Quando il giudizio degli altri diventa troppo importante: il fenomeno dell’ansia sociale
di Loredana Luise
Negli ultimi tempi incontro sempre più spesso ragazzi o ragazze che mi raccontano di provare una forte ansia, soprattutto in situazioni nelle quali devono riuscire a dimostrare il loro valore agli altri, come nelle interrogazioni a scuola e nelle gare sportive. Lavorando negli sportelli d’ascolto a scuola mi capita d’imbattermi in ragazzi dagli 11 anni in su, che mi riferiscono di sentirsi minacciati da quello che gli altri possono pensare, e non necessariamente dagli adulti, quanto piuttosto dai loro coetanei. E’ una vera e propria necessità di evitare figuracce, o situazioni imbarazzanti, che possano metterli in cattiva luce rispetto al gruppo, del quale ricercano continuamente l’approvazione. Spesso sono ragazzi timidi e taciturni che osservano in silenzio le dinamiche del gruppo, ma a volte sono anche soggetti ben inseriti che invece si sentono sempre sotto giudizio dei loro coetanei. Mi capita di ricevere richieste di consulenza da parte di genitori preoccupati dei loro figli che manifestano questo tipo di disagio emotivo, e altre volte da parte di insegnanti che si trovano a gestire situazioni piuttosto difficili e particolari nel contesto classe.
La pandemia ha peggiorato la situazione
L’ansia sociale è un fenomeno conosciuto e studiato lungamente, ma probabilmente, le situazioni di isolamento degli ultimi due anni, legate alla situazione pandemica, hanno notevolmente esacerbato questa sintomatologia. La mia sensazione è che chi probabilmente già prima della pandemia in qualche modo provava molta apprensione per i contesti di prestanza, avendo sperimentato per lungo tempo l’isolamento, ed evitato situazioni di gruppo o semplicemente di confronto, sia ancora più disabituato a dimostrare agli altri quanto valga veramente.
Limite tra timidezza e ansia sociale
I ragazzi timidi e riservati sono sempre esistiti, noi tutti abbiamo avuto un compagno talmente timido dall’averne sentito a malapena la voce, ma il limite tra timidezza ed evitamento per ansia sociale è molto sottile. Molti soggetti timidi riescono comunque a essere prestanti e a vivere il loro stato di riservatezza come una caratteristica personale anche apprezzata o apprezzabile, altri invece, lottano con la paura di confrontarsi al punto da isolarsi. La riduzione delle esperienze sociali e delle situazioni di confronto pubblico ha sicuramente fornito invece esperienze piacevoli di isolamento che hanno rafforzato la strategia di evitamento dei contesti pubblici di confronto. Il fenomeno dell’isolamento sociale da parte di ragazzi, giovani adulti e anche adulti è oramai una realtà in crescendo e va di pari passi con l’iperconnessione ad internet e il progressivo estraniamento da contesti di vita concreta. Anche chi da lungo tempo lavora in smartworking, ed ha da sempre delle caratteristiche di personalità tendenti all’individualità, sicuramente predilige la situazione che vive evitando i contesti di confronti che sono da sempre fonte di ansia, con il rischio di non riuscire più a gestire però un futuro rientro in un contesto sociale.
Quali sono i vissuti di chi vive questo stato emotivo
I ragazzi che si rivolgono agli sportelli d’ascolto o che vengono con le famiglie in consulenza privata riportano spesso come sintomi anticipatori stati di tachicardia, iperventilazione, difficoltà a deglutire o problemi gastrointestinali. Gli effetti sull’evento specifico invece sono l’impossibilità o la difficoltà a parlare, l’annebbiamento, l’amnesia momentanea o lo stato confusionale generalizzato. Tra gli adulti che nel tempo hanno imparato a riconoscere i sintomi mi raccontano di utilizzare varie strategie di evitamento che spesso però si correlano con sintomi fisici precisi dei quali sanno fare dettagliatamente il resoconto. A conferma di uno studio condotto da Beck e Emery la modalità che utilizzano questi soggetti per valutare le situazioni a rischio ha un doppio codice. Quando sono lontani dallo stimolo fonte d’ansia, hanno una valutazione completamente razionale mentre appena si avvicinano alla situazione ansiogena utilizzano un codice del tutto irrazionale che non consente loro di affrontarla in modo adeguato, per lo meno emotivamente. Molti di loro riescono anche a essere comunque produttivi e precisi ma lo sforzo per raggiungere tale perfezione va notevolmente a discapito di un minimo equilibrio emotivo e lontanissimo dalla possibilità di poter godere del risultato. Altri invece sono in tale difficoltà che pregiudicano notevolmente il risultato inanellando una serie d’insuccessi l’uno sull’altro che minano completamente la loro autostima.
Ma qual è l’origine di questo estremo bisogno di approvazione altrui?
L’ansia sociale è un vero e proprio disturbo multifattoriale e per tale motivo si presume che possa originare da fattori genetici, da fattori ambientali e educativi o in alcuni causi da eventi traumatici. Molti studi confermano il fatto che crescere con un genitore che ha un vissuto simile, con molta probabilità comporterà l’insorgere di questa sintomatologia: l’ipervigilanza, l’atteggiamento fobico controllante o le eccessive aspettative di risultati e successi come modalità educativa dei genitori sono altri fattori predisponenti. L’autostima è sicuramente il valore chiamato in causa principalmente in questi contesti esperenziali. Un soggetto che non ha un’adeguata autostima, che vive da sempre grandi insicurezze rispetto le sue capacità e potenzialità, sicuramente teme molto di più il giudizio degli altri rispetto a chi è riuscito ad accrescere la propria autostima e il proprio valore personale. Quindi le modalità di attacamento con i genitori o le figure di accudimento, una tendenza educativa giudicante e molto attenta alle apparenze e all’immagine pubblica possono sicuramente influire sull’insorgenza di questi vissuti emotivi.
Quando si trasforma in un vero e proprio disturbo
Sappiamo che è impossibile prescindere completamente dal giudizio degli altri. In una società in cui la ricerca del LIKE sui social e della continua approvazione di massa, il rischio che si corre è che si perda di vista l’importante processo di autodeterminazione e di valore personale che sono necessari alla formazione dell’autostima. Se già da bambini si inizia a vivere i contesti sociali in questo modo, la vita diventa veramente faticosa, ed in effetti molti studi dimostrano come sia logorante per il fisico e per la mente mantenere costanti questi alti livelli d’ansia e di connessa ipervigilanza. Riconoscere quanto prima in modo razionale la possibilità di incorrere in un vero e proprio disturbo è il primo passo, affrontare un preciso percorso per gestire la sintomatologia e lavorare sui pregressi che hanno determinato tale propensione personale è il passaggio successivo per evitare che le conseguenze inficino poi molti ambiti della nostra vita.
Come affrontare questo vissuto emotivo
Per I genitori
Un consiglio che mi sento di dare ai genitori è quello di non minimizzare o sottovalutare questo genere di vissuto dei loro figli. Accogliere le loro emozioni condividere assieme i vissuti, ragionare su come gestire queste esperienze emotive può portare ad una normalizzazione della situazione. E’ risaputo che un minimo d’ansia nelle situazioni di prestanza è necessaria, anzi probabilmente funzionale, ma bisogna evitare che la sintomatologia dilaghi. L’EDUCAZIONE EMOTIVA deve essere un punto cardine nella crescita dei figli.Genitori come veri e propri allenatori di emozioni e di vissuti emotivi, solo così i ragazzi possono acquisire la sicurezza e la forza per affrontare le diverse difficoltà della vita.
Qualora però la sintomatologia fosse molto presente e consolidata possono venire in soccorso alcune tecniche di rilassamento della mindfulness alla quale mi sono molto appassionata, associate ad un percorso di psicoterapia specifico. La mindfulness può anche aiutare i genitori di bambini molto piccoli, attraverso l’apprendimento di alcune tecniche da riproporre poi a casa, e anche i ragazzi che possono acquisire una consapevolezza diversa del valore delle loro emozioni.
Per gli adulti
Come riportavo in precedenza la razionalità dimostrata da chi manifesta e racconta questo vissuto emotivo è totalmente concentrata sulla comparsa del sintomo e sulla ritualità degli eventi che lo scatenano. Il problema sta proprio nell’irrazionalità del momento specifico, nel quale l’insicurezza derivante dalla predizione del giudizio altrui dilaga. Anche per gli adulti il percorso d’aiuto parte da un supporto per la gestione dei momenti specifici di crisi, con tecniche di rilassamento, con un allenamento attivo da riproporre nella quotidianità, e con un percorso personale di psicoterapia per andare a sviluppare una consapevolezza diversa di sé.
Ci sono moltissimi manuali di gestione dell’ansia, in internet piovono consigli di ogni genere e tipo ma, ognuno deve affrontare il problema con le proprie risorse sviluppando e riconoscendo il proprio valore. Imparare a vivere in maniera più positiva e meno attenta al giudizio altrui o all’iper-giudizio personale è un percorso che si può fare e che ognuno di noi si può meritare.
Riferimenti sitografici
https://www.treccani.it/enciclopedia/fobia_%28Universo-del-Corpo%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Intelligenza_emotiva
https://it.wikipedia.org/wiki/Mindfulness
Bibliografia
Beck A.T. e Emery G. Greenberg R.L. (1988)L’ansia e le fobie Astrolabio Ed.
Pontillo M. Vicari S. (2020) L’ansia nei bambini e negli adolsecenti. Riconoscerla e affrontarla Il Mulino Ed.
Marsigli N. Popolo R. Procacci M. (2011) Ansia e ritiro sociale. Valutazione e trattamento Cortina Ed.
Procacci M. Semerari A. (2019) Ritiro Sociale. Psicologa e clinica Erickson Ed.
Lancini M. (2019) Il ritiro sociale negli adolescenti. La solitudine di una generazione di iperconnessi Cortina Ed.