Oltre l’immagine. Il coraggio di essere sé stessi
“Se essere è la vita, perché ne abbiamo così paura? Perché ci è così difficile ‘lasciarci andare ed essere soltanto’?” (A. Lowen). La società in cui viviamo attribuisce all’immagine un ruolo centrale nell’affermazione di ogni individuo. Sin da piccoli impariamo a sacrificare ciò che siamo per ricevere approvazione. E, così, finiamo con il perdere contatto con noi stessi, per vestire i panni di un personaggio e indossare una maschera.
La perdita di autenticità
Il bambino, nell’entrare in relazione con le persone significative della sua vita, baratta il proprio essere autentico in cambio di attenzione e riconoscimento. In base ai messaggi che riceve, verbali e non verbali, su come deve e non deve essere, inizia ad escludere le parti di sé indesiderate. Ed apprende a manipolare l’ambiente, in modo da ottenere ciò che gli occorre per sopravvivere.
Se per esempio riceve come messaggio “devi essere il migliore”, impara che per essere amato deve superare gli altri. Che non è accettato così com’è, ma in funzione di una riuscita. Inevitabilmente il senso di sé ne sarà condizionato. Potrà costruirsi una immagine di sé “vincente” e grandiosa, con una esclusione dei propri limiti e delle proprie carenze. Oppure una immagine di persona “perdente”, non all’altezza delle situazioni e della vita. La prima riempirà il vuoto interiore, gli darà l’illusione di autonomia e totale controllo. La seconda, invece, lo farà sentire mancante, non degno, impotente. In entrambi i casi, vi sarà una svalutazione di qualche aspetto, con una perdita di sé.
L’immagine come inganno, per sé stessi e per gli altri
Ciò che durante l’infanzia ha rappresentato il miglior adattamento possibile, in epoche successive diventa una struttura limitante. L’adulto che non ha sviluppato una adeguata autonomia, per attirare l’altro a sé, ricorre alle stesse modalità manipolative acquisite durante l’infanzia. Ma poiché l’amore è una espressione di calore e affetto spontanea, non può essere estorto, né ottenuto con l’inganno. Questo circolo vizioso che si crea, non fa che confermare la convinzione di non poter essere amati e renderla reale.
L’identificazione con l’immagine costruita ostacola la consapevolezza e la realizzazione di sé. Quando la persona non si riconosce, adotta scelte e comportamenti che non rispondono ai suoi bisogni autentici. Questa scissione dalla propria natura fa sì che l’immagine venga assunta come un riferimento assoluto, senza il quale ci si sentirebbe persi e persino niente. Allora la perdita dell’immagine viene vissuta con terrore, equiparabile a un “non esistere”.
La protezione del limite e il rischio del coraggio
Il confronto con il limite è necessario. Scoprire che non è possibile realizzare i propri desideri attraverso la manipolazione dell’altro manda in crisi l’immagine che si ha di sé stessi. Un passaggio evolutivo necessario, sebbene doloroso, in quanto consente un’esperienza esistenziale meno onnipotente e, quindi, più vera.
D’altra parte, occorre maturare un permesso interno, laddove invece ci sono divieti e impedimenti, ad essere come si è. Il “sii te stesso” libera dall’immagine ma confronta con gli aspetti propri percepiti come negativi, con la responsabilità verso di sé, gli altri e la vita. Fa paura. Tuttavia, crescere implica il lasciar andare l’identità rigida, con i suoi aspetti fissi e immutabili, e la protezione, illusoria, che offre la dipendenza. Ci vuole coraggio, per essere sé stessi.
L’importanza di riconnettersi al corpo e il ritorno a sé
L’immagine è l’opposto dell’esperienza corporea. Per riappropriarsi di tutto il proprio essere, riconnettersi al corpo risulta fondamentale e non solo: assume un significato profondo. E’ trovare la strada di casa per tornare a sé. Risvegliare la propria natura. Corpo non come culto dell’immagine, né come oggetto altro da sé. Corpo in quanto parte di sé autentica, luogo del sentire e dell’esserci.
Quando ci si accetta pienamente, il sé può essere vissuto come un insieme armonico, in continuo dialogo e adattamento creativo con il proprio ambiente. Ogni percorso di crescita o guarigione ha questo fine. Perché, sebbene sia convinzione diffusa che cambiare significhi diventare altro da ciò che si è, il vero cambiamento consiste, al contrario, nel ‘diventare sé stessi’.