Le Dipendenze Tecnologiche
di Aldo Monaco
Oggi, più o meno tutti, abbiamo un rapporto diretto con i mezzi tecnologici. C’è chi chiede ad Alexa come preparare la panna da cucina, chi deve connettersi con Skype per vedere la fidanzata a migliaia di chilometri, chi cerca informazioni per una ricerca universitaria, chi si rilassa giocando ad un gioco di ruolo e chi ama fare acquisti su Amazon.
Ad accomunare tutte queste esperienze digitali è il rapporto che noi intratteniamo col mezzo/programma informatico, il quale, come accade in ogni tipo di relazione, non è mai neutro e indifferente: può farci entusiasmare, può farci sperimentare sensazioni di gratificazione e benessere, può farci perdere il controllo, può farci sentire insofferenti e rabbiosi (penso a fenomeni come il tecnostress e al computer rage); fenomeni che ben fanno comprendere come queste esperienze tecno-mediate siano capaci di farci emozionare.
Tale rapporto, come hanno dimostrato diversi esperti e studi psicologici, generandoci delle esperienze emotive, si inserisce nella grande area che purtroppo può portare alle dipendenze. Tuttavia, sebbene la maggior parte di noi sia concorde nel considerare che una sostanza chimica sia capace di instaurare un meccanismo di gratificazione, e probabilmente di dipendenza, in tanti invece avrebbero delle riserve sulle capacità di questo nuovo genere di esperienze emotive di ricreare lo stesso tipo di effetto legato alla dipendenza.
Il fascino di questo genere di esperienze tecno-mediate presenta diverse similitudini con le classiche situazioni tossicomaniche. Come quest’ultime infatti, anche il “cyberdipendente” attraversa una fase iniziale di “luna di miele” la cui scoperta di questi nuovi mondi sensoriali – straordinari e appaganti – finalmente sembra dare delle risposte immediate a tutti i bisogni, a tutto quello che la realtà tende a rendere complesso. Queste “dipendenze senza droga” fan così ben percepire che si può essere dipendenti nei confronti di sensazioni ed esperienze provocate da qualcosa che viene agito e non solo ingerito.
Come tutte le forme di dipendenza, il profilo di questo genere di individui si caratterizza per:
• una vulnerabilità narcisistica: profonda fragilità e insicurezza nei confronti dei sentimenti di fallimento e umiliazione, i quali portano la persona ad aggrapparsi ad una qualunque “soluzione autoriparativa”;
• la dipendenza psicologica: un senso di sé estremamente legato alla reazione/approvazione degli altri;
• l’intolleranza agli affetti: l’impossibilità e l’incapacità di sopportare sensazioni dolorose le quali, vista la loro natura penosa, devono essere “rimpiazziate” con qualcosa che le neghi e le allontani a scopo difensivo come succede con gli alcolici, il cibo, il gioco d’azzardo e come succede sempre più spesso per mezzo di questo nuovo tipo di dipendenze (shopping online compulsivo, cybersesso, trading online compulsivo, giochi online ecc);
• compulsività generalizzata: comportamenti che l’individuo mette in atto – in modo coatto e sempre più disperato – perdendo il controllo di sé, pur sapendo essere dannosi per sé, i famigliari, gli amici, il proprio ambito lavorativo, sanitario, legale e finanziario;
• l’impulsività: una persona incapace cioè di ritardare le gratificazioni, orientata al presente, all’appagamento immediato, non pianificato;
Ciò che denota primariamente la vita psichica di questi individui è la possibilità di distruggere e dissipare, il più velocemente possibile, ogni tipo di sentimento legato alla rabbia, all’ansia, alla colpa, alla tristezza con “soluzioni esterne” capaci di “riparare”, seppur momentaneamente, lo stato d’animo e la coesione di sé.
Queste nuove dipendenze sono possibili perché, differentemente dalle tecnologie tradizionali che consentivano la conoscenza e il possesso del mondo reale, esse sono capaci non soltanto di manipolare direttamente il modo e la realtà fisica ma anche di modificare il nostro stato mentale, la nostra sensorialità e percettività, i confini identitari, il nostro stato cosciente: si pensi ai visori della realtà aumentata i quali, simulando i processi di funzionamento della mente, divengono la fonte privilegiata di emozioni/sensazioni appaganti seppur scaturite da dimensioni del tutto simulatorie e mendaci e non da parti del sé, del proprio corpo o della propria mente.
I comportamenti di abuso da internet si articolano rispetto alla poliedricità e la multifunzionalità della rete. Possiamo così elencare le più comuni tipologie di fenomeni di dipendenza online:
• Gioco d’azzardo online: si comincia per caso e, senza rendersene conto, il bisogno di giocare d’azzardo aumenta esponenzialmente. Esso inoltre coinvolge sempre più gli adolescenti che, usando le carte di credito dei genitori, arrivano anche a mentire, a fare piccoli furti ecc;
• Dipendenza da cybersesso: Essa si caratterizza per la ricerca di materiale pornografico (immagini, giochi, film) ma anche per la frequentazione, tramite webcam, di sex-room virtuali il cui fascino iper-realistico rende appagante l’esperienza del sesso virtuale. Tale appagamento, per alcuni, è tanto soddisfacente (seppur accompagnato, a lungo andare, da un sentimento di colpa, vergogna e inadeguatezza) da diventare gradualmente la principale fonte di gratificazione sessuale tanto da ridurre, mano a mano, l’interesse per il partner reale;
• Dipendenza da cyber relazioni: questa forma di dipendenza può manifestarsi come conseguenza di un rifiuto di conoscersi realmente per mantenere un’immagine virtuale di sé, o meglio, idealizzata di sé. Questo genere di relazioni sono particolarmente investite di aspetti fantasmatici: l’altro è immaginato in modo tale da rispondere ai proprio bisogni soggettivi e affettivi più che a quelli oggettivi e reali della persona con cui si entra in contatto;
• Dipendenza da giochi di ruolo online: questa forma di dipendenza riguarda in particolare modo gli adolescenti ma anche tutte quelle persone che compiono un ritiro dal mondo reale per abitarne uno del tutto virtuale (privo della complessità e della contraddittorietà tipica delle relazioni reali) con cui immedesimarsi in un personaggio fino identificarsi quasi completamente. La persona tenderà così a dedicare gran parte del proprio tempo al gioco e al proprio personaggio mettendo conseguentemente in crisi i rapporti interpersonali, gli impegni scolastici/lavorativi e dunque la vita reale.
• Trading online compulsivo: Tra i vari abusi patologici di internet quest’ultimo viene considerato uno dei più pericolosi e più diffusi. Oggi infatti le app di business sono tante e tutte di facile intuito, velocità e semplicità d’uso tanto da permettere sia al piccolo investitore che ai grandi operatori finanziari di intervenire sui principali mercati economici. Esse danno la sensazione di poter tenere sotto controllo “in toto” la propria situazione economica poiché permettono di osservare in qualunque ora del giorno o della notte gli investimenti fatti, con la possibilità di operare ed intervenire online, sul momento.
Queste caratteristiche diventano così la chiave per innescare la dinamica che poi porta all’uso compulsivo.
• Shopping online compulsivo: Oramai sono innumerevoli gli oggetti e i servizi acquistabili in rete. Lo shopping online garantisce agli acquirenti rapidità, efficacia, possibilità di reperire oggetti rari o inusuali, eliminazione dell’intermediazione umana: tutte caratteristiche che contribuiscono a favorire l’insorgenza di condotte di acquisto addittive.
Esso viene descritto come un tentativo di regolare gli affetti, una tendenza ad agire senza riflessione, un bisogno intra-psichico di nutrimento da parte del mondo esterno. Non a caso diversi studi sottolineano che i prodotti più acquistati sembrano essere legati, nella maggior parte dei casi, all’apparenza fisica, all’attrattività e all’immagine esteriore.
Infine risulta importante comprendere che la condotta additiva, avente come oggetto internet, è spesso accompagnata da una o più dipendenze comportamentali che dunque fanno pensare l’esistenza di una problematica di tipo poliadditivo. Queste dipendenze sono promosse dalla immediatezza con cui riescono ad essere anzitutto piacevoli, ripetute e protratte nel tempo. Sono inoltre il mezzo con cui la persona esprime o supera il proprio malessere nonché i mezzi più attrattivi per quelle persone che hanno più difficoltà a comunicare con gli altri nella vita reale.
Bibliografia
Caretti V., La Barbera D. (a cura di); Le dipendenze patologiche Clinica e psicopatologia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020
Galimberti U., (2007) Psicologia, Garzanti, Milano