“SEX EDUCATION” E IL RUOLO DELLA TERAPIA
di Paola Papini
La serie televisiva britannica “Sex Education” è essenziale in un mondo che fa fatica a considerare la
pluralità identitaria che caratterizza gli adolescenti dell’ultimo ventennio.
La serie teen parla di Otis, un ragazzo di 13 anni, dei suoi compagni di scuola e ha come parola d’ordine
l’inclusione. La stagione di chiusura, uscita a settembre del 2023, non ha deluso le aspettative. Infatti, è
stata in grado di sfatare miti e tabù sul sesso in modo schietto e semplice, ci ha regalato una visione di una
scuola progressista che fa attenzione al benessere della persona e dell’ambiente che viviamo e ha dato la
possibilità di riconoscere quelle che sono le tante condizioni in cui viene vissuta la sessualità e l’intimità ad
un’età tanto critica come l’adolescenza ma anche a chi, invece, questa fase l’ha già superata.
“Sex education” non è solo questo, durante le quattro stagioni si parla di dubbi e paure che si affrontano
alle scuole media, bullismo, genitorialità prendendo in considerazione il contesto e un vissuto di cui si carica
ogni attore. Le scene vengono scandite dai diversi personaggi che affrontano i vari compiti evolutivi
rappresentati come delle sfide e che comportano la messa in gioco delle emozioni così come l’emergere di
determinati tratti di personalità. La fase più comune che è stata rappresentata è quella della formazione di
identità, più nello specifico si parla di diffusione dell’identità.
Blos sostiene che obiettivo dell’adolescenza sia l’elaborazione delle esperienze da parte di ragazze e ragazzi
per arrivare ad un’organizzazione stabile dell’Io. Nel raggiungimento di tale obiettivo l’autore sottolinea da
un lato lo sviluppo sessuale e la conseguente lotta che l’Io ingaggia per non essere sopraffatto dall’ondata
pulsionale ad esso collegata e, dall’altro, introduce, mutuando il concetto dalla Malher (1975) che aveva
definito l’adolescenza il “secondo processo d’individuazione”, l’attivazione da parte dell’adolescente dei
processi di separazione e individuazione, che lo porteranno alla costituzione del senso d’identità.
Centrale nella serie è, inoltre, il ruolo che riveste la terapia. Emblema di quest’ultima è la mamma di Otis
Milburne, che diventa dapprima la terapeuta della scuola per poi passare il testimone al figlio e alla sua
amica Maeve che si convincono che possono essere terapeuti dei loro stessi compagni organizzandosi in un
primo momento in dei bagni abbandonati per poi ritagliarsi uno spazio all’interno della scuola.
La serie sembra voler, da una parte, normalizzare in modo da far sembrare affrontabili, umane, gestibili e,
soprattutto, reali quelle che oggi vengono ancora da molti viste come diversità (omogenitorialità,
bisessualità, transessualità…). Viene affrontata, in maniera indiretta, la mancanza di personale
adeguatamente formato all’interno delle scuole che siano in grado di affrontare determinati temi. D’altra
parte c’è il rischio di ridurre a dei clichè il ruolo del terapeuta, di confondere quest’ultimo come qualcuno
che dispensa consigli piuttosto che occuparsi della sofferenza psicologica, dell’empatizzazione con le
emozioni degli altri, dell’ascolto dei pensieri, delle paure, delle gioie e delle delusioni attraverso delle
tecniche acquisite con la formazione e l’esperienza.
Il mondo in cui è ambientato “Sex education” è fondamentale per aprire un dialogo ma allo stesso tempo
potrebbe risultare eccessivamente utopico e difficilmente comprensibile a chi ancora mostra delle
resistenze alla società contemporanea.
Bibliografia
Blos P. (1962) L’adolescenza. Un’interpretazione psicoanalitica trad. it., Franco Angeli, Milano, 1980.
Mahler M. S., Pine F., Bergman A. (1975) La nascita psicologica del bambino trad. it., Boringhieri, Torino,
1978.
Erik H. Erikson, I cicli della vita. Continuità e mutamenti. Armando editore