LE FORME DI LINGUAGGIO NELLA RELAZIONE INTERPERSONALE. L’INCOMPRESIONE NELLA COMUNICAZIONE

di Alberta Casella

da Psicologinews Scientific

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In questo articolo è mia intenzione collaborare per la soluzione del mistero della comunicazione umana: perché talvolta abbiamo l’impressione che l’altro non ci capisca, o non ci ascolti, perché anche se ci impegniamo a spiegare le nostre ragioni non riusciamo a trovare un accordo con il nostro interlocutore. La linguistica e la psicologia possono aiutarsi ed aiutarci, rendendosi complementari, trovando reciproco appoggio ed analizzando le stesse questioni da punti di vista differenti, attuando, quindi, un confronto ed un’integrazione tra gli studi effettuati.

Lo studio della lingua risulta essere, infat t i , premessa necessar ia per impostare un’analisi del rapporto tra le persone poiché questo è, soprattutto, fondato sull’uso del linguaggio come primo strumento comunicativo.

Analizzare lo scambio di parole tra i due soggetti, capire in che modo esso si formi, cosa intende e sottintende, come e quanto l’ambiente possa influenzarlo può essere, quindi, un’area d’incontro fertile e produttiva.

Nella relazione, decisivo è il tipo di comunicazione che si utilizza: le dichiarazioni verbali possono fornire notizie ed indizi, la comunicazione non verbale arriva a complicare o chiarire il messaggio.

Spesso può accade che nella relazione comunicativa tra persone i registri di comunicazione risultano diversi e sfasati e ciò rende lo scambio non fluido, il messaggio non chiaro.

È importante il fluire della parola per comprendere a fondo il filo del discorso; l e parole, r icreando atmosfere, illustrando situazioni, suggerendo sentimenti ed emozioni, saranno la chiave per chiarire anche i movimenti del non verbale.

Un atteggiamento propositivo che inviti l’altro ad esprimere liberamente il suo pensiero risulta fondamentale perché apre la strada ad un rapporto di fiducia per poter arrivare, poi, a conversare su temi sempre più significativi.

Uno dei problemi fondamentali dell’analisi del linguaggio verbale è che esso non ha sempre un significato chiaramente condiviso da entrambi gli interlocutori: le parole, le espressioni usate dal soggetto sono plasmate dal contesto culturale nel quale egli le ha apprese e possono assumere, quindi, diversi significati a seconda del senso che si attribuisce loro.

Può accadere che si fraintendano le parole dell’altro, dando ad esse diverso significato, alterando la comprensione dei fatti.

Inoltre, l’ambiente e le circostanze influenzano sempre il comportamento e le comunicazioni e questo può ulteriormente modificare il messaggio e la sua ricezione.

Numerosi sono gli studi che confermano l’importanza del contesto nel plasmare atteggiamenti ed opinioni: tra gli studi più affascinanti troviamo gli esperimenti di Cook che analizzò le valutazioni di studenti su un discorso condotto in classe con sottofondi musicali diversi: a seconda del contesto piacevole o sgradevole in cui esso era condotto, i ragazzi ne davano una valutazione positiva e soddisfacente o, al contrario, ne ricevevano un’impressione di negatività e malcontento, nonostante che le parole del discorso rimanessero invariate durante entrambe le situazioni sperimentali.

Altrettanto interessanti sono le ricerche che correlano gli stati emozionali con aspetti della conduzione del discorso: si è notata, ad esempio, una correlazione tra situazioni di stress o ansia e variazione di alcuni aspetti specifici dell’eloquio come un cambiamento nel tono della voce o fenomeni di esitazione.

Inoltre, tramite esperimenti che deliberatamente ponevano il soggetto in situazioni ansiogene, si è notato che questi comportamenti hanno un’elevata frequenza: ciò sembra confermare l’ipotesi che essi siano involontari e non controllabili da parte del soggetto.

Quest’esempio di variazioni del linguaggio, dette aspetti para-linguistici dell’eloquio, c’introduce facilmente nell’esplorazione e spiegazione dell’altra faccia della interazione umana: la “comunicazione non-verbale” di cui questi fenomeni, comprendenti la voce e l e v o c a l i z z a z i o n i , i l t o n o , l e c a r a t t e r i s t i c h e t e m p o r a l i n e l l a successione delle parole, ne sono un aspetto.

Il linguaggio verbale, infatti, è peculiare della comunicazione umana ma, negli scambi quotidiani, la comunicazione “non-verbale” o gestuale è altrettanto importante.

Spesso non occorre sentire le parole per comprendere ciò che ciascuno custodisce dentro di sé, perché i segni esteriori degli atteggiamenti rivelano più di quanto si potrebbe esprimere.

La comunicazione non-verbale accompagna e rafforza l’esposizione verbale; a volte, addirittura, la sostituisce riuscendo altrettanto comprensibile ed efficace.

Gli atteggiamenti del viso e del corpo, gli sguardi, un suono ci trasmettono messaggi al pari delle parole, spesso al di là delle parole, con un effetto rapido ed immediato.

Una stretta di mano, infatti, od uno sbadiglio, un cenno di assenso o di disappunto esprimono compiutamente i sentimenti, i pensieri, gli stati d’animo che si vogliono comunicare.

Lo studio delle interazioni non-verbali può avere i l duplice aspetto di approfondire la comprensione del singolo individuo e di ricercare spiegazioni per l’analisi dell’interazione sociale, dello stile e delle abilità dei singoli che si manifestano al suo interno. Canestrari fornisce un elenco dettagliato di ciò che considera fondamentale e necessario al fine di essere in grado di capire ed interpretare correttamente i messaggi impliciti del comportamento del nostro interlocutore.

I diversi segnali considerano ambiti molto disparati:

il “comportamento spaziale”, ovvero il modo con cui gli individui si dispongono tra loro; molto approfondito è, in questo caso, lo studio della vicinanza fisica tra persone, che sembra sottostare a regole implicite e fisse che giocano sulla relazione d’intimità e di dominanza tra i soggetti;

l’ “orientazione”, ovvero il modo con cui le persone si situano nello spazio, che può esprimere rapporti di gerarchia, sottomissione, amicizia, intimità;

la “postura”, che attesta relazioni di ruolo, atteggiamenti interpersonali e cultura di provenienza, status sociale, stati emotivi particolarmente riferiti alla dimensione tensione-rilassamento.

Infine, un’intera area delle comunicazioni non-verbali si situa nello studio di movimenti particolarmente espressivi quali i gesti delle mani ed i movimenti del capo.

Ekman e Fiesen considerano questi due elementi come emblematici della comunicazione umana, illustrando come essi siano fondamentali per lo scambio di qualsiasi informazione: essi possono essere, infatti, utilizzati per sottolineare determinate frasi, possono essere emessi intenzionalmente per sostituire parole sottintese, possono indicare stati affettivi, possono, infine, servire per comunicare in tutti i casi in cui non siamo i n g r a d o d i e s p r i m e r c i verbalmente: si pensi, ad esempio, alla condizione del neonato che si serve dei gesti del capo e delle espressioni facciali per comunicare alla madre i suoi bisogni, riuscendo ad instaurare un rapporto con lei con altrettanta efficacia. Sul problema del riconoscimento delle espressioni facciali esiste una vasta letteratura che è stata ampiamente criticata per motivi di mancata validità delle condizioni sperimentali osservate; l’utilizzazione di queste indagini nell’ambito del colloquio clinico va, quindi, condotta con molta attenzione va sempre convalidata e sostenuta da approfondite verifiche.

Tutte le forme del linguaggio, dunque, sono utili per rendere chiari i nostri pensieri e manifestarli agli altri in modo completo e semplice; tuttavia, i l processo di scambio è facilitato dall’uso dello stesso codice di significati linguistici.

Essi devono, cioè, appartenere al medesimo contesto sociale e storico: solo così essere in grado d’interpretare correttamente ed attribuire lo stesso significato alle parole ed ai messaggi non-verbali usati nella loro interazione. Un tema che esula dalle competenze specifiche di questa trattazione, ma che va comunque, a questo punto, ricordato, è che queste suddette differenze culturali sono, attualmente, molto meno marcate e influenti, grazie allo sviluppo totale delle comunicazioni.

Esse cont inuament e migl iorano, trasformando il mondo contemporaneo in un “villaggio globale” dove è possibile uno scambio d’informazioni e notizie in tempo reale in qualsiasi parte della Terra.

Ciò nonostante, è sempre bene tenere presente che un individuo nasce e si forma continuamente influenzato e saldamente radicato nella sua cultura d’origine e che i modi di pensare e di agire appresi in essa rimangono costanti del suo comportamento.

(1) CANESTRARI R. (1984): Psicologia Generale e dello Sviluppo, CLUEB, Bologna,1990

(2) COOK A.(1971): La Percezione Interpersonale, Il Mulino, Bologna, 1973

(3) EKMAN G. e FIESEN F.: The Repertoire of non Verbal Behaviour, in “Semiotica”, 1, 49-68, 1969

(4)GILLIERON E. (1994): Il Primo Colloquio in Psicoterapia, Borla, Roma, 1995, p.125

( 5 )Mc L U H A N M. : D a l C l i c h è all’Archetipo. L’Uomo Tecnologico nel Villaggio Globale, Sugarco, Varese, 1970