PSICOLOGIA CLINICA E ROMANZO GIALLO
di Lia Corrieri
“Lo studio dei caratteri mi interessa enormemente” replicò serio il mio amico. “Non ci si può occupare del crimine senza tener conto della psicologia. Non è tanto il delitto in sé stesso che interessa, quanto ciò che si nasconde dietro. Mi segue, Hastings?”
Agatha Christie, Se morisse mio marito, 1933
Offrire una definizione univoca di “romanzo giallo” non è un’impresa semplice, vista anche la varietà di etichette con le quali ci si riferisce spesso a questo genere di produzioni editoriali, come, ad esempio, le anglosassoni mistery fiction, crime fiction, detective fiction, oppure il “romanzo poliziesco” o il “romanzo giallo”; o, ancora, l’espressione francese “noir”, che attualmente indica un ulteriore tipologia letteraria, sempre più autonoma rispetto al “giallo” originario. Si tratta di nomi derivanti dal colore delle copertine con le quali gli editori, rispettivamente il “giallo Mondadori” in Italia e il nero di Gallimard in Francia, pubblicavano tali prodotti e che, mediante un processo di “volgarizzazione del marchio”, sono giunti ad indicare un insieme variegato di narrazioni con alcuni elementi comuni tra loro (Carta, 2019). Il dibattito, lungi dall’essere risolto, viene ulteriormente complicato dal fatto che, sovente, ci si riferisce a questo t i p o d i p u b b l i c a z i o n i indicandole come “storie di genere”, espressione che, a volte, comporta un’accezione negativa, come se i romanzi ed i racconti di genere fossero unicamente meri prodotti di consumo di basso livello culturale e, in quanto tali, necessariamente di seconda categoria rispetto ai classici della letteratura (Carta, 2019). In linea con Lucchiari (2017) nel presente contributo si utilizzerà il termine “romanzo giallo”, conservando così l’origine storica del genere letterario in Italia.
Gli studiosi di letteratura solitamente fanno risalire la nascita del romanzo giallo al 1841, anno di pubblicazione del racconto I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe. L’opera di Poe ha avuto il merito di differenziarsi dai racconti del mistero fino a quel momento pubblicati in quanto capace di focalizzarsi sul pensiero analitico (o logico-scientifico) grazie al quale il protagonista, Auguste Dupin, risolve l’enigma al centro della storia (Sova, 2001; Carta, 2019). Nella seconda metà del XIX secolo si assistette non solo allo sviluppo del romanzo giallo ma anche alla nascita e la diffusione della psicologia e della psicoanalisi, le cui idee e scoperte sono spesso riflesse nelle arti e nella letteratura dell’epoca (Mecacci, 2008; Najar & Salehi Vaziri, 2021). E’ interessante notare come i d u e a m b i t i , q u e l l o dell’indagine psicologica e quello del nuovo genere letterario, condividano non solo il periodo storico in cui hanno iniziato a diffondersi ma a n c h e a l c u n i c o n c e t t i d’interesse comune, come il pensiero analitico/logico-s c i e n t i fi c o adottato dal detective per risolvere un enigma o le motivazioni e le pulsioni inconsce che possono spingere una persona a commettere un crimine (Yang, 2010; Konnikova, 2013). Il rapporto tra psicologia e letteratura gialla, infatti, sembra essersi sviluppato già a fine ‘800 e nelle prime d e c a d i d e l ‘ 9 0 0 , c ome testimoniato dal lavoro di Marie Bonaparte che negli anni ’30 del XX secolo dedicò u n ’ i n t e r a o p e r a a l l a produzione letteraria di Edgard Allan Poe. Nel suo lavoro Bonaparte i n t e r p r e t a , i n u n ’ o t t i c a psicoanalitica, molti dei testi dell’Autore americano, tra i quali proprio I delitti della Rue Morgue, evidenziando la presenza, all’interno della storia, di un parallelismo tra l ’ a g g r e s s i v i t à a g i t a dall’assassino e la sessualità (Bonaparte & Freud, 1976; Yang, 2010; Finzi, 2017). P e r a l t r o l ’ a m b i z i o n e dell’analista laica, in analisi con Freud dall’età di 45 anni, era proprio di redigere la psicobiografia dello scrittore (1933). Il fascino sperimentato dall’originale e creativa allieva di Freud soprattutto per le storie gotiche di Poe, con il ritorno alla vita di persone morte e le svolte inquietanti e inattese degli eventi, può e s s e r e r i c o n d o t t o a l l a somiglianza delle loro prime esperienze di vita traumatiche. Bonaparte infatti aveva perso sua madre un mese dopo la sua nascita, e il padre di Poe abbandonò la famiglia quando Edgar aveva due anni e sua madre morì di tubercolosi quando lui ne aveva tre. Bonaparte perciò condivideva indirettamente la perdita di Poe e le fantasie del ritorno del genitore defunto nelle sue storie: ella era sensibile ed empatica nei confronti del mondo interiore di Poe perché il suo mondo interiore era simile (Warner, 1991). Nel corso delle ultime decadi dell’Ottocento il romanzo giallo si sviluppò ulteriormente grazie al lavoro di diversi Autori, tra i quali Wilkie Collins e, soprattutto, di Sir Arthur Conan Doyle, che ambientò nella Gran Bretagna vittoriana l e a v v e n t u r e d e l s u o personaggio più famoso, il detective Sherlock Holmes (Scaggs, 2005). Secondo Yang (2010) non solo Sigmund Freud s i interessò ai racconti del famoso detective inglese ma è p o s s i b i l e a d d i r i t t u r a individuare dei parallelismi tra i casi di Holmes ed i resoconti c l i n i c i d e l padre d e l l a psicoanalisi. Alcune analogie, infatti, si riscontrano già nei titoli delle loro opere, basti pensare ad esempio al racconto “Un caso d’identità” (A case of identity), raccolto nell’opera dell’Autore “Le Avventure di Sherlock Holmes” (Adventures of Sherlock Holmes, 1892), un titolo che effettivamente sembra riecheggiare un vero e proprio resoconto clinico. Ulteriori esempi ci vengono offerti non solo dal lavoro di Sir Arthur Conan Doyle, ma anche da altri “giallisti”, come Dame Agatha Mary Clarissa Christie, con il racconto “Il caso della domestica perfetta” (The Case of the Perfect Maid) presente in Mi s s Marple’s Final Cases and Two Other Stories (1979); oppure “ I l caso d e l l a v e c c h i a signora” (Le vieille dame de Bayeux, 1938) della serie del Commissario Maigret di Georges Simenon; oppure, a n c o r a , “ I l Caso d e l l a Canarina Assassinata” (The Canary Murder, 1927), uno tra i più famosi romanzi della serie di S.S. Van Dine che hanno come protagonista Philo Vance; “L’uomo a cui piacevano i cani” (The Man Who Liked Dogs, 1936) di R a y m o n d C h a n d l e r , costituisce l’ulteriore esempio di questa somiglianza e analogia tra la scrittura clinica e quella tipica del genere “giallo”. Già i titoli richiamano alla mente le opere cliniche di diversi autori delle scienze della mente: non solo Freud (come “ I l Caso c l i n i c o dell’Uomo dei Lupi” – Der Wolfsmann, 1914), ma anche Donald Winnicott (“Piggle: una bambina” – The Piggle: An Account of the Psychoanalytic Treatment of a Little Girl, 1971), Ludwing Binswanger (“Il caso di Ellen West” – (Der Fall Ellen West, 1944) ; Aleksandr Lurija “Un mondo perduto e ritrovato”, 1973), Oliver Sacks con “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di (The Man Who Mistook His Wife For a Hat, 1985). La relazione tra giallo e pratica clinica, non sembra però limitarsi all’assonanza tra i titoli dei romanzi e dei racconti g i a l l i c o n q u e l l i d e l l e pubblicazioni dei casi clinici. Il legame è infatti storicamente ben più profondo, come testimoniato dallo stesso Sir Arthur Conan Doyle che, laureatosi in Medicina e Chirurgia, creò non solo il personaggio del dott. John H. Watson ma si ispirò alla figura del suo professore, il dottor Joseph Bell, per tracciare le caratteristiche del detective Sher lock Holmes (Yang, 2010 ; Ellis, 2011; Centor & Heudebert, 2021). Bell era solito, nel corso delle sue lezioni presso la University of Edinburgh, e v i d e n z i a r e l’importanza dell’osservazione come strumento diagnostico, concependo il ragionamento diagnostico come il prodotto di un processo di pensiero prettamente analitico/logico-scientifico (Wilson, 1948). L’eredi tà di Bel l è stata raccolta non solo da Sir Arthur Conan Doyle ma anche da a l t r i a u t o r i , p e r fi n o sceneggiatori televisivi in tempi più recenti: basti pensare alla serie Dr. House – Medical Division, nella quale il protagonista, il dottor Gregory House, primario del reparto di medicina diagnostica, affronta i quadri clinici presentati dai suoi pazienti come se fossero dei veri e propri enigmi da risolvere con piglio sciamanico piuttosto che scientifico ortodosso (Hockley, 2010). Lo stesso dibattito filosofico si è interessato delle vicende del personaggio, rilevando anche l e affini t à t r a i l gener e letterario “giallo” e la sua metodologia clinica seppure così sui generis: “Sono proprio le malattie, infatti, il suo vero e unico nemico, i l ladro o l ’assassino che i l bravo detective deve scovare in base agli indizi che ha a disposizione ( i sintomi), catturare e costringere a confessare il delitto. Per House ogni malattia è una sfida, un nuovo e intrigante puzzle da risolvere con a c u m e , s p i r i t o d i osservazione, abilità analitiche e intelligenza.” (Blitris, 2007; 2011). Il rapporto tra psicologia e genere letterario giallo diventa c e n t r a l e a n c h e n e l l e produzioni filmiche più recenti. E’ il caso di The Pale Blu Eye (2022), il film in visione sulla piattaforma Netflix, che vede come co-protagonista proprio un giovane Edgar Allan Poe nell’Accademia militare degli Stati Uniti di West Point, a nord dello Stato di New York, appena inaugurata, nel freddo ottobre del 1830. Il detective Augustus Landor (Christian Bale) è vittima di traumi personali profondi (il lutto per la scomparsa della moglie, la l o n t a n a n z a d a l l a fi g l i a Matilde), e sta abbandonando il suo mestiere per sempre, ma viene improvvisamente richiamato per l’uccisione di un cadetto dal corpo del quale è stato rimosso con precisione il cuore. A causa del silenzio delle altre reclute, viene affiancato al detective i l giovane Edgar Allan Poe, scrittore, insofferente verso il rigido ambiente militare, che con la sua creatività aiuta l’indagatore. Un altro cadetto viene ucciso. Il detective riesce a penetrare sempre più in profondità nelle dinamiche dell’Accademia, sembra aver scoperto il colpevole, ma lo scrittore, innamorato di Lea, fi g l i a d e l m e d i c o dell’istituzione, rovescia la situazione e l’apparente r i s o l u z i o n e dell’enigma criminale. I due interpreti, emblemi quasi archetipici dell’uomo di scienza e del poeta, Animus e Anima, dialogano costantemente, i n t e r r o g a n d o s i s u l l e motivazioni dell’agire umano, e l ’ indagine psicologica s ’ i n t r e c c i a i n m o d o inestricabile con la vicenda visiva narrata, nata dal romanzo di Louis Bayard (2006; 2023). Con le dovute differenze che possono intercorrere tra il modo di operare di un medico d e l X I X s e c o l o , d i s c e n e g g i a t o r i d i s e r i e televisive o cinematografici dei tempi più recenti e il lavoro di un o p e r a t o r e s a n i t a r i o contemporaneo, notevolmente aiutato non solo dai nuovi strumenti tecnologici ma anche dalle linee guida tipiche della EBM (Evidence Based medicine – cfr. Rapezzi et al., 2021), sembr a possibi l e comunque affermare che la lezione del dottor Bell e del personaggio di Sher lock Holmes sia stata accolta anche in ambito clinico, dato che diversi autori hanno analizzato e definito come un a d e g u a t o e s e m p i o d i r a g i o n a m e n t o c l i n i c o diagnostico l ’ a p p r o c c i o analitico/logico-scientifico del “ d o t t . B e l l / S h e r l o c k Ho lme s ” (Mi l l e r , 1 9 8 5 ; Wilbush, 1992; Levine, 2012; Vilanilam, Mahadevan & Das, 2017; Centor & Heudebert, 2021). Se nell’opera di Sir Arthur Conan Doyle i l costante richiamo all’osservazione e ai processi inferenziali tipici del pensiero prettamente analitico/ logico-scientifico è debitore del clima positivista dell’epoca in cui lo scrittore visse, i l Commissario Maigret di George Simenon nel suo “ragionamento clinico” tende i n v e c e a c o n c e n t r a r s i maggiormente sul profilo psicologico e sociale dei personaggi presenti nelle sue avventure piuttosto che seguire un ragionamento saldamente ancorato a uno schema di natura algoritmica, e che a tratti risulta esser eccessivamente rigido ai fini della scoperta dell’autore del crimine e delle sue reali motivazioni (Teive & Lees, 2017). Peraltro lo stesso Simenon t r a s s e s p u n t i , i d e e e suggestioni per i casi del suo celebre commissario dal ben più prosaico lavoro degli investigatori dell’epoca che “non assomigliano né a Sh e r l o c k Ho lme s n é a Rouletabille [famoso giallista che si ispirava alla logica scientifica nel risolvere i casi c ome Ho lme s – n d r ] e nemmeno al signor Lecoq [che anticipò proprio Conan Doyle – ndr].” Si tratta “per lo più dei bravi borghesi che la domenica vanno a pesca e aspettano la pensione per trasferirsi in campagna e coltivare il proprio giardino. Non parlano mai di intuizione o di fiuto. E a maggior ragione nel loro vocabolario non esiste la parola genio. No! È gente del mestiere. La maggior parte di loro è passata per la sezione degli esercizi pubblici, per la Buoncostume o per la Polizia dei giochi e delle scommesse… Alcuni durante la guerra hanno lavorato per i servizi segreti e sono stati in tutti i paesi d’Europa e perfino in America.” Così infatti, nel suo reportage giornalistico sulla “Polizia Giudiziaria” di Parigi del 1937, recentemente pubblicato in traduzione i t a l i a n a ( 2 0 2 2 ) , s c r i v e Simenon. Il che nulla toglie all’interpretazione in senso più psicologico della sua opera e in particolare del personaggio del Commissario Maigret, essendo lo stesso scrittore l e t t o r e d e l l e o p e r e d i psicanalisi e psichiatria pur sempre negando ad esse influenze significative nella sua produzione letteraria, ma a v e n d o v i s s u t o p e r l e tormentate vicende personali e familiari in mezzo a medici e psichiatri. Negli articoli citati si fanno peraltro esempi di colloqui investigativi che riecheggiano quelli del celebre C o m m i s s a r i o , ma c h e sembrano assumere tratti clinici nel loro concreto svolgersi agli occhi del cronista curioso. Il lavoro di Dame Agatha Christie è esso stesso intriso d i elementi p s i c o l o g i c i importanti (Zeiger, 1991; Najar e Salehi Vaziri, 2021). Infatti, in un loro recente lavoro Najar e Salehi Vaziri (2021) hanno e v i d e n z i a t o c o m e , a d esempio, nelle opere della C h r i s t i e c e n t r a t e s u l personaggio di Hercule Poirot siano coinvolte per lo sviluppo dello stesso plot narrativo diverse aree tematiche della psicologia, da quella clinica a q u e l l a s o c i a l e , q u a l i l’intelligenza, sia individuale che collettiva, l’impulsività, il locus of control, il complesso edipico, la presenza di comportamenti direttamente osservabili, e i cui contenuti sottesi alla narrazione rinviano a l l e d i v e r s e t e o r i e psicologiche, in particolare cognitivo-comportamentale e psicoanalitica. Zeiger (1991) ha sottolineato come nel ciclo di romanzi e racconti dedicati al personaggio di Miss Jane Marple sia persino possibile individuare elementi d i p s i c o l o g i a d e s c r i t t i v a effettivamente utili anche in s e d e d i a s s e s s m e n t psicologico. In particolare, è possibile notare come Miss Marple valorizzi il colloquio come strumento di raccolta di informazioni importanti per far luce sui casi che le s i prospettano, ricordando così, almeno in parte, l’utilizzo del c o l l o q u i o i n s e d e s i a p s i c o l o g i c a c h e psicoterapeut ica (Zeiger, 1991). Nello specifico, spesso i colloqui di Miss Marple con gli altri personaggi delle sue avventure sono condotti al fine d i o t t e n e r e r i s p o s t a a specifiche domande, quali, ad e s e m p i o “ C o s a c i s t a veramente dicendo il nostro interlocutore?”, oppure “Come il nostro interlocutore inizia la conversazione con noi?”, che sono tipiche del modo di procedere dell’indagine clinica (Zeiger, 1991). Un ulteriore aspetto inerente al rapporto tra la psicologia clinica e il romanzo giallo è rappresentato dal modo in cui determinate manifestazioni psicopatologiche vengono descritte e narrate dall’Autore influenzato dal contesto storico e socio-culturale di riferimento. Nell’opera di Dame Agatha Christie, ad esempio, compare un caso di epilessia da stress post traumatico nel romanzo “La serie infernale” (The A.B.C. Murders, 1936); nello sviluppo narrativo viene posto l ’ a c c e n t o a n c h e sull’isolamento, legato allo stigma sociale, vissuto dal personaggio (Gildersleeve, 2016). L’opera ci tata permet te, peraltro, di evidenziare come determinati costrutti centrali per la psicologia e le scienze della mente, quali il trauma, vengono spesso rappresentati nei romanzi gial l i , come r i l e v a b i l e a n c h e n e l l e produzioni d i Raymond Chandler (Gildersleeve, 2016; Gad, 2020; Hwang & Huang, 2022).
Conclusioni
I rapporti tra il romanzo giallo e la psicologia, soprattutto quella clinica, nel dibattito scientifico attuale appaiono ben più complessi di quanto s p e s s o s i t e n d a a d immaginare; e l’analisi di q u e s t e r e l a z i o n i o f f r e i n t e r e s s a n t i s p u n t i d i riflessione sia in chiave epistemologica che per la formazione dei clinici. Un primo spunto di riflessione riguarda la possibilità di avvalersi , seppur con le dovute contestualizzazioni e precisazioni, dei romanzi gialli – ma più in generale della crime-mistery fiction – come di strumenti accattivanti e divertenti d’apprendimento nei percorsi di formazione dei clinici, utilizzo suggerito da Centor e Heudebert (2021), essendo, proprio per queste l o r o c a r a t t e r i s t i c h e , particolarmente efficaci n e l l ’ a c q u i s i z i o n e d e l l a metodologia d’indagine ai fini diagnostici o di ricerca e delle stesse tecniche psicologiche, quali, ad esempio, quelle relative alla conduzione del colloquio. La crime-mistery fiction appare inoltre come uno strumento utile per comprendere meglio non solo le logiche interne al r a g i o n a m e n t o c l i n i c o diagnostico ma anche le m o d a l i t à i n c u i l e m a n i f e s t a z i o n i c l i n i c h e vengono rappresentante nei diversi contesti storici e socio-culturali. Peraltro l ’ u t i l i z z o d e l l e narrazioni di genere “giallo” potrebbero consentire di meglio cogliere le specificità dei processi di pensiero implicati nel ragionamento diagnostico non riconducibili a meri ragionamenti induttivi bensì a ben più complesse operazioni di sintesi dei dati o t t e n u t i n e l p e r c o r s o d’indagine. Un’altra serie di riflessioni ruota attorno all’importanza che il pensiero analitico/logico-scientifico e quello narrativo assumono per il ragionamento clinico diagnostico, sia in termini di formulazione di ipotesi che in termini di restituzione della diagnosi al p a z i e n t e e / o a d a l t r i professionisti. Queste due dimensioni del pensiero devono i n f a t t i integrarsi affinché sia possibile seguire uno schema di ipotesi e verifiche rigoroso, capace di rispettare le linee guida e i protocolli della EBM (Evidence Based Medicine; cfr. Repezzi et al., 2021), ma che allo stesso tempo non limiti la comprensione del paziente e della sua storia all’interno di questi confini (Teive & Lees, 2017). L’integrazione di queste due forme del pensiero appare essenziale anche per poter c omu n i c a r e i n ma n i e r a scientificamente corretta e allo stesso tempo empatica al paziente la stessa diagnosi ottenuta con l’indagine clinica. La restituzione narrativa dei risultati peraltro è un tema che non riguarda unicamente la pratica clinica ma anche la ricerca (Davis, 2021; Lehmann & Brinkmann, 2021), a favore di quel l ’ integrazione t r a “scienza analitica” e “scienza romantica” auspicata da Lurija e ripresa da Sacks, in grado di s u p e r a r e a l m e n o t e n d e n z i a l m e n t e l a tradizionale antinomia tra esprit de geometrie e esprit de finesse tipica della modernità ormai passata. In conclusione si potrebbe replicare per la p s i c o l o g i a q u e l c h e Wittgenstein ha scritto per la filosofia: “Davvero non riesco a capire come si possa leggere Mind [il periodico dedicato dal 1876 alla filosofia e alla psicologia – ndr] invece di Street and Smith [storici editori di fiction gialla, mystery e sci-fi – ndr]. Se la filosofia ha qualcosa a che vedere con la saggezza, senza dubbio in Mind non ce n’è neppure un granello, mentre spesso se ne trova un granello nei racconti polizieschi.” (cit. in Blitris, 2007; 2011).
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