PREVENIRE IL TRAUMA DEL FALLIMENTO ADOTTIVO

di Sara Di Nunzio

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Il termine post-adozione designa il periodo che ha inizio con l’arrivo del bambino nella sua nuova famiglia e individua una serie di interventi finalizzati a garantire la buona integrazione del minore all’interno del nucleo familiare e del contesto sociale.

 La necessità di creare una rete di servizi che accompagnino le famiglie oltre il primo anno dall’ingresso del minore adottato è una richiesta pressante in quanto il servizio di post-adozione va indubbiamente potenziato, anzi in molti casi soprattutto in Italia va proprio creato.

Secondo una recente ricerca del professor Jesùs Palacios, professore dell’Università di Siviglia, in Spagna, le famiglie che si trovano a fare i conti con un’adozione complessa e che vivono un momento di crisi non sempre chiedono aiuto, nonostante la presenza di servizi di post adozione gratuiti e specializzati, composti da équipe di psicologi e neuropsichiatri. Infatti secondo questa ricerca per Rosa Rosnati docente di psicologia dell’adozione e dell’affido presso l’Università Cattolica di Milano, i dati confermano la necessità di un cambiamento di prospettiva culturale: l’adozione non è esclusivamente un canale per avere un figlio, ma ha in sé una intrinseca dimensione sociale​. Se i genitori hanno fin dall’inizio questa prospettiva, saranno più predisposti a chiedere aiuto: adottare non è un’impresa che può essere condotta in solitaria. Fin dal momento della valutazione delle coppie è importante tenere conto della loro disponibilità a confrontarsi con altri, a mettersi in rete, aiutarli non solo a maturare le competenze genitoriale ma anche ad acquisire delle competenze genitoriali terapeutiche per consentire ai bambini di recuperare dopo le esperienze traumatiche che hanno vissuto.

L’indagine del professor Palacios si riferisce agli anni 2003-2012, analizzando soprattutto i fallimenti adottivi che hanno riguardato l’1,32% delle adozioni, numeri molto inferiori rispetto a quel 3% di cui si parla generalmente in Italia. Attraverso questa ricerca il professor Palacios ha evidenziato dei fattori di rischio determinanti,

Il 94% dei fallimenti riguardano bambini che sono stati inseriti in famiglia quando avevano più di due anni, ma contrariamente a quanto si pensa, il rischio non aumenta con l’aumentare dell’età e un bambino adottato da grande non è un bambino molto più a rischio. Un altro fattore di rischio è l’adozione di fratelli: il 40% dei fallimenti adottivi coinvolge adozioni di fratelli. in poco più della metà dei casi il fallimento riguarda tutti i fratelli, mentre quando ad essere allontanato è solo uno dei figli, nel 70% dei casi si tratta del figlio maggiore.

Dal punto di vista dei professionisti, è stato sottolineato come si tenda a proporre servizi di consulenza e si facciano invece pochi interventi per sviluppare l’attaccamento.

Esplorando il panorama giuridico

 La Spagna in particolare ha da poco cambiato la sua normativa di riferimento, ponendo un limite di due anni ai tentativi di recupero delle capacità genitoriali delle famiglie di origine e proibendo l’istituzionalizzazione per i minori sotto i 3 anni.

Esplorando brevemente il panorama giuridico italiano, è indubbio poter confermare che la svolta decisiva, riguardo la tutela dei diritti dei minori adottati, si è concretizzata negli anni ’60, quando con la riforma del diritto di famiglia il minore venne riconosciuto titolare di diritti fondamentali che devono essere tutelati. Già la nostra Costituzione del 1948, con gli artt. 30 e 31, aveva sancito l’impegno dello Stato italiano nel sostegno della famiglia attraverso l’erogazione di servizi per sostenerla nell’adempimento dei suoi doveri.

Nell’ordinamento italiano l’adozione dei minori in stato di abbandono è considerata legittimante, dunque irrevocabile: una volta emessa, la sentenza di adozione non può più essere rimossa e pari trattamento è assicurato ai minori stranieri in stato di abbandono, secondo la normativa prevista per l’adozione internazionale.

Secondo la concezione più moderna dell’adozione, il rapporto adottivo è assimilato infatti al rapporto di filiazione legittima e la nuova famiglia adottiva sostituisce la famiglia d’origine con acquisto del cognome dell’adottante, redazione di un nuovo atto di nascita e acquisto della cittadinanza da parte del minore straniero. Come qualsiasi altro rapporto giuridico di filiazione, anche il rapporto nato da un’adozione legittimante potrà essere interrotto in caso di inadeguatezza genitoriale: il minore allontanato dalla famiglia adottiva dopo la pronuncia di adozione, considerato ormai figlio legittimo, sarà come tale allontanato, collocato in una struttura o sottoposto ad affidamento ed eventualmente nuovamente dichiarato adottabile.

La restituzione del minore

Il fallimento adottivo è un fenomeno le cui conseguenze negative ricadono non solo sul bambino stesso e sulla sua famiglia adottiva ma sul complesso di servizi chiamati ad interessarsi al percorso di un’adozione internazionale.

 La ricerca sul fenomeno della restituzione di minori adottati provenienti da Paesi stranieri ha preso in considerazione i minori transitati o presenti nelle diverse strutture residenziali di accoglienza.

Dai dati si evince che la maggiore percentuale di minori viene inserita nelle “comunità di accoglienza” e in secondo luogo in “comunità familiare”. Molto residuale, invece, la presenza di minori accolti in “gruppi appartamento”, mentre soprattutto in alcune zone ancora si ricorre al ricovero in istituti di tipo tradizionale. Per comprendere le ragioni che hanno determinato l’inserimento in ciascuna specifica struttura, emerge chiaramente come la scelta della struttura residenziale non segua sempre criteri basati sui bisogni del minore ma, piuttosto, molto più frequentemente il principio dell’immediata disponibilità all’accoglienza e dei costi non troppo elevati. L’allontanamento dal nucleo familiare avviene spesso nella delicata fase della transizione adolescenziale, a seguito di momenti di accesa esasperazione delle relazioni genitore-figlio adottivo, tanto da essere inizialmente attuato come intervento di emergenza. Solo in misura residuale l’allontanamento risulta frutto di una valutazione approfondita e articolata della situazione familiare dalla quale scaturisca un progetto di intervento costruito e programmato a medio-lungo termine.

Per questo il sostegno degli operatori nel post-adozione è fondamentale. Secondo Rosa Rosnati, gli operatori non hanno il compito di valutare le capacità e mancanze della coppia, bensì di individuare le risorse presenti in ciascuno dei coniugi, nella coppia, nella famiglia e nel contesto sociale, pertanto l’obiettivo sarebbe quello di creare reti sociali che possano sostenere la famiglia adottiva.

Fonti:

Vadilonga F., Curare l’adozione. Modelli di sostegno e presa in carico della crisi adottiva. Milano: Raffaello Cortina, 2010.

Andolfi M., Chistolini M., D’Andrea A., La famiglia adottiva tra crisi e sviluppo. Franco Angeli; I Edizione, 2017