Il vortice dell’ansia. Alterazioni psicopatologiche e trattamento nelle esperienze ansiose

di Veronica Iorio

da Psicologinews Scientific

ansia

L’ansia è un’esperienza di per sé naturale che può tramutare in forme patologiche fino ad assumere il volto di una sofferenza dilaniante. Quest o ar t icol o par te da uno sguardo fenomenologico sulle modificazioni del vissuto nelle condizioni ansiose. Si sofferma poi, in particolare, sul rapporto che l’individuo vive con la realtà interna ed esterna, in termini sia di interruzioni del contatto sia di alterazioni delle strutture e funzioni psichiche, secondo un approccio integrato di psicoterapia della Gestalt e Analisi Transazionale. Si conclude, infine, con una breve esposizione dell’intervento mirato al recupero del naturale fluire dell’esperienza e al superamento delle modalità copionali che impediscono il soddisfacimento dei bisogni del presente.

Ansia e angoscia: definizioni

Il tema dell’ansia richiede una trattazione congiunta di ansia e angoscia.

Entrambi i termini derivano dal latino: ‘ansia’ dal latino tardo anxia, da angere ‘stringere’, ed ‘angoscia’ dal latino angustia ‘strettezza’. Spesso l’ansia è assimilata all’angoscia poiché la distinzione terminologica appartiene solo alle lingue di origine latina. L’inglese e il tedesco p o s s i e d o n o i n f a t t i u n ’ u n i c a p a r o l a , rispettivamente anxiety e Angst. In ambito clinico ansia e angoscia talvolta sono considerate equivalenti, talvolta distinte e l’impiego dei due termini è molteplice. Gli psicologi in genere parlano di ansia, gli psicoanalisti preferiscono parlare di angoscia, gli psichiatri tendono ad individuare l’ansia nella presenza di sintomi psichici e l’angoscia in una concomitanza di manifestazioni psichiche e somatiche. Di frequente l’angoscia viene identificata come uno stadio più grave dell’ansia e più prossimo alla patologia, connesso ad un grado maggiore di sofferenza e coinvolgimento somatico. Eugenio Borgna utilizza i due termini in modo interscambiabile, benché riconosca una maggiore pregnanza semantica nel termine angoscia. In questa sede, si adotterà la sua posizione.

Nel dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia l’ansia corrisponde ad uno “stato t o rme n t o s o d e l l ’ a n ima , p r o v o c a t o dall’incertezza circa il conseguimento di un bene sperato o la minaccia di un male temuto”. L’angoscia è descritta come un “senso di soffocamento, oppressione che genera agitazione, affanno, difficoltà a respirare, ansito”. “Sofferenza fisica o morale, acuta, tormentosa, in cui l’uomo teme di soccombere; preoccupazione assillante che non dà respiro; inquietudine, ansia ossessiva”. “Stato di malessere soprattutto fisico, ma sempre mescolato di apprensione vitale, vicino alle manifestazioni di affettività primordiale, quando l’essere si sente minacciato nella sua esistenza senza saperne bene le cause o senza poter provvedere ai rimedi”.

La categoria dell’angoscia è entrata nel pensiero occidentale attraverso la vicenda umana di Kierkegaard. Ampiamente discussa in ambito filosofico, ha raggiunto la sua massima elaborazione in psicopatologia. Nel 1997 V. E. von Gebsattel scrive: “L’angoscia ha cessato dall’essere la questione privata della singola persona. L’umanità occidentale in generale è immersa nell’angoscia e nella paura: un determinato present imento di minaccia terribilmente incombente sconvolge la certezza ontologica della persona umana. L’invadenza del fenomeno dell’angoscia, che da cento anni cresce vertiginosamente, ha raggiunto un’intensità mai sperimentata fino ad oggi”.

Secondo Borgna, vi sono tre categorie dell’angoscia: l’angoscia esistenziale, che fa parte della vita, in quanto emozione radicale e costitutiva della condizione umana, l’angoscia nevrotica, che nasce dai conflitti, come espressione di ferite infantili spesso caratterizzate dalla solitudine e dall’abbandono, e l’angoscia psicotica propria dell’esperienza depressiva devastata dal desiderio di morire e dalla colpa. Nella depressione l’angoscia assume la sua forma più dilaniante. Il fluire della vita si arresta e l ’ e s i s t enz a s i t r a sfigur a divent ando un’esperienza sconvolgente.

Dall’ansia naturale all’ansia patologica

L’ansia è un fenomeno che si manifesta lungo un continuum che va da uno stato di attivazione naturale dell’organismo a forme gravi di patologia.

Nella psicoterapia della Gestalt l’ansia corrisponde ad una eccitazione, un’energia vitale e creativa fondamentale per la sopravvivenza e la gratificazione dei bisogni. Tale energia cresce, decresce o si mantiene stabile durante il ciclo naturale dell’esperienza, in funzione delle esigenze autoregolative e adattive proprie dell’organismo. Tuttavia, per varie ragioni questo libero fluire di vitalità può interrompersi e l’ansia diventa un malessere.

L’eccitazione si realizza in qualsiasi tipo di contatto forte e consiste in un aumento nell’intensità del processo metabolico di ossidazione d e l l e sostanze n u t r i t i v e immagazzinate. Con il bisogno di maggiore aria, l’organismo aumenta in modo spontaneo il ritmo e l’ampiezza della respirazione. Se invece i n t e r v i e n e u n t e n t a t i v o d i c o n t r o l l o sull’eccitazione, l’intensificarsi della respirazione si blocca e si genera un vuoto che richiama altra aria. L’ansia nasce da una costrizione involontaria del petto che priva l’organismo della quantità adeguata di ossigeno e rappresenta l’esito del conflitto tra l’eccitazione e l’autocontrollo.

Secondo Fritz Perls l’uomo moderno tende ad escludere dall’area della consapevolezza la continuità della sua esperienza poiché considera l’emozione come un turbamento da evitare. Ogni mome n t o d e l l ’ e s i s t e n z a è c o n n o t a t o emotivamente ed ogni emozione è di per sé un’eccitazione. Pertanto, in condizioni naturali l’energia scorre in modo continuo nello scorrere ininterrotto dell’esperienza. Tuttavia, nella società occidentale le qualità della calma e della ragione sono stimate più dell’emotività. Una sorta di “crociata a favore del controllo delle emozioni” insegna ai bambini a reprimere i propri vissuti piuttosto che ad esprimerli, a privilegiare le esigenze del mondo esterno, ritenute reali, a scapito del sentire. Perls afferma: “Nella misura in cui il vostro senso di realtà è stato distaccato dalla vostra personalità odierna, il tentativo di sperimentare la realtà farà insorgere in voi l’angoscia (mascherata forse come stanchezza, noia, impazienza, fastidio), e ciò che specificamente fa insorgere in voi l’angoscia sarà la resistenza particolare per mezzo della quale voi soffocate e impedite l’esperienza completa”. Lo stare pienamente in contatto con la realtà può procurare la sensazione di un terribile impatto poiché implica il confronto con situazioni che spaventano e conflitti che procurano dolore, con il turbamento e l’eccitazione vissuti come pericolosi.

L’interruzione del contatto

Ogni individuo, in quanto organismo completo e capace di adattarsi all’ambiente e alla realtà che vive, è dotato di capacità autoregolative. Per sua natura è quindi in grado di riconoscere l’emergere spontaneo dei propri bisogni e farvi fronte. Le fasi necessarie perché un bisogno sia soddisfatto costituiscono quello che in Gestalt viene chiamato ciclo di contatto o ciclo dell’esperienza. Paul Goodman ne individua quattro: pre-contatto, presa di contatto, contatto pieno, post-contatto.

1.Nel pre-contatto emergono le sensazioni corporee che segnalano la nascita di un bisogno. L’eccitazione cresce e va in figura.

2.Nella presa di contatto sensazioni ed emozioni definiscono in modo chiaro il bisogno che viene messo a fuoco e riconosciuto. Così, l’organismo si mobilita per andare verso l’ambiente a cercare l’oggetto della sua gratificazione, grazie ad un ulteriore aumento della tensione.

3.Nel contatto pieno tra l’organismo e l’oggetto si realizza il soddisfacimento del bisogno ed il culmine energetico.

4.Nel post-contatto l’esperienza fatta viene digerita ed assimilata. L’organismo gode dell’appagamento per ritirarsi verso una condizione di riposo, con la chiusura della Gestalt ed un ritorno al punto zero.

In ciascuna fase del ciclo vi è una eccitazione che garantisce l’energia necessaria per portare avanti l’esperienza fino al suo completamento. Se la persona non riesce a trovare in sé o nell’ambiente il sostegno adatto per entrare in contatto con l’esperienza, indipendentemente dal punto della curva in cui si trova, l’energia si blocca. Il processo resta intrappolato al livello di tensione corrispondente ed insorge l’ansia come sintomo.

La pressione interna mediante cui la situazione incompiuta reclama la sua conclusione può trasformarsi in una tensione psichica estenuante e sfociare in forme psicopatologiche talvolta gravi.

Goodman definisce cinque meccanismi di interruzione del ciclo di contatto:

Confluenza: l’eccitazione non si sviluppa poiché manca una chiara differenziazione con l’ambiente e la persona non è in grado di distinguere ciò che vive dentro di sé da ciò che proviene dall’esterno.

Introiezione: lo sviluppo dell’eccitazione viene interrotto da aspetti limitanti appartenenti all’ambiente che la persona assume come propri.

Proiezione: lo sviluppo dell’eccitazione si blocca mediante una disappropriazione di par t i di sé che vengono at t r ibui te all’ambiente. Al contrario dell’introiezione, è il sé ad invadere l’esterno come conseguenza del disconoscimento di vissuti, sintomi ed aspetti non tollerati e rifiutati.

Retroflessione: l’eccitazione diretta verso l ’ogget t o s i r i torce sul l ’organi smo impedendo il contatto per mezzo di un controllo degli impulsi e dell’espressione autentica dell’emozione. Oltre ai sintomi ans ios i pos sono compar i re s intomi psicosomatici e atti autolesionistici. La persona fa a sé ciò che vorrebbe fare agli altri.

Egotismo: il contatto si realizza ma si interrompe prima che l’esperienza possa essere pienamente goduta e assimilata. Un irrigidimento dei confini tra sé e l’ambiente impedisce l’interdipendenza e l’intimità con l’altro. I coniugi Polster e Silvia Crocker individuano altre due forme di interruzione:

•La deflessione: la persona riduce l’intensità del contatto distraendosi, distogliendo l’attenzione, modificando la postura, cambiando argomento.

•La proflessione: una combinazione di proiezione e retroflessione, per cui la persona fa agli altri ciò che vorrebbe che gli altri facessero a lei. Vi è una difficoltà a trattenere g l i i m p u l s i e a p r o c a s t i n a r e i l soddisfacimento dei bisogni.

Nella teorizzazione gestaltica l’individuo entra in contatto con la realtà attraverso tre funzioni: Es, Io e Personalità.

•La funzione Es riguarda il riconoscimento delle stimolazioni interne ed esterne che avviene nella fase del pre-contatto.

•La funzione Io corrisponde alla capacità attiva, propria della consapevolezza e del soddisfacimento dei bisogni, che si sviluppa nelle fasi di contatto e contatto pieno.

•La funzione Personalità è il modo in cui ci si rappresenta, in base alla propria storia e alle proprie esperienze. Riguarda in particolare l’assimilazione del post-contatto.

Queste tre funzioni definiscono il in quanto c a p a c i t à d e l l ’ i n d i v i d u o d i adattarsi creativamente al suo ambiente. Se danneggiate, l’esperienza naturale subisce un’alterazione e la realtà non può essere riconosciuta ed affrontata per quella che è. Nella forma psicotica dell’ansia, il contatto con la realtà è gravemente compromesso a causa di un disturbo significativo della funzione Es. Quando vi è una perdita della percezione dei confini tra sé e l’ambiente, ciò che accade all’esterno viene sperimentato come se accadesse all’interno.

L’esperienza dell’ansia e le sue forme

Le forme d’ansia si strutturano e si differenziano in base ai seguenti elementi: la durata, la presenza di stimoli scatenanti e la presenza di contenuti specifici.

Ne scaturiscono quattro quadri clinici:

1.: ansia generalizzata;

2.: disturbo ossessivo-compulsivo;

3.: attacco di panico:

4.: fobie.

Nell’ottica di focalizzare lo sguardo sull’esperienza ansiosa e sui nuclei profondi delle condizioni patologiche, si tralasceranno le categorie diagnostiche e nosografiche dell’indagine clinica in favore di una lettura fenomenologica del vissuto nelle varie condizioni ansiose.

L’ansia generalizzata si configura come un’ansia liberamente fluttuante. Le modalità con cui si esprime la rendono continuamente presente alla coscienza, a differenza di altre forme d’ansia, come l’ansia fobica e l’ansia panica, più tipicamente acute. Mentre in queste ultime la sintomatologia a livello somatico è molto intensa, nell’ansia generalizzata è più attenuata ma comunque manifesta. Possono comparire vertigini, tachicardia, tremori e disturbi del respiro. Si tratta di un’ansia che può avere dimensioni cliniche e pregnanza sintomatologica diverse, con una tendenza a dilagare nel corso del tempo e a pervadere ogni attività quotidiana. L’esperienza è permeata da un’ansia di attesa e dall’agonia per un futuro che, anticipato, infrange la speranza ed amplifica la sofferenza.

Le esperienze ossessivo-compulsive si manifestano per mezzo di un passato che si ripete nel presente senza che vi sia la possibilità di viverlo come concluso. L’esperienza è imprigionata nella ripetitività d i p e n s i e r i , imp u l s i o a z i o n i e nell’impossibilità di progettare il futuro. I pensieri ossessivi sono idee che si impongono nel campo della coscienza. L’ansia è elevata sia che si tenti di evitarle sia che ci si abbandoni ad esse. Vi possono essere parole, talvolta prive di senso, o calcoli aritmetici che si ripetono in una sfiancante escalation emozionale. Le azioni ossessive consistono in attività frenetiche ed inesauribili come il lavarsi le mani nel timore della contaminazione, il mettere in ordine gli oggetti perché non vi sia nulla fuori posto e il controllare in maniera ripetuta i rubinetti dell’acqua, le porte di casa e le manopole del gas. Azioni comuni che di sol i to non assumono par t icolare rilevanza nel vivere quotidiano ma che, nell’ambito delle esperienze ossessive, d i v e n t a n o d omi n a n t i l a s c i a n d o l’individuo esausto e divorato dall’ansia. In alcuni casi vi possono essere impulsi ossessivi volti a fare del male e a ferire fisicamente se stessi o gl i al t r i accompagnati da un’ansia devastante.

L’ansia panica irrompe in modo improvviso sconvolgendo una vita apparentemente normale in cui l’ansia, fino a quel momento, era solo sullo sfondo. Alcune volte, può manifestarsi secondariamente ad eventi traumatici. Nel volgere di alcuni minuti si assiste ad una rapida e imprevedibile lacerazione emozionale, apparentemente sganciata da motivi interiori o da fattori ambientali, cui si accompagna una scompensazione organica: tachicardia, senso di soffocamento, vertigini, aumento d e l l a t emp e r a t u r a , s u d o r a z i o n e , estraniamento da se stessi e dalla realtà. Lo spostamento che avviene dal piano soggettivo ed emotivo al piano somatico spinge in genere ad ipotizzare che alla base del disturbo vi siano cause organiche e conduce ad innumerevoli esami strumentali nel tentativo di trovarvi riscontro. In questo modo, la componente emozionale viene trascurata ed aumenta il rischio che un disturbo acuto si estenda nel tempo. L’ansia panica è caratterizzata da un’intensa inquietudine e da un senso di smarrimento, d a a l i e n a z i o n e e m o d i fi c a z i o n i spaziotemporali che sconvolgono gli orizzonti conoscitivi ed esperienziali. L’angoscia si condensa con la sensazione di una fine imminente mediante un meccanismo di anticipazione del futuro che attualizza, in un breve lasso di tempo, la catastrofe più temuta: il morire. L’angoscia del morire non è l’angoscia della morte. Non appartiene ad un futuro lontano ma insorge in modo improvviso come l’’Urlo’, notoriamente rappresentato nella famosa opera di Edvard Munch, derivante dall’impattare contro l’immagine della morte. Una morte che, quanto più ignorata e negata, tanto più temuta e intollerabile. A differenza delle crisi fobiche, in cui vi è il riconoscere e l’evitare lo stimolo che mette in moto l’ansia, nel panico l’esperienza è imprevedibile, oltre che inevitabile. L’ubiquità dell’angoscia assume la sua forma più estrema: ovunque si può es sere divorat i dal l ’esper ienza devastante della sensazione di morte imminente.

L’ansia fobica insorge in modo acuto dinanzi a stimoli specifici. L’esperienza f o b i c a è c o m p o s t a d a t r e a r e e sintomatologiche: anticipazione della situazione, risposta emozionale acuta che si mani festa con l ’esposizione al la situazione-stimolo e comportamenti di evitamento della situazione.

Il primo meccanismo è rappresentato dal timore di essere confrontati con la situazione, o l’oggetto, che scatena la reazione d’ansia. Si anticipa un qualcosa non ancora avvenuto ma che di fatto viene vissuto come già realizzato. Il secondo meccanismo consiste nella reazione ansiosa nei confronti della situazione-stimolo che determina il rebound emozionale nella sua forma più acuta. Aumentano salivazione e battito cardiaco, i muscoli delle gambe diventano flaccidi e le ginocchia si piegano. Non vi è possibilità di attraversare, ad esempio, una grande piazza o una strada molto ampia e gremita di gente (nelle agorafobie) e compare l’ansia di cadere, di perdere coscienza e di ritrovarsi indifesi. In altri casi, l’ansia fobica è legata agli spazi chiusi (nel le claust rofobie) e si accompagna alla sensazione di non avere via d’uscita. Vi sono altresì le fobie degli animali (zoofobie), le fobie sociali (sociofobie), la fobia di prendere l’aereo (aerofobia) e il timore di arrossire (eritrofobia). Quale che sia la modalità, l’esperienza fobica scatena la messa in atto di una serie di evitamenti della situazione che vanno dal fuggire dai luoghi avvertiti come emblematici al ricercare la compagnia di persone delle quali si ha fiducia fino al non uscire di casa. Tali strategie fanno sì che il disturbo sia accettato più facilmente di altri, nonostante alteri le abitudini limitando in modo significativo la libertà individuale.

La paura

Ansia e paura sono emozioni strettamente collegate tra loro ma differenti. Mentre l’ansia non ha riferimenti diretti con l’oggetto che la genera, la paura è sperimentata verso qualcosa di pericoloso nell’ambiente da affrontare o evitare. Se l’eccitazione derivante dalla paura viene repressa, come del resto accade per tutte le forme di eccitazione, insorge l’angoscia. Secondo Heidegger: “L’angoscia è fondamentalmente diversa dalla paura. Noi abbiamo paura sempre di questo e di quell’ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia. La paura di… è sempre anche paura per qualcosa di determinato (…). Certo, l’angoscia è sempre angoscia di… ma non di questo e di quello. L’angoscia di… è sempre angoscia per…, ma non per questo e per quello”.

La paura è un’emozione naturale indispensabile per la sopravvivenza, poiché segnala all’organismo la necessità di attivare le risorse necessarie per proteggersi da un pericolo specifico.

Quando perde la sua funzione naturale può divent a r e pa r a l i z z ant e e d indur r e un ripiegamento in sé stessi. Un ritiro dagli altri e dal mondo che può sfociare in solitudine sociale fino alla forma estrema dell’isolamento. In altri casi la paura viene rimossa, non viene vissuta poiché internamente inaccettabile, e compare sul piano comportamentale un’ostentazione di azioni controfobiche che espongono a rischi e pericoli.

Il tempo vissuto

Nell’ansia l’esperienza perde la sua naturale continuità, si interrompe, s’irrigidisce. Il tempo interiore crea vortici, s’affacciano sentimenti di colpa, paura, solitudine e morte.

Ciascuna delle tre dimensioni temporali – passato, presente e futuro – coesiste assieme alle altre, in una vorticosa accelerazione del tempo. Passato e futuro invadono il presente. Il passato non storicizzato oscura l’esperienza con i ricordi. Il futuro si spegne come tempo del possibile attualizzandosi nel qui ed ora di una anticipazione di eventi densa di inquietudini.

Nella domanda di S. Agostino: “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so più” si evince l’impossibilità per l’essere umano di definire il tempo la cui natura è soggettiva e risiede nella continuità interiore della coscienza. Il pensiero agostiniano marca una netta separazione tra il tempo vissuto ed il tempo dell’orologio e dà valore al presente come unico tempo esistente. Riprendendo tale intuizione, la fenomenologia di Husserl inaugura la visione del tempo come architettura strutturale della cos c i enz a umana e de l suo cont inuo presentificarsi. Il presente vivente è il vissuto che emerge nella immanente forma temporale della corrente della coscienza, costituito non dall’immagine del passato o dalle fantasie sul futuro, ma dalla vita vera e propria. In “Essere e tempo”, Heidegger concepisce il tempo come contingenza legata all’esserci. Per la visione esistenziale l’uomo è ciò che è come conseguenza delle sue scelte e può diventare qualsiasi cosa. Questa libertà di scelta, secondo Kierkegaard, comporta sia possibilità che angoscia: “l’angoscia è la vertigine della libertà”. Il contributo della fenomenologia di Husserl e dell’esistenzialismo di Heidegger costituiscono la matrice filosofica da cui partono la psichiatria fenomenologica, la psicoterapia della Gestalt e l’Analisi Transazionale.

Perls definisce l’ansia come “la lacuna tra l’ora e il poi”. L’individuo che vive i suoi desideri prevalentemente attraverso l’aspettativa del futuro vive in una realtà falsamente presente ma, a differenza di chi si rifugia nelle ruminazioni del passato, non è fissato su ciò che è perduto bensì su ciò che potrà accadere. Mentre il ricordo ha degli aspetti immutabili, l’anticipazione del futuro può assumere infiniti volti e cambiare in ogni modo concepibile. Ciò nonostante, nelle aspettative nevrotiche vi è una forma fissa nell’anticipare, una certa rigidità dettata dal piano di vita e dagli ideali introiettati. L’ansia fissa l’esperienza al passato e fa rivivere il futuro come una insondabi le r ipet izione. Le anticipazioni sono prive di vita poiché nella immutabilità non vi è né possibilità né vitalità. Gli eventi non vengono sentiti come propri, non vengono assimilati. L’immaginazione perde la sua funzione integrativa e diventa dissociativa.

L’alterazione del tempo vissuto impedisce di ancorare l’esistenza al tempo come fluire continuo di esperienze e procura una dolorosa lacerazione interiore. L’esperienza è trascinata in un turbinio di significati e di perdita di significati con articolazioni temporali diverse. Talvolta, si affaccia in modo imprevedibile la percezione di una incombente fine del mondo. Un rapido slittamento da una condizione di compensazione e m o z i o n a l e a d u n a c o n d i z i o n e d i scompensazione emozionale determina uno stato d’animo di morte imminente.

Nella vita, secondo Minkowski, si può procedere in due modi: andando verso l’avvenire e andando verso la morte. Il primo modo rappresenta quanto di pos i t ivo, grande ed infini t o ci s ia nell’avvenire, il secondo, quanto in esso ci sia di negativo e limitato. Si può essere governati ora dall’uno, ora dall’altro atteggiamento, oppure uno dei due primeggia sull’altro condizionando tutta l’esistenza. Nell’ansia la predominanza dei fattori della morte sull’avvenire è evidente nella improgettabilità del futuro e nell’angoscia del morire. Il tempo sembra sfuggire nel sentimento di “stare indietro” alla vita ed il presente diventa inafferrabile.

L’ansia procura inquietudine e smarrimento. Ogni cosa intorno a sé non è più familiare, persone e luoghi si fanno enigmatici e ambiguamente al lusivi . Si precipi ta in un’atmosfera di insicurezza e di estraneità in cui si affollano incessanti interrogativi alla ricerca di senso.

Alterazioni psichiche strutturali e funzionali

Le modificazioni dell’esperienza finora descritte consistono in anomalie delle strutture e delle funzioni psichiche. L’Analisi Transazionale offre una indagine ampia e accurata dei meccanismi intrapsichici sottesi alle manifestazioni sintomatiche e psicopatologiche, qui solo accennata in alcuni punti centrali utili ai fini del discorso.

In ‘Analisi Transazionale e psicoterapia’, Eric Berne definisce i l sintomo come “una manifestazione di un singolo e definito stato dell’Io, attivo o escluso che sia, anche se risulta da conflitti, accordi tali o contaminazioni fra diversi stati dell’Io”. In termini analitico-transazionali i disturbi d’ansia insorgono in presenza di un Adulto contaminato che utilizza modalità antiche e inadeguate per riconoscere ed affrontare la realtà che vive. Lo stato dell’Io Adulto è un insieme autonomo di pensieri, sentimenti e comportamenti adeguati alla realtà del momento. Lo stato dell’Io Genitore rappresenta l’insieme dei pensieri, dei sentimenti e dei comportamenti mutuati dalle proprie figure genitoriali di riferimento.

Lo stato dell’Io Bambino, l’insieme dei pensieri, dei sentimenti e dei comportamenti appresi durante la propria infanzia per rispondere all’ambiente. Genitore, Adulto e Bambino non sono concetti, come Super-io, Io ed Es per la p s i c o a n a l i s i , ma l e ma n i f e s t a z i o n i fenomenologiche dei rispettivi organi psichici: esteropsiche, neopsiche ed archeopsiche.

I disturbi d’ansia si manifestano in presenza di una doppia contaminazione dell’Adulto, proveniente sia dal Genitore che dal Bambino. I sintomi di inquietudine, apprensione costante, anticipazione catastrofica del futuro, per citarne alcuni, sono una valutazione neopsichica della realtà alterata da contenuti e processi contaminati. La doppia contaminazione esprime il conflitto tra il polo Genitoriale del messaggio svalutante di copione ed il polo Bambino del bisogno frustrato.

I messaggi di copione sono di tre tipi: ingiunzioni, controingiunzioni, programma.

Le ingiunzioni sono i messaggi ricevuti soprattutto per via non verbale e costituiscono delle limitazioni che condizionano fortemente la crescita e lo sviluppo fino a negare aspetti fondamentali per l’integrità della persona. Le ingiunzioni più distruttive incidono sul diritto ad esistere, ad avere le proprie caratteristiche fisiche e psichiche e minacciano la sopravvivenza. Citandone alcune: ‘non esistere’, ‘non essere te stesso’, ‘non crescere’, ‘non sentire’.

Le controingiunzioni sono i messaggi ricevuti in prevalenza per via verbale che inibiscono la spontaneità individuale stabilendo come si deve essere. Ad esempio: “devi essere buono ed obbediente”, “devi fare sempre la cosa giusta”, “devi nascondere i tuoi sentimenti altrimenti sei un debole”. I condizionamenti ad essere in un determinato modo vengono trasmessi anche mediante le cosiddette spinte che sono: ‘sii forte’, ‘sii perfetto’, ‘compiaci’, ‘sforzati’, ‘sbrigati’. All’origine degli episodi panici, ad esempio, vi è un meccanismo di negazione delle emozioni dovuto alla spinta ‘sii forte’, con relativo accumulo eccessivo di tensione e conseguente rilascio nella forma ansiosa esplosiva ed imprevedibile su descritta.

I programmi sono modelli che il genitore trasmette attraverso i propri comportamenti ed il proprio modo di vivere e che il bambino osserva ed apprende. Se ad esempio vi è un genitore che di fronte alle difficoltà si ritira dagli altri chiudendosi nel silenzio, il bambino può apprendere ad isolarsi quando soffre.

Il bambino opera delle scelte su quanto riceve dalle sue figure di riferimento e sviluppa i modi di pensare, sentire ed agire che più gli c o n s e n t o n o d i r i c e v e r e a t t e n z i o n e e riconoscimento. Quando i bisogni autentici sono frustrati dall’ambiente, la spontaneità lascia il posto a forme manipolative dirette a garantire la sopravvivenza ed il migliore adattamento possibile. Tali forme, conservate e reiterate anche in epoche successive, inibiscono fino ad invalidare talvolta in modo anche grave l’autonomia e la realizzazione della persona. Il concetto di copione in Analisi Transazionale riveste un ruolo centrale. Berne lo definisce come “un piano di vita basato su di una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva”. La decisione di copione presa sulla base di queste prime esperienze infantili, ad esempio “sarò sempre buono con tutti”, “me la caverò da solo”, “non sarò mai amato”, continuerà a condizionare l’esistenza finché non avverrà un cambiamento.

Le contaminazioni sono anomalie strutturali, in quanto appartenenti alla struttura di personalità e legate ai contenuti copionali. Tra le alterazioni a carico della patologia strutturale, oltre alle contaminazioni vi sono le esclusioni. Talvolta uno stato dell’Io può comportarsi da esclusore ed escludere gli altri due. L’atteggiamento in questo caso risulta stereotipato, prevedibile e costante per cui si parla di Genitore costante, Adulto costante, Bambino costante. Nell’esperienza terrificante degli attacchi di panico, i sentimenti di irrealtà, il senso di morte imminente e le modificazioni somatiche dipendono da una esclusione degli stati dell’Io Genitore e Adulto ad opera dello stato dell’Io Bambino. L’esperienza, sganciata dalla realtà esterna, viene dominata per intero dall’attività archeopsichica del Bambino e la persona, non trovando dentro di sé la rassicurazione e la protezione genitoriale, entra in uno stato di terrore. La presenza di un Bambino costante è l’elemento che, in termini di stati dell’Io, distingue l’ansia psicotica dall’ansia nevrotica.

L’Analisi Transazionale parla di patologia funzionale in riferimento alla distribuzione della carica energetica e alla permeabilità dei confini dell’Io. Tra gli stati dell’Io l’energia psichica circola in modo continuo. Lo stato dell’Io che, in un dato momento, è investito dalla maggior percentuale di energia assume il potere esecutivo e rappresenta il sé reale del soggetto. Secondo Berne, il grado di “malignità” dei sintomi dipende dalla distribuzione della carica energetica libera. Quando il “sé reale è l’Adulto” i sintomi appartengono ai fenomeni della psicopatologia della vita quotidiana. Quando invece il “sé reale è il Bambino” (Bambino costante), diventano parte dell’apparato psicotico. Alla base delle manifestazioni ansiose vi sono i processi intrapsichici responsabili delle reiterate contaminazioni e di quelle che Berne definisce “lesioni di confine”. I confini dell’Io funzionano come membrane dotate di una permeabilità altamente selettiva. Lesioni del confine tra Adulto e Bambino possono dar luogo a sintomi di confine qual i l ’ i r real tà, l’estraniamento, la depersonalizzazione. Mentre nell’irrealtà vi è un Adulto esautorato da un Bambino esclusore, nell’estraniamento il mondo esterno perde pienezza di significato a causa dell’esclusione del Bambino ad opera dell’Adulto. Nella depersonalizzazione vi è una valutazione distorta da parte del Bambino dei sintomi somatici. Tali distorsioni si comportano in modo egodistonico, vale a dire che l’Adulto le reputa incomprensibili. Se diventassero egosintoniche si trasformerebbero in deliri di modificazioni somatiche, per cui l’Adulto razionalizza tali fenomeni per correre in aiuto al Bambino.

I processi coinvolti nell’ansia patologica sono collegati al concetto di impasse che i Goulding definiscono come “un punto in cui si incontrano due o più forze contrapposte – un blocco”. Tale blocco origina da un conflitto tra Bambino e Genitore, nelle impasse di primo e secondo livello, e da un conflitto funzionale interno al Bambino, nella impasse di terzo livello. Le impasse sono rappresentazioni di processi arcaici e non integrati che si manifestano dunque quando l’insorgenza dei bisogni del presente attiva schemi di risposta copionali. I temi dell’impasse variano da persona a persona in base alla propria storia e agli elementi costitutivi del copione.

In conclusione, le condizioni ansiose sono la manifestazione di aspetti non integrati nella coscienza che chiedono attenzione, parti della realtà interna ed esterna che la persona tende ad escludere, negare, rifiutare. Sono portatori di un messaggio esistenziale che segnala la necessità di superare gli adattamenti disfunzionali e copionali per rispondere ai bisogni del qui ed ora.

Il trattamento

L’angoscia interessa ogni psicoterapia in quanto condizione esistenziale che appartiene ad ogni individuo (angoscia esistenziale) ed in quanto sintomo basilare di ogni disagio clinico (angoscia nevrotica). Talvolta presente in figura, talvolta sullo sfondo. In “Teoria e pratica della terapia della Gestalt” di Perls, Hefferline e Goodman, l’angoscia viene definita come “il sintomo nevrotico per eccellenza”.

Di seguito saranno esposte alcune modalità di intervento nel trattamento dei disturbi d’ansia, secondo un approccio integrato di psicoterapia della Gestalt e Analisi Transazionale.

Sbloccare l’eccitazione creativa

Quando l’energia è bloccata la persona non può più disporre delle sue risorse e vive un senso di impotenza che può diventare angoscia, disperazione, terrore. Nella misura in cui l’ansia patologica consiste in un blocco dell’eccitazione, la terapia assume la finalità di liberare questa energia, ovvero trasformare l’eccitazione bloccata in eccitazione disponibile e creativa per i l s o d d i s f a c i m e n t o d e i b i s o g n i e l’auotorealizzazione.

Nella psicoterapia della Gestalt il terapeuta offre alla persona il sostegno necessario per fronteggiare le situazioni che vive ma al tempo stesso la scuote a scoprire in sé le risorse per gestire il contatto e l’esperienza. L’autosostegno è lo scopo ultimo dell’intervento, ciò che in Analisi Transazionale prende il nome di autonomia, come raggiungimento della capacità di rispondere in modo soddisfacente alla realtà attuale, al di fuori del copione.

Il paziente è guidato a smettere di impiegare le modalità di evitamento e distrazione dal contatto ed a confrontarsi con la propria creatività. Le tecniche repressive ed espressive possono essere considerate la mano destra e la mano sinistra del terapeuta. Con le prime si interviene per inibire i processi di concettualizzazione e razionalizzazione, che allontanano dal vissuto emotivo e corporeo (intornismo), e l’adesione ai ‘devi’ introiettati, che stabiliscono come si deve essere (doverismo). Con le seconde, si può chiedere ad esempio al paziente di esagerare e ripetere più volte un’espressione, un gesto, un movimento, affinché si riappropri di quella parte di sé. Ogni tecnica espressiva consente di far emergere alla consapevolezza aspetti dissociati e pertanto svolge anche una funzione integrativa. L’integrazione della personalità si completa attraverso interventi più specificamente diretti a tale scopo con la nota tecnica delle due sedie. Quando vi sono aspetti non riconosciuti, rifiutati e proiettati sull’ambiente, si lavora affinché quanto messo fuori ed alienato, giudicato e temuto, possa essere visto come proprio, tollerato internamente ed assimilato. La persona, bloccata in un conflitto intrapsichico irrisolto, è imprigionata nell’angoscia e nella strettoia del non trovare soluzioni se non quelle che sta operando attraverso i meccanismi con cui si interrompe. Per risolvere tale conflitto, il terapeuta guida e sostiene il paziente a identificarsi con ciascuna delle due parti coinvolte e ad attivare tra le stesse un dialogo, affinché possa contattarle entrambe, integrarle e vivere l’esperienza fino a quel momento irrealizzabile.

Il sintomo è dunque l’esito del processo di evitamento esercitato sulle parti di sé disconosciute, rifiutate, vissute come proibite, emotivamente insostenibili. È il modo che la persona utilizza per rispondere al conflitto non risolto, ad una situazione incompiuta che reclama attenzione. Rappresenta interruzione di vitalità ed al tempo stesso espressione di vitalità, manifestazione del problema e tentativo di risolverlo insieme. In quest’ottica, il processo terapeutico è diretto ad integrare il sintomo, non ad eliminarlo. L’identificazione, in quanto opposto dell’alienazione, serve a portare energia e attenzione, a rendere possibile il contatto. Chiedere ad esempio al paziente di “diventare il suo sintomo”, la sua ansia, il suo senso di oppressione in petto, la sua vertigine, consente di far emergere il significato profondo ed il messaggio in esso nascosti, le emozioni inespresse e i bisogni frustrati. Permette di dare volto e voce alla sofferenza, di scoprire l’ignoto dell’angoscia. Trasformare l’invisibile, chiuso nell’isolamento dell’interiorità, talvolta inabissato ed inaccessibile, in qualcosa che può essere visto, rivelato, espresso. Con l’emergere dell’emozione intrappolata nel sintomo, può affacciarsi un dolore mai provato, la sofferenza di un passato ancora vivo nel presente. Il terapeuta sostiene questa sofferenza, in modo che il paziente possa viverla pienamente, con il permesso a sentire ogni emozione. Quando perde la sua funzione, il sintomo non ha più ragione di manifestarsi e regredisce.

In Analisi Transazionale si parte da un primo lavoro di energizzazione dell’Adulto mediante la decontaminazione. Si tratta di un processo cognitivo ed emotivo mediante il quale la persona diventa consapevole che il materiale ritenuto dell’Adulto appartiene in realtà al Genitore e al Bambino. Riconoscere gli elementi contaminati della propria personalità risulta fondamentale per scoprire vissuti e risorse congruenti con quanto si vive nel presente. Questa fase della terapia riguarda la patologia strutturale ed è diretta al controllo sociale del sintomo, ovvero allo sviluppo di un Adulto funzionante. Si configura pertanto come i n t e r v e n t o p i ù c omp o r t ame n t a l e c h e psicoanalitico, a differenza della fase successiva di deconfusione.

Liberare il presente dai condizionamenti del passato

La psicoterapia della Gestalt e l’Analisi Transazionale, entrambe di matrice psicoanalitica ed appartenenti al filone delle psicoterapie umanistiche, basano i loro principi sulla fiducia nel potenziale creativo e autorealizzativo dell’uomo. La persona possiede già le risorse per affrontare la vita, tuttavia si blocca nella ripetizione di atteggiamenti appartenenti ad epoche precedenti ed inadatti nel presente. L’intervento integrato di queste due forme di psicoterapia consente di individuare i condizionamenti del passato sulle manifestazioni e strutture presenti delle sensazioni, delle emozioni, dei pensieri e del comportamento. L’attenzione, dunque, è rivolta sia al livello osservabile e comportamentale sia al livello intrapsichico e delle strutture di personalità.

La realizzazione dell’autonomia implica l’abbandono delle modalità infantili e dipendenti che, se da un lato frustrano i bisogni attuali limitando il presente, dall’altro offrono una protezione illusoria rispetto ai rischi collegati all’assumersi la responsabilità di sé stessi e della propria vita. Il superamento del copione passa attraverso una rielaborazione dei conflitti antichi verso nuove e più appropriate ridecisioni. L’operazione analitico-transazionale della deconfusione sopra accennata, che viene applicata in una fase avanzata della terapia, risulta fondamentale per la risoluzione dei conflitti funzionali interni al Bambino e per il cambiamento delle decisioni di copione. Nei disturbi d’ansia il funzionamento è sotto il controllo prevalente dell’archeopsiche, per cui diventa necessario riposizionare la neospiche alla guida della persona.

In una modalità sperimentale di tipo gestaltico, il terapeuta guida la persona a scoprire quali sono le eccitazioni che si impedisce e a trovare modi appropriati per rispondervi. Secondo Perls, a determinare la coazione a ripetere è il tentativo reiterato di chiudere la Gestalt incompiuta, non l’esperienza traumatica di per sé, come riteneva Freud. Allo stesso modo, ad inibirla è un atto deliberato presente. Rivivere la scena antica consente di entrare in contatto con il bisogno frustrato, di accogliere l’emozione, nella sua natura e nella sua forza, e farla fluire. Man mano che il paziente diventa consapevole di come manipola l’ambiente, non per soddisfare i suoi bisogni attuali ma nel tentativo di riparare un’antica ferita, rilegge tutta la sua vita come un copione che si ripete con la medesima finalità. Appare chiaro ai suoi occhi il reiterarsi delle esperienze infantili nelle forme fisse e rigide con cui anticipa un futuro spento e privo di speranza. Diventa consapevole che se resta attaccato al passato, ormai perduto ed immutabile, non può vivere il presente con tutte le sue potenzialità ed il futuro come dimensione temporale del possibile. Può emergere così l’accettazione di ciò che è stato e l’attenzione a ciò che c’è oggi.

Sviluppare la presenza e trasformare il vuoto

I disagi psichici ed in modo specifico le forme d’ansia rappresentano una impossibilità a stare nel presente, per cui diventa necessario lo sviluppo della presenza.

La psicoterapia della Gestalt si fonda sul principio del qui e ora come unica realtà esistente ed unica dimensione in cui l’individuo può autor e a l i z z a r s i . Pe r t anto, r i sul t a particolarmente efficace nella cura delle condi z ioni ans ios e . I l cont inuum di consapevolezza è la tecnica con cui il terapeuta applica il principio della presenza e rappresenta per la Gestalt ciò che le libere associazioni rappresentano per la psicoanalisi. Il nevrotico, che per definizione ha difficoltà a sperimentare sé stesso, tende ad interrompere di continuo il contatto con ciò che emerge momento per momento nel flusso continuo della coscienza. Durante questa pratica affiorano i conflitti tra i bisogni dell’organismo da una parte e la considerazione delle aspettative e delle reazioni altrui dall’altra. “Sii te stesso” è un invito che può procurare angoscia per la paura del vuoto. Il paziente è chiamato ad affrontare la sua libertà e ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. La presenza è principio di terapia e guarigione. Chi è consapevole ed esperiente nel qui e ora non è prigioniero né dei ricordi del passato né delle fantasie sul futuro, accoglie e vive lo scorrere spontaneo ed ininterrotto dell’esperienza.

Secondo il filosofo Friedlander, che ha influenzato il pensiero di Perls, i comportamenti sono “l’espressione di una dialettica spontanea che si manifesta nel presente” cui dà il nome di indifferenza creativa. La spontaneità creativa risiede nella intenzionalità ad equilibrare le polarità opposte che, per la tendenza naturale dell’organismo a raggiungere l’equilibrio, non sono entità stabili ma provvisorie ed in continuo adattamento. Tali entità sono i fenomeni. Se si lasciano andare le presenze disturbanti dal campo della coscienza ci si può riappropriare dello stato di pace dell’indifferenza creativa noto come vuoto fertile. Si tratta del vuoto da cui nasce il nuovo, da cui può emergere qualsiasi figura ed in cui risiedono le possibilità del futuro. La terapia gestaltica si pone il compito di rendere possibile l’esperienza del vuoto e di trasformare il vuoto sterile in vuoto fertile. Per riconoscere ciò che si è e la realtà per quella che è, è necessario dunque passare per l’assenza, imparare a tollerare il vuoto.

Bibliografia

A.A.V.V., (2020). Analisi transazionale per i disturbi ansiosi in adolescenza. Dietro ogni ansia si nasconde una storia. Franco Angeli, Milano.

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