La fratria nelle famiglie con minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico: spunti di riflessione
di Emanuele Mingione
Nel presente articolo sono riportati alcuni spunti di riflessione sull’importanza di p o r r e a t t e n z i o n e s u l l o s t r e s s psicoemotivo vissuto dalla fratria di minori disabili in base all’esperienza clinica svolta dall’equipe multidisciplinare del Nucleo di II Livello di NPIA del Distretto 12 dell’ASL CE (1). Nello specifico, è stato preso in esame quanto riferito da coppie genitoriali di bambini ed adolescenti con la diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico rispetto agli altri figli presenti in famiglia. Il lavoro svolto attraverso colloqui, interviste e test specifici ha messo in evidenza la necessità di fornire a questi genitori non solo delle corrette i n f o r m a z i o n i s u l l a g e s t i o n e psicoeducativa del figlio o dei figli con disabilità ma anche suggerimenti per un adeguato supporto emotivo agli altri membri presenti nel sistema familiare. In particolar modo, tale esigenza è risultata importante nei casi in cui la scoperta della patologia del minore e la sua quotidianità hanno generato un “blocco” sul versante comunicativo-relazionale generale tra le varie figure, portando a disfunzionalità anche piuttosto rischiose, con l’attivazione da un lato di conflitti, dall’altro di vere e proprie sensazioni abbandoniche da parte degli altri figli presenti.
Introduzione
Con il termine fratria, in ambito della psicologia della famiglia, si intende la presenza di fratelli nel nucleo familiare. Fratelli che rappresentano una valida risorsa per la crescita psicoemotiva della persona. La relazione nel sottosistema figli si basa su di una spazialità di ruolo e gerarchia orizzontale rispetto alla verticalità del rapporto con i genitori. Inoltre, la dimensione temporale rende speciale tale relazione basandosi su di una maggiore continuità, garantita da una vicinanza di età tra i membri e da una prospettiva di condivisione della vita insieme superiore rispetto ai propri padri ed alle proprie madri. Naturalmente all’interno della fratria agiscono numerose variabili, tra cui l’unicità di ogni individuo, l’ambiente esterno e l’ambiente familiare, che potrebbero portare a crepe e fratture nell’equilibrio delicato di questo rapporto. Ad esempio, l’assenza dei genitori potrebbe permettere ai fratelli di instaurare un rapporto molto profondo, oppure, al contrario, la rigidità genitoriale, o la triangolazione di un genitore su un fratello, potrebbe portare i fratelli ad allontanarsi e a non essere un sostegno l’uno per l’altro.
Cosa accade, però, quando un fratello o una sorella, o più di essi, sono affetti da una patologia del neurosviluppo molto invalidante sul versante comunicativo-relazionale come il Disturbo dello Spettro Autistico? Come cambiano gli assetti familiari allo stato attuale e rispetto alla progettazione del domani? Diverse ricerche internazionali e l’esperienza diretta con tali famiglie offrono spunti sui quali riflettere che evidenziano l’importanza di una presa in carico globale dell’intero sistema, dando opportunità di confronto a tutti gli attori coinvolti.
La fratria nelle famiglie con minore affetto da Disturbo dello Spettro Autistico
Molte ricerche sulla fratria rispetto al Disturbo dello Spettro Autistico si sono concentrate sui fattori genetici e biologici della patologia. Infatti, per quel che riguarda la familiarità del disturbo gli studi sui gemelli hanno fornito dati molto suggestivi. In particolare, è stata segnalata una concordanza, fra gemelli monozigoti, variabile dall’86% al 92%. Nei gemelli dizigoti, la concordanza sarebbe di circa il 26%. Nei fratelli non gemelli, invece, l’incidenza sarebbe di circa il 2%, con un rischio 100 volte superiore a quello stimato nella popolazione generale (0,02%) (2).
Altri studi sulle fratrie hanno, invece, dimostrato che tra il 3 % ed il 5 % dei casi, un altro/un’altra fratello/sorella presenta delle anomalie “nello spettro dei disturbi autistici”, se uno dei membri della famiglia ne è affetto (3) (4).
Attualmente, un certo numero di cromosomi ha attirato l’attenzione di molti studi scientifici (il 2, il 13, il 15 e il 17), anche se i ricercatori sono concordi nel pensare che non vi è un unico gene responsabile dell’autismo, ma che ve ne siano diversi ad interagire fra di loro.
Oltre agli studi genetici, molte indagini si sono focalizzate sugli aspetti emotivi e sociali riguardanti la fratria e la disabilità. Numerosi ricercatori hanno avanzato l’ipotesi che le criticità comportamentali del Disturbo dello Spettro Autistico influenzino l’intero nucleo familiare, così che la fratria del bambino con autismo presenti maggiori possibilità di sviluppare dei problemi d’adattamento sociale (5) (6). In generale, molti lavori si sono incentrati sul capire se avere un fratello o una sorella con autismo porti a delle conseguenze negative sullo sviluppo psicosociale, provando a rilevare se la convivenza con uno o più soggetti con questa patologia possa avere effetti sulla struttura della personalità, dell’identità sociale e delle competenze relazionali dei membri della fratria.
I disturbi prevalenti nell’autismo come difficoltà della comunicazione verbale e n o n v e r b a l e , p r o b l e m a t i c h e nell’interazione sociale, interessi limitati, difficoltà d’adattamento sociale, comportamenti stereotipati, sono le sfide adattative con le quali si devono rapportare e confrontare le fratrie. Fratelli e sorelle, infatti, devono affrontare l’insieme di questi comportamenti, cosa che presuppone dei cambiamenti all’interno del nucleo familiare (7). Ma se da un lato numerose ricerche, in tale ambito, hanno dimostrato che le fratrie sono soggette a problemi d’adattamento, altre non hanno messo in evidenza alcuna differenza tra le fratrie di bambini con autismo e quelle di bambini senza handicap o affetti da sindrome di Down (8) (9).
Durante il lavoro svolto dall’equipe multidisciplinare del Nucleo di II livello dell’ASL CE, in diversi colloqui ed interviste è emerso che molti genitori di bambini con disabilità sentono la necessità di fornire uno spazio di ascolto incentrato sulla gestione degli aspetti psicoemotivi dei figli “normotipici”. Sono state, infatti, riportate esperienze di disagio nella condivisione degli ambienti familiari, vissuti di gelosia o di abbandono rispetto alle figure genitoriali, sensazioni di vergogna, difficoltà di accettazione della malattia del proprio familiare o anche angoscia per il proprio futuro in quanto designati come caregiver a vita.
Si precisa che in molti casi si è consigliato ai genitori di avviare un vero e proprio percorso psicoterapeutico con la presa in carico dell’intero sistema familiare.
Al contempo è giusto evidenziare che in molti racconti dei genitori è stato sottolineato e rilevato il ruolo importante svolto dalla fratria. In particolare, si è riscontrato che in diverse situazioni fratellini o sorelline “sani” hanno svolto il ruolo da “traino”, modello e stimolo per i bambini con autismo, aiutandoli nell’acquisizione di piccole competenze, specialmente durante la condivisione del gioco.
Altra riflessione nata dal confronto con queste famiglie nel corso delle attività svolte dall’equipe multidisciplinare è l’idea di raccomandare e suggerire la partecipazione a gruppi di supporto specifici alla ricerca di uno scambio informativo ed esperienziale.
In America, i gruppi di supporto dei f r a t e l l i sono s t a t i s v i l u p p a t i e implementati da medici e psicologi al fine di tentare di affrontare alcuni dei bisogni psicosociali unici dei fratelli di bambini con Disturbo dello Spettro Autistico (10). Si ritiene che i fratelli di bambini con autismo, in particolare, si confrontino con sfide uniche oltre a quelle sopra descritte. Diversi studi hanno riportato una maggiore emotività e/o problemi comportamentali nei fratelli di bambini con autismo rispetto a fratelli e sorelle di bambini con un’altra disabilità o senza disabilità (11). Di conseguenza, i gruppi di supporto per i fratelli di bambini con autismo possono risultare necessari e preziosi. I gruppi di supporto dei fratelli riportati nella letteratura clinica condividono diverse somiglianze. Molti degli obiettivi di questi gruppi includono il fornire informazioni sulle disabilità per migliorare la comprensione dei fratelli, discutere i problemi incontrati e i modi adattivi per affrontarli e incoraggiare i fratelli ad esprimere i sentimenti riguardanti l’avere un fratello/sorella con questo tipo di disabilità. Alcuni studi di settore, nati per verificare l’efficacia di questi gruppi di sostegno, nonostante le d i f f e r e n z e me t o d o l o g i e p e r l a valutazione, in generale, hanno riportato miglioramenti nella conoscenza delle disabilità dei fratelli, una maggiore autostima e interazioni più positive tra il fratello e il bambino con la disabilità (12) (13) (14).
Conclusioni
Il lavoro che si è svolto e che si sta svolgendo con le famiglie di minori con il Disturbo dello Spettro Autistico ha fatto emergere il bisogno di trovare per i fratelli e le sorelle di questi bambini uno spazio in cui potersi confrontare e in cui poter raccontare ed elaborare i propri vissuti emotivi rispetto alla patologia, ma anche uno spazio in cui poter ricercare un nuovo equilibrio personale, familiare e sociale. Infatti, se da un lato è importante fornire le corrette informazioni circa gli aspetti peculiari di tale disturbo, dall’altro è necessario concentrarsi sugli aspetti comunicativi-relazionali sia all’interno del contesto familiare di appartenenza sia all’esterno nel microcosmo sociale in cui si è inseriti, al fine di garantire la costruzione di una rete di supporto salda che possa accompagnare la crescita individuale e la crescita del proprio fratello/sorella affetto da tale disabilità.
Note
1 Luana Sergi, Neuropsichiatra Infantile e Referente del Nucleo di II livello del ASL CE; Emanuele Mingione, Psicologo-Psicoterapeuta; Benedetta De Rosa, Psicologa (Tirocinante); Viviana Natale, Logopedista; Laura Aveta, Neuropsicomotricista. 2 Militerni R.: Neuropsichiatria Infantile, V edizione, Idelson-Gnocchi, Napoli, 2015. 3 Szatmari P.: Genetics of autism: overview on new directions, Journal of Autism and Developmental Disorders, 28, 351-368, 1998. . 4 Tomblain J.B.: Autism and autism risk in siblings of children with specific language impairment, International J o u r n a l o f L a n g u a g e a n d Communication Disorders, 38 (3), 235-250, 2003. 5 K ami n s k y L . , D e w e y D . : Psychosocial adjustement in siblings of children with autism, Journal of Child Psychology and Psychiatriy, 43 (2), 225-232, 2002. 6 Rodrigue J. R., Geffken G. R., Morgan S. B.: Perceived competence and behavioral adjustment of siblings of children with autism. Journal of Autism and Developmental Disorders, 23, 665-674, 1993. 7 Morgan S.B.: The autistic child and family functioning: A developmental-family system’s perspective, Journal of Autism and Developmental Disorders, 18, 263-280, 1988. 8 Fisman S., Wolf L., Ellison D., Gillis B., Freeman T., Szatmari P.: Risk and protective factors affecting the adjustment of siblings of children with chronic disabilities. Journal of the Amer ican Academy of Chi ld and Adolescent Psychiatry, 35, 1532-1541, 1996. 9 Bagenholm A. , Gi l lberg C. : Psychosocial effects on siblings of chi ldren wi th aut ism and mental retardation: a population-based study, Journal of Mental Deficiency Research, 35, 291-307, 1991. 10 Smith T., Perry A.: A Sibling Support Group for Brothers and Sisters of Children with Autism, Journal on Developmental Disabilities,11,1, 2005. 11 Gold N.: Depression and social adjustment in siblings of boys with a u t i sm. J o u r n a l o f Au t i s m a n d Developmental Disorders, 23, 147-163, 1993. 12 Evans J., Jones J., & Mansell I.: Supporting siblings: Evaluation of support groups for brothers and sisters of children with learning disabilities and challenging behaviour. Journal of Learning Disabilities, 5, 69-78, 2001. 13 Lobato D.: Brief Report: Preschool siblings of handicapped children – impact of peer support and training. Journal of Autism and Developmental Disorders, 15, 345-350, 1985. 14 Lobato D. J., Kao B. T.; Integrated sibling-parent group intervention to improve sibling knowledge and adjustment to chronic illness and d i s a b i l i t y. J o u r n a l o f Pe d i a t r i c Psychology, 27, 711-716, 2002.
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