento, spesso con gesti affettuosamente eclatanti.
Con il tempo, quest’ ultima fase di calma tende a scomparire e le esplosioni di violenza diventano sempre più ravvicinate. Alcuni modelli aggiungono una quarta fase: la calma apparente, in cui la tensione è sospesa, ma la vittima rimane in uno stato di allerta costante.
Perché è difficile spezzare il ciclo?
L’idea che basti “andarsene” è una pericolosa semplificazione poiché sono diversi i meccanismi psicologici che spiegano perché le vittime rimangano intrappolate:
Trauma bonding: l’alternanza tra maltrattamenti e momenti positivi crea un legame distorto ma solido.
Dissonanza cognitiva: difficile accettare che una stessa persona possa essere amorevole e violenta.
Impotenza appresa: esperienze ripetute di fallimenti generano passività.
Vergogna e colpa: la vittima può pensare di meritare ciò che subisce o di doverlo nascondere per vergogna.
Isolamento sociale ed economico: ostacolano l’accesso ad aiuti esterni.
L’aggressore: controllo, potere e manipolazione
Un modello centrale nella criminologia contemporanea è quello del coercive control teorizzato da Evan Stark. Si tratta di una forma di violenza continua e pervasiva, non necessariamente fisica ma costruita attraverso svalutazione, controllo di aspetti quotidiani (finanze, relazioni sociali, abbigliamento), minacce.
Questo controllo sistematico mina l’identità della vittima e può rendere invisibile la violenza all’esterno.
Uscire dal ciclo è possibile
Riconoscere la violenza come tale è il primo passo, accedere a reti di supporto sociale come centri antiviolenza, psicologi e servizi territoriali, permette poi di ricostruire la propria autonomia.
Il ciclo della violenza non è solo un insieme di atti aggressivi, ma rappresenta una struttura psicologica e relazionale molto complessa. Conoscere e riconoscere queste dinamiche significa superare stereotipi, attuare il non giudizio e saper costruire un futuro di spazi sicuri. La violenza di genere si combatte soprattutto con l’informazione, la prevenzione ed il sostegno attivo.
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