Il dolore di affrontare il disagio di un genitore

Il dolore di affrontare il disagio di un genitore

Uno dei dolori più profondi nel processo di terapia è quello della scoperta della sofferenza degli altri significativi. È quello che è successo a F., quando nel ripercorrere insieme la propria infanzia, ricostruisce delle assenze della madre per lunghi periodi. In questi lunghi momenti taciuti in famiglia, la madre era costretta a letto, a dormire, in quello che sembrerebbe riconducibile ad una depressione probabilmente post-partum, proprio dopo la nascita di F.

F. ha chiaramente trovato le sue strategie per restare vicino alla madre, e per accogliere i momenti “buoni” e allegri da poter trascorrere insieme. F. e i suoi fratelli, con il passare degli anni, hanno notato e ricostruito dei comportamenti di disagio che, però, entrambi i genitori ancora oggi non hanno riconosciuto. È nel ripensare ai momenti di sofferenza della madre che F. comincia a provare un dolore profondo. Alla sofferenza rimasta silente, al lutto dei momenti non trascorsi insieme, alla rabbia per il mancato riconoscimento della patologia da parte degli adulti stessi. Quello di F. è un vissuto comune a moltissimi pazienti giovani adulti alle prese con il passaggio all’autonomia dalla casa familiare, con una sofferenza più o meno intensa da parte della coppia genitoriale.

<<Come faccio a starle vicino nel modo giusto?>> chiede F., che ormai di depressione ha letto tanto, e riporta di dover avere un comportamento calmo, accogliente e pacato con il familiare con disagio. Eppure la rabbia è tanta, per tutti i consigli non ascoltati, per le offerte di aiuto non accolte sfociate in litigi, urla e allontanamenti improvvisi.

La verità è che l’aiuto passa spesso per la cosa più coraggiosa e silente che possa esserci: l’accettazione. Accettazione della condizione di sofferenza e patologia, di non riconoscimento del proprio disagio, e di una condizione di vita scelta che è diversa da quella che noi vorremmo per il benessere del nostro familiare. L’accettazione però, per essere sana, reale e sincera, ha bisogno di confini, che è quello del rispetto della propria persona. Devo cioè accettare nel rispetto del mio benessere. Oltre, diventa un aspetto passivizzante e forzato.

Accettare di non poter offrire aiuto ad una persona in sofferenza, talvolta è uno dei più coraggiosi gesti di aiuto che possiamo offrire. In poche parole, la nostra vicinanza silente.