L’illusione di comunicare: quello che diciamo viene capito davvero?
George Bernard Shaw la metteva in questi termini: “Il maggiore problema della comunicazione è l’illusione che abbia avuto luogo”. Certo, sembra paradossale: comunicare, mettere in comune, dovrebbe significare poter passare in modo immediato informazioni, sentimenti, opinioni, racconti e intenzioni, da un soggetto emittente a un soggetto ricevente che condividono la stessa lingua.
Dovrebbe. Ma sappiamo tutti molto bene che la cosa è assai più complicata.
È una questione di filtri in entrata: tutti li abbiamo, di quasi tutti siamo inconsapevoli; e molto spesso non siamo in grado di individuare né di riconoscere minimamente quelli dei nostri interlocutori. Questo è naturalmente un terreno fertile per incomprensioni e, in alcuni casi, per pericolose escalation nella comunicazione.
Oggi prendiamo in considerazione gli insegnamenti del dottor Marshall B. Rosenberg (1934-2015), che ha affrontato scientificamente il tema e ha lavorato in tutto il mondo come pacificatore prima di fondare il Centro per la comunicazione non-violenta.
Partiamo da una semplice constatazione: quando comunichiamo verbalmente con persone diverse siamo spesso sorpresi dal fatto che, in qualche modo, i nostri interlocutori non abbiano sentito quello che pensavamo di avere detto. Le nostre parole, infatti, arrivano loro attraverso filtri potentissimi di accesso. Per fare un’analogia con la vista, è come se tutti indossassero occhiali da sole con sfumature di colore differente: la nostra camicia bianca verrebbe percepita come rosa, azzurra, verde o marrone, a seconda della lente attraverso cui fosse guardata.
A seconda del filtro di chi ascolta, il messaggio più semplice può arrivare in modo radicalmente diverso. “Puoi scrivermi una nuova versione di questo articolo?” potrebbe arrivare, a seconda dell’interlocutore, come “Chiede a me perché non ha voglia di lavorarci”; oppure: “Non è assolutamente in grado di farlo e ha bisogno del mio aiuto”; o ancora “Delega per sottolineare la sua posizione di superiore nell’organigramma”. E potete immaginare numerosi altri modi di interpretare un messaggio all’apparenza così banale, a seconda del filtro e delle attese del ricevente.
Quindi: comunicare in modo efficace significa non solo assumersi la responsabilità di ciò che si dice; ma anche di come il nostro messaggio viene ascoltato, tenendo in considerazione molti fattori. Ma come si possono individuare i filtri di ascolto delle altre persone?
Rosenberg indica nove bisogni umani fondamentali, da considerare come filtri di base attraverso i quali le nostre parole vengono percepite: Affetto, Creazione, Ricreazione, Libertà, Identità, Comprensione, Partecipazione, Protezione, Sussistenza.
Possiamo pensare anche a quanto la Teoria dell’Attaccamento potrebbe contribuire nel comprendere meglio e individuare i filtri: una persona con attaccamento sicuro reagirà allo stesso messaggio in modo differente da qualcuno con attaccamento ansioso-ambivalente.
La materia è vasta quanto il bisogno umano di comunicare, ma è anche affascinante e ancora totalmente da approfondire. Intanto, ricordiamoci che i filtri ci sono sempre. Quando conosciamo bene qualcuno è possibile anticipare attraverso quale filtro è più probabile che ci stia ascoltando e adattare il nostro messaggio di conseguenza, per essere più sicuri che arrivi proprio ciò che volevamo dire. Chiedere all’ascoltatore di ripetere ciò che pensa di aver sentito può sembrare inutile e faticoso, ma spesso è il modo migliore per capire se la nostra vera intenzione sia stata comunicata.
Le possibilità di essere compresi migliorano anche se spieghiamo chiaramente ed esplicitiamo la nostra motivazione: far sapere all’ascoltatore cosa c’è dietro la nostra richiesta o affermazione renderà meno probabile la stratificazione delle interpretazioni in entrata.
In ultima istanza, è importante essere consapevoli del fatto che tutti, e prima di tutto noi stessi, ascoltiamo gli altri attraverso potenti filtri individuali, dovuti alla nostra impostazione, alla nostra esperienza e alla personale visione del mondo.
Curiosità, apertura e un freno alle interpretazioni aiutano ad avvicinarci al messaggio di chi parla con noi e alle sue intenzioni. Coltivare il dubbio, chiedere e offrire spiegazioni è forse il più utile esercizio per evitare distorsioni nella comunicazione, in entrata e in uscita. Per andare un po’ più in là nell’illusione, che rimane in parte tale, di potersi comprendere davvero.