“Il corpo che sono e il corpo della relazione” Percorsi di Tangoterapia

di Anna Rita Cerrone

percorsi di tangoterapia

Sartre direbbe che il mio corpo non è un corpo, uno dei tanti oggetti-corpo, esso è irriducibilmente mio perché è tutt’uno con il soggetto che io sono. Il mio corpo è intriso della mia soggettività, è corpo-soggetto, non è solo schema o qualcosa che io ho: “Io sono il mio corpo”. Siamo abituati a distinguere corpo e anima come due entità autonome, ma in questa separazione ci affettiamo con il bisturi della nostra mente. Il “corpo vivente e vissuto” esprime l’incarnarsi della coscienza e la coscienza fatta carne ci racconta che siamo unità indivisibile di corpo animato.

Il corpo che sono è parola delle ferite e dei bisogni, confine tra quanto traduce del mio personale vissuto e tra quanto raccoglie o trascende attraverso l’incontro con l’altro.

Avere un corpo non basta. Possiamo scoprire il nostro Essere corpo, coscienza incarnata in quanto esserci al mondo, sorgente di significato e di senso, attraverso i vissuti che fanno la nostra esperienza.

Il corpo è campo di espressione e relazione, realizza le intenzioni perfino prima che io le pensi, nella dinamica interazione con il mondo, perché non siamo solo una parte di quel mondo che abitiamo ma contribuiamo a costruirlo.

Il corpo è intermediario nell’incontro con l’altro. Nel mio corpo mi attuo e mi rivelo e l’altro si rivela a me. In questa consapevolezza, il corpo è presente e partecipante alla vita interiore e alla vita di relazione, esprime e agisce la mia intenzionalità.

Ma questa presa di coscienza del corpo non è data a priori. È conquista che si raggiunge. Sintonizzazione tra parti della totalità che siamo e parti della totalità di sistema con l’altro.

Possiamo raggiungere piena presenza nell’esperienza di noi e nell’incontro con l’altro o possiamo stare nel mondo come bendati, perfino spaventati da quanto percepiamo. Talvolta intuiamo che c’è una pienezza al di là dei nostri automatismi, di quei caratteri e funzioni del corpo che possono perfino diventare gabbie, corazze delle quali non conosciamo i segnali di accesso o di uscita o di trasformazione. Il corpo allora intrappola, diventa sintomatico, sconosciuto, estraneo, misterioso nelle sue espressioni.

Ma il corpo che sono lo posso recuperare, conquistare pienamente attraverso il percorso di apertura ad una vera relazione umana, che sappia rigenerare. Le emozioni sono sempre incarnate. Non possono prescindere da questa natura.

Così posso sentirmi me stesso in carne e ossa e sentire con l’altro il tessuto di un dialogo che mi riappropria del mio essere unità indivisa corpo-mente. Posso scoprire l’altro attraverso la parola muta ed eloquente di codici del corpo pregni di senso e sperimentare l’autenticità dell’incontro con l’altro. Così il cuore che pulsa a diverse frequenze, la respirazione diaframmatica, la sensibilità muscolare, il radicamento al suolo e l’equilibrio diventano esperienza che può essere colta nella sua interezza. La nostra capacità di entrare e uscire in modo più o meno armonico da un abbraccio, comunica segnali importanti della nostra realtà interiore, racconta chi siamo e come stiamo nel qui ed ora dell’incontro, sia pure nei termini di emozioni spiacevoli che possono essere trasformate, solo se attraversate.

In questo senso, la tangoterapia diventa avventura di consapevolezza, ricerca di sintonizzazione sensoriale ed emotiva, scoperta di sé nell’incontro delle proprie resistenze o delle proprie attitudini. In ogni abbraccio posso incontrare la connessione profonda con affetti che rimandano alle mie impronte di storia personale e a quelle dell’altro.

Nel qui ed ora di un incontro autentico, ritrovo infatti vissuti antichi, fatti di energia bloccata o liberamente fluttuante, di stati psico-fisici collegati al contatto e allo scambio, trovo il desiderio generato o negato. Nel contatto, trovo la possibilità di trasformare il senso di rifiuto in accoglimento, la distanza in prossimità, il senso di invasione in spazio condiviso.

Il tango si fonda sulla comunicazione giocata attraverso ruoli complementari, che rimandano al dialogo tra maschile e al femminile. L’uomo guida, propone e conduce, la donna accoglie, contiene e risponde. Ma non è tutto, poiché nel gioco flessibile delle parti, impariamo ad esprimere aspetti di noi stessi che solitamente tratteniamo in definizioni rigide del nostro essere persona. Citando Jung, menzioniamo gli archetipi dell’Animus e dell’Anima. Le nostre componenti inconsce dell’altro sesso si rivelano, nelle loro reciproche combinazioni di energia dominante o sottesa e nell’abbraccio di un tango, come in quello della vita, possono trovare integrazione.

Non è forse questo il senso della potenza energetica che incontriamo in ogni abbraccio/incontro e che ci confronta con la complessità che siamo, che è l’altro? E se non siamo consapevoli di questo, quali e quante ombre si scatenano in quell’abbraccio vitale, che diventa opprimente?

Possiamo invece scoprire la pienezza, nel fluire dei corpi in movimento, ricettivi e flessibili, nell’aggiustamento reciproco e attraverso il quale acconsentiamo a liberarci delle nostre rigidità, giocando con le nostre polarità interne, uguali e contrarie, spesso negate.

Tutto è comunicazione da riscoprire, attraverso la coppia danzante, che deve imparare a non confliggere, a non prevaricare, a non invadere.

Cosi lo sguardo che ricambia l’intesa o che si ritrae, ci confronta con i nostri bisogni di accettazione e con i timori di esclusione. La camminata e le pause, nella coppia intenzionata all’unisono, rimandano al movimento e all’immobilità psichica, dimensioni che possono essere sentite consistenti e appaganti oppure disarmoniche e frustranti.

L’asse condiviso e l’equilibrio, il controllo e l’abbandono, la solitudine e la connessione: grandi temi esistenziali, ai quali la nostra coscienza può accedere e attingere pienamente, riempirsi di senso, solo attraverso un’esperienza che traduca in risorse ciò che spesso sentiamo come sfida faticosa dell’esistere.

Come non parlare della postura, tanto importante nel tango come nello stare al mondo: stare dritti o piegarsi come giusta combinazione tra la fiducia in sé e quella nell’altro. La tensione muscolare, la rigidità che si può tradurre in fluidità e rispondenza del tono muscolare, sono le nostre tracce interne, possiamo riconoscerle e ritrovarle, riappropriarcene e modularle, per darle all’altro e raccogliere le sue: esserci, veicolando un’intenzione chiara piuttosto che ambigua, consapevole piuttosto che proiettiva.

Solo in conquista personale del corpo che siamo, il corpo della relazione si dispiega armonicamente, diventa generativo di un nuovo sistema circolare, fluido e vitale.

Prezioso apprendimento raccolto attraverso un’esperienza emotiva guidata e protetta, che diventa occasione per rigenerare ciò che in noi può essere sentito come ferita o separazione. Un’esperienza di passi di ri-creazione, di completamento di ciò che sentiamo incompiuto. Sentire e danzare il tango argentino diventa strumento terapeutico di un incontro che può toccare le nostre radici profonde, come linfa che nutre e si dirama.

Solo così possiamo conoscerci, abbracciarci pienamente, nel rispetto accettarci, infine salutarci e grati, ripartire.