Il lutto tabù: il lutto perinatale

di Barbara Casella

da Psicologinews Scientific

lutto perinatale

Spesso tendiamo a contrapporre la nascita alla morte ma sono due facce della stessa medaglia, chiamata vita. Il lutto è un sentimento di forte dolore per la morte di una persona cara, che tutti sperimentano nel corso della propria vita. La nostra società propende a nascondere il lutto, a isolarlo, invitando la persona che sta affrontando una perdita ad andare avanti. La pretesa di superare velocemente un cordoglio, può comportare una carenza nell’individuazione del tempo e lo spazio necessario per accogliere il dolore. Ne consegue un accentuato senso di vulnerabilità e solitudine che le persone in lutto tendono a provare, favorendo il lutto complicato. Nel complesso scenario del lutto, il lutto perinatale è ritenuto totalmente anti-natura in quanto, associa alla nascita la morte. Il termine lutto perinatale indica la perdita di un bambino dalla seconda metà della gravidanza al primo mese dopo la nascita.

Il termine lutto prenatale intende l’interruzione della gravidanza in qualsiasi epoca gestazionale. Gli eventi che comportano la perdita di un figlio nel periodo perinatale comprendono l’aborto spontaneo, l’interruzione volontaria o terapeutica della gravidanza, la morte intrauterina e la morte dopo il parto. Diversamente da come s i può immaginare, l’interruzione della gravidanza è un’esperienza comune a molte donne, infatti, secondo dati statistici circa una su sei vive questa traumatica esperienza, ma socialmente continua ad esserci poca attenzione sull’argomento.

Il lutto perinatale è ritenuto totalmente innaturale, poiché al concetto gioioso di nascita, di vita, bisogna associare quello doloroso di morte. La naturale evoluzione del ciclo di vita è sconvolta: la morte di un figlio aspettato, desiderato, diviene inspiegabile. Il progetto familiare, di coppia, di genitorialità, è bruscamente interrotto; per le donne in attesa il proprio corpo da guscio accogliente e protettivo, diviene un oggetto inaffidabile, inutile. L’idea predominante dei genitori in lutto è di non essere riusciti a proteggere il proprio bambino, di non essersi accorti in tempo cosa stava accadendo, e di avere commesso qualche errore che ha causato la sua morte.

La fine inaspettata della gravidanza rappresenta la perdita di una persona cara con cui durante la gestazione i genitori e gli altri familiari hanno stabilito un legame, attraverso il test, ecografie, movimenti fetali e, in genere, la preparazione al nuovo arrivo. Il legame di attaccamento in costruzione è traumaticamente i n t e r r o t t o . La rappresentazione del bambino, le fantasie circa i cambiamenti del proprio corpo, l’organizzazione familiare, della propria casa, tutto è interrotto e si trasforma in un tabù, un argomento di cui non parlare. Un’eclatante dimostrazione dell’indicibilità del lutto perinatale è l’inesistenza di un nome per indicare i genitori che perdono i figli in epoca perinatale. La mancanza di un’attenzione collettiva alla tematica, può contribuire alla costruzione del fossato di solitudine che si crea intorno al genitore in lutto.

Quando i genitori ricevono la notizia che il proprio bambino è morto, sono investiti da un tornado di emozioni: incredulità, confusione, paura, rabbia, un dolore fisico e psicologico. In pochi istanti tutto cambia, si è travolti da un sentimento d’impotenza di fronte alla perdita del proprio bambino; tutte le sicurezze cadono, non ci sono appigli. Il dolore diviene accecante e totalizzante, con l’unica certezza che nulla sarà più come prima; il futuro è oscurato da un dolore snaturante e ogni ipotesi di vita sembra irrealizzabile.

Indipendentemente dall’epoca gestazionale una tale notizia è devastante, la diversa intensità può essere data dall’investimento affettivo, dal significato che i genitori hanno dato all’attesa e dalla storia personale di ciascuno. La modalità con cui è comunicata la notizia ai genitori e le prime persone con cui entrano in contatto condizionano la conseguente elaborazione. A tal motivo, è di f o n d a m e n t a l e i m p o r t a n z a una comunicazione efficace, sensibile, rispettosa e un buon sostegno fin dai primi attimi.

In Italia, di fronte alla morte di un bambino in gravidanza, non ci sono delle linee guida cui fare riferimento, tutto è lasciato alla sensibilità del personale sanitario e a l l ‘ a t t i v a z i o n e d i associazioni che si occupano di lutto perinatale. Spesso si assiste a personale sanitario non preparato nelle procedure e che si mostra distaccato a livello emotivo. Tale atteggiamento può amplificare il senso di disorientamento dei genitori, che hanno appena saputo di aver perso il bambino, e può aggiungere altro dolore, non facilitando così l’inizio del percorso di elaborazione.

È noto che gli operatori sanitari siano una categoria professionale ad alto rischio burnout: lavorare ogni giorno con la morte, la malattia e il dolore, può portare al rischio di de-umanizzare le cure, rendendole semplici routine. Tale distacco emotivo può creare una barriera tra il curante e il curato, che da un lato funge da cuscinetto per diminuire l’impatto delle situazioni difficili e dall’altro però impedisce relazioni soddisfacenti, nel qui e ora, e di sintonizzarsi sui reali bisogni personali e altrui. La formazione del personale s a n i t a r i o , q u i n d i , d i v i e n e d i fondamentale importanza per contenere e seguire i genitori in modo efficace ed empatico e, allo stesso tempo, per sostenere gli stessi operatori.

La prima reazione dei genitori alla notizia dell’interruzione della gravidanza è solitamente caratterizzata dalla n e g a z i o n e , d a l l o s t o r d ime n t o , dall’incredulità. Molti genitori in lutto nei loro racconti descrivono quel momento come sentirsi trascinati in una vita che non li appartiene, anche se allo stesso momento sono tenuti a dover prendere delle decisioni fondamentali in modo rapido (interruzione, parto, autopsia, sepoltura). In seguito, si inizia a realizzare che è tutto vero, emerge la consapevolezza che il proprio bambino non c’è più.

Il ritorno a casa con le braccia vuote e il corpo e la mente stracolme di dolore, una famiglia, una casa, una cameretta che attendeva il nuovo arrivo, rendono il lutto ancora più visibile e assordante. L’atteggiamento più frequente da parte di parenti e amici di fronte al lutto perinatale è quello di minimizzare, invitare i genitori a dimenticare e andare avanti, esortare un nuovo tentativo di concepimento al fine di compensare la perdita. Queste reazioni di chi circonda i genitori in lutto, sono dettate da un meccanismo di difesa, messo in atto di fronte ad un dolore snaturante e, allo stesso tempo, per proteggere la mamma e il papà del bambino andato via troppo presto.

Ascoltare commenti e frasi stereotipate, favorisce il senso di solitudine dei genitori in lutto. La sensazione di non sentirsi compresi nel proprio dolore, di dover giustificare le proprie lacrime e la non forza di andare avanti, nonostante gli inviti a reagire. Per elaborare il lutto, i n v e c e , b i s o g n a m a t u r a r e l a consapevolezza dell’esperienza vissuta, rispettando i tempi e la sofferenza che lo accompagna, anche attraverso il rito della sepoltura, andare al cimitero e piangere il proprio bambino. Tutto ciò può favorire l’elaborazione di tale dolore, non negarlo e stare in contatto con l’esperienza vissuta. Il lutto perinatale non deve diventare un tabù, una vergogna, anzi è opportuno che si pianga e si parli della perdita.

I genitori in lutto tendono ad isolarsi, non si sentono capiti e si chiudono in se stessi; evitano alcune situazioni sociali e si convincono che del loro dolore sia meglio non parlarne e fingere con gli altri che nulla sia successo. Questo isolamento spesso non è attuato solo con gli esterni al nucleo familiare, ma anche fra partner. È frequente, infatti, che la coppia attraversi un momento di crisi per il diverso modo di affrontare il lutto e l’incapacità di condividere il proprio stato emotivo. Ognuno di noi, infatti, ha un proprio modo d i fronteggiare una perdita, poiché si hanno diverse storie, risorse cui attingere, sogni, desideri.

Sostenere i genitori che vivono un’interruzione della gravidanza è di f o n d ame n t a l e imp o r t a n z a p e r l’elaborazione del lutto. La possibilità di raccontare il proprio vissuto emotivo, cercare dei nuovi canali comunicativi, che mettano in luce le somiglianze e le differenze, permette di avere una maggiore chiarezza su quanto è avvenuto e la possibilità di prendersi cura di sé, della coppia e dell’amore per il proprio bambino andato via troppo presto. Un funzionale sostegno psicologico ed emotivo aiuta i genitori a trovare la collocazione per il loro amore e per il loro dolore. Accogliere il bambino perso nella propria storia personale e familiare, in uno spazio che gli permetta di ricordare e di amare il proprio bambino e allo stesso tempo di continuare a vivere.

Bibliografia

Felaco R., D’Anselmo F., Amare in assenza. Fronteggiare il lutto con la psicoterapia, ed. Kaizen Edizioni

Ravaldi C., La morte in-attesa, ed. Ipertesto

Ravaldi C., Piccoli Principi. Perdere un bambino in gravidanza e dopo la nascita, ed. Officina Grafica