Linguaggio, linguistica, comunicazione e psicologia

di Alberta Casella

da Psicologinews Scientific

La psicologia si impianta sul linguaggio. Il linguaggio crea la relazione e l’individuo vive in continua relazione. In questo articolo e nei successivi ne i l lust reremo le connessioni.

Ogni comportamento è manifestazione dell’individuo singolo, ma deve essere spiegato tenendo conto del contesto nel quale si verifica perché è il segno delle relazioni, della comunicazione con gli altri.

Nel vivere ci si relaziona continuamente con gli altri ed è impossibile non comunicare: perfino i l silenzio è una forma di comunicazione, fonte d’informazioni sull’altro spesso più preziose di tante parole dette senza senso.

Si afferma l’importanza e la necessità di studiare il linguaggio come principale mezzo di comunicazione umana e, quindi, come primo veicolo d’informazione e scambio tra paziente e terapeuta.

Il bisogno di comunicare è profondamente insito nell’uomo; entrare in contatto con gli altri attraverso gesti, suoni, parole è un’esigenza insopprimibile che ha spinto la società umana, nel suo sviluppo, a creare molte forme di comunicazione.

Fra queste, la più completa ed agile, quella che pone l’uomo in condizione di svolgere questa funzione essenziale della sua esistenza, è il linguaggio verbale.

Ciò che distingue, appunto, gli esseri umani dagli altri animali è proprio la creazione e l’uso di tale strumento che diviene caratteristico di ogni gruppo umano e ne contrassegna le differenze maggiori.

“Sembra assolutamente privo di qualsiasi fondamento quanto a volte si sostiene circa l’esistenza di certe popolazioni il cui vocabolario sarebbe così limitato da richiedere l’uso supplementare del gesto (…); la verità è che tra ogni popolo conosciuto i l linguaggio è i l mezzo essenzialmente compiuto di espressione e comunicazione”.

L’uso del linguaggio si concretizza attraverso due direttrici fondamentali: in primo luogo, esso serve come mezzo per rappresentare ed ordinare in modo logico la nostra esperienza e le nostre percezioni del mondo e permette a ciascuno di ragionare a t t i v ame n t e s u c i ò c h e a c c a d e quotidianamente al fine di ottenere una visione sempre chiara degli eventi.

In secondo luogo, poiché il linguaggio è il mezzo più efficace e duttile per esprimere stati d’animo, sensazioni, impressioni o concetti complessi ed articolati, lo usiamo per comunicarci a vicenda il nostro modo di vedere e concepire il mondo e la realtà circostante.

“Usando il linguaggio per la comunicazione presentiamo agli altri il nostro modello”: la comunicazione umana si realizza, soprattutto, nell’uso della lingua.

Nasce come bisogno di trasmettere ad altri il proprio messaggio e di ricevere, in cambio, altre informazioni che, assimilate, possono modificare od ampliare o consolidare il personale modo di rapportarsi con la società.

In questo scambio, la lingua continuamente si trasforma, si evolve, si adatta ai mutamenti sociali, economici e culturali, si piega ad esprimere ogni nuova esperienza, si arricchisce con tutto ciò che di nuovo appare nel mondo assolvendo una funzione insostituibile ed universale.

“La lingua, che è di per sé un fenomeno complesso, è tale che non c’è alcuna attività umana o campo d’azione che non comporti il suo impiego come parte integrante. Le funzioni della lingua tendono ad essere infinite”.

A tal proposito, l’ipotesi di Sapir e Whorf, sull’effetto totalizzante della lingua sul nostro comportamento, afferma che essa influenza continuamente e totalmente il nostro modo di pensare e la nostra potenziale comunicazione con gli altri.

Silvestri conferma tale ipotesi dicendo che: “la realtà della lingua non è univoca e non potrebbe mai esserlo, dato il carattere eminentemente culturale della sua fenomenologia; (…) la specificità del linguaggio è, si inscritta nel nostro codice genetico ma, soprattutto, una o più lingue storiche fanno parte del nostro bagaglio culturale”.

Egli asserisce, con tali parole, la peculiarità insita nello stile personale del linguaggio, ovvero l’idea che l’uso che di esso se ne fa è sempre mediato dal contesto circostante e dal tipo di relazione che instauriamo con gli altri.

Lo studio di tale mezzo comunicativo fa capo ad una specifica disciplina detta “linguistica”; tuttavia, tale scienza si è occupata, principalmente, dell’analisi della lingua, ovvero del sistema fonemico e grafemico senza troppo interessarsi dell’uso che di esso si fa all’interno della società.

L’esigenza di studiare un elemento primario nelle relazioni umane, quale la lingua, è radicata nella tradizione filosofica antica e già Eraclito si poneva domande sulla sua funzionalità indagando quale e quanta utilità esso avesse nel costituire rapporti tra le persone; secondo una concezione tuttora molto accreditata, lo studio del linguaggio contribuisce a chiarire il funzionamento del pensiero e della mente.

Nella linguistica moderna, la ricerca più affascinante parte dall’affermazione che tutte le lingue portano in sé una serie di fonemi in cui agli invarianti formali si sovrappongono elementi che si modificano e si ristrutturano grazie all’influenza che su di esse hanno gli sviluppi storici e culturali del popolo che le usa: in tal modo la questione focale diviene, attualmente, se ed in che modo il contesto influenzi l’uso e lo sviluppo della lingua e quanto esso possa concorrere nel creare nuove forme di comunicazione.

Una “nozione intuitiva di linguaggio” suggerisce che esso sia il mezzo per associare due ordini di entità: l’area dei contenuti mentali e quella delle realtà sensoriali.

Sia l’una che l’altra, da sole, non hanno possibilità d’espressione poiché la prima è, per sua stessa natura inesprimibile, mentre l a s e c o n d a , n o n a f fi a n c a t a d a un’elaborazione mentale, è completamente priva di significato.

Il linguaggio diviene il loro anello di congiunzione, nel senso che permette di esprimere le idee nel mondo sensoriale dando vita, così, contemporaneamente alle une ed all’altro.

Nel momento in cui affermiamo che il linguaggio non è altro che l’espressione di contenuti mentali, capiamo l’interesse che la psicologia ha sempre avuto nei confronti della linguistica ed, in tal modo, motiviamo anche il nostro stesso interesse nel considerarla quale elemento fondante ed imprescindibile poiché il linguaggio verbale è la base di ogni relazione terapeutica; è con il suo uso che terapeuta e consultante si esprimono, si confrontano e capiscono affrontando un percorso di cura.

La linguistica affida, poi, definitivamente, la competenza dello studio del linguaggio alla psicologia nel momento in cui si comincia ad affrontare il tema della soggettività dello stile linguistico e dell’impossibilità di cristallizzare le infinite sfumature di significato che una stessa parola ha se usata in diversi contesti; in tal modo la linguistica diviene la scienza che si occupa dello studio degli aspetti formali, teorici della lingua e dell’uso che di essa se ne fa, mentre la psicologia si focalizza più specificatamente sul valore del linguaggio come mezzo d’incontro e di comunicazione tra individui, traduzione di pensieri e sentimenti che, altrimenti, rimarrebbero inesprimibili.

La psicologia analizza, cosi, la lingua secondo una sua peculiare impostazione: nasce la psicolinguistica che conduce un’analisi sia teorica che pratica dell’operare linguistico individuale.

Bibliografia

BANDLER R., GRINDER J. (1975): La Struttura della Magia, Astrolabio, Roma, 1981

BERRUTO G.: La Sociolinguistica, Zanichelli, Bologna, 1974

SAPIR E. (1963): The Selected Writing of Edward Sapir, (a cura di D. Mandelbaum), Univ. of California Press, Berkeley

SILVESTRI D.: La Forbice ed il Ventaglio, Arte Tipografica, Napoli, 1994

SIMONE R. (1990) : Fondamenti di Linguistica, Laterza, Roma-Bari, 1992