Le comunità virtuali quali risorse per i rapporti sociali durante l’Emergenza Sanitaria COVID-19

di Francesca Dicè

da Psicologinews Scientific

comunità virtuali covid19

Negli ultimi mesi, l’emergenza legata alla pandemia da COVID-19 ha comportato, c o m ’ è n o t o , u n ’ i m p o r t a n t e compromissione dei rapporti sociali, con notevoli costi sul piano piano psichico, L’isolamento forzato, infatti, insieme ai molteplici vissuti di angoscia legati alle preoccupazioni per la pandemia (soprattutto sanitarie ed economiche), ha contribuito a generare quella che l’OMS ha descritto come pandemic fatigue (WHO, 2020; Coffey et al., 2020; Niemi et al., 2020). Si tratta di una serie di sintomi psicologici ascrivibili a stati di ansia, agitazione, umore basso, rabbia, triste ed irrequietezza (WHO, 2020), naturalmente aggravati dalla mancanza di socialità, alla quale la maggior parte delle persone (in particolare gli adolescenti) hanno tentato di rimediare ricorrendo a canali di comunicazione multimediale.

È opinione diffusa che essi, nonostante siano utili ad agevolare l’interazione fra persone lontane, difficilmente possono garantire anche lo scambio delle dinamiche affettive che veicolano le loro relazioni. Ciò non è sempre vero: nel corso degli ultimi anni, infatti, si sono largamente diffuse le comunità virtuali (Reid, 1991; Dicé, 2016), composte principalmente da adolescenti e giovani interessati ad uno specifico argomento. Esse sono un fenomeno assai dilagante, grazie al quale gli utenti interagiscono tra loro attraverso forum, Social Network o i programmi di messaggistica istantanea. Ormai non si può più negare che questo tipo di interazioni costituisca una vera e propria rete sociale (Tosoni 2004; Kang et al, 2013; Huxhold et al, 2013; Stuart et al., 2012), alla quale si può partecipare avvalendosi della propria identità reale o ricorrendo a degli pseudonimi (nickname) e ad immagini di riferimento (avatar), e v i t a n d o , p o t e n z i a lme n t e , o g n i collegamento con la realtà fisica dei partecipanti (Tosoni 2004; Kang, 2013; Dicé, 2016). La possibilità di costruire una nuova identità in ambito virtuale trova spesso una declinazione nella partecipazione, soprattutto da parte degli adolescenti, alle piattaforme virtuali che ospitano gli scenari dedicati ai giochi di ruolo (Tosoni 2004; Park et al., 2011; King et al. 2013), in cui i giocatori assumono l’identità di un personaggio, in un’ambientazione narrativa, che può ispirarsi ad un romanzo, ad un film, ad una qualsiasi fonte creativa, storica o di pura invenzione (Grouling 2010; Sacco, 2010; Schick, 1991; Tychsen, 2006; Dicé, 2016).

In passato, l’uso massivo di queste comunità virtuali hanno destato grande preoccupazione n e l l a comunità scient ifica, poiché indubbiamente agevolavano la tendenza all’evitamento dell’esperienza sociale da parte dei soggetti a rischio. Durante la crisi pandemica, invece, tali comunità si sono r i v e l a t e l ’ u n i c a p o s s i b i l i t à d i mantenimento (o addirittura di creazione) di relazioni sociali e, talvolta, anche affettive; il gioco di ruolo online, invece, si è rivelato l’unica possibilità di ricorrere a modelli identificativi ai quali puntare, attingendo a personaggi della letteratura o del cinema, contribuendo così allo sviluppo della loro identità adulta.

Credo che queste questioni siano molto importanti per la nostra professione. Il lavoro psicologico infatti, soprattutto quello con gli adolescenti, può sempre più guardare a queste esperienze sociali con apertura ed interesse, considerando lo spazio virtuale come una possibilità (in mancanza di altro) di usufruire di uno spazio prossimale in cui crescere ed evolversi. I ragazzi vanno sicuramente guidati nel comprenderne limiti e risorse per la loro salute psichica, ma senza indugiare in atteggiamenti valutativi che rischierebbero di solo allontanare l’incontro clinico. È infatti possibile che tali tipologie di interazione possano p e r p e t u a r e , ma g a r i i n ma n i e r a predominante, nei primi tempi successivi la fine dell’emergenza pandemica, e che il ritorno alle relazioni sociali in presenza possa necessitare di un fisiologico tempo di riadeguamento prima di verificarsi nella sua interezza.

Credo anche che sia fondamentale sostenere i genitori nella gestione delle loro giuste preoccupazioni per questi comportamenti, in particolare per le interazioni con persone sconosciute ed il talvolta prolungato indugiare davanti ai d i s p o s i t i v i e l e t t r o n i c i . I l l o r o comprensivo monitoraggio non può risolversi in controlli invasivi ed autoritari (requisizione del dispositivo, accesso di nascosto agli account) che rischiano di causare solo l’insorgenza di dinamiche conflittuali che minino dolorosamente alla relazione familiare. È opportuno che tali comportamenti vengano adeguatamente monitorati dal mondo adulto poiché, in presenza di condizioni emozionali delicate o strutture di personalità fragili, possano degenerare in stati psicopatologici o, comunque, poco utili al benessere psichico e sociale dell’adolescente. Sarebbe importante però porsi in una posizione di ascolto e di osservazione, al fine di identificare l’effettiva connessione dei rapporti virtuali ad eventuali segnali di disagio emotivo dei ragazzi.

È fondamentale inoltre, per noi psicologi, creare approfonditi spazi di scambio dialogico su di essi al fine di stemperare l a p r e s e n z a d i p r e o c c u p a z i o n i esclusivamente dovute ad una mancanza di comprensione delle nuove realtà relazionali degli adolescenti (Dicé, 2016).

Bibliografia

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