Stress lavoro-correlato e genere: un’immagine sulle lavoratrici

di Di Martino Daniela

da Psicologinews Scientific

Stress lavoro-correlato e genere: un’immagine sulle lavoratrici

Il D.Lgs n. 81/2008 e le successive disposizioni integrative e correttive del D.Lgs . 3 agos t o 2 0 0 9 n. 1 0 6 introducono l’obbligo di attuare la valutazione dello stress lavoro-correlato, ciò per tutte le aziende (pubbliche e private), secondo quanto previsto da due documenti:

– l’Accordo Quadro Europeo sullo stress lavoro-correlato (recepito il 9 Giugno 2008)

– le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Luogo di Lavoro (18 Novembre 2010)

Il D. LGS n.81/2008 rappresenta una rivoluzione rispetto all’attenzione posta alle differenze di genere nell’esposizione ai rischi professionali e in particolar modo a quelli specificamente connessi allo “stress lavoro-correlato”. L’ articolo 6, comma 8 let. L afferma che la prevenzione di questo rischio non possa esulare dal riconoscimento delle differenze di genere e cito: La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il c o m p i t o d i … . p r o m u o v e r e l a considerazione della differenza di genere in relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione.

Viene dunque superato il paradigma della prevenzione e protezione della salute sui luoghi di lavoro a carattere “neutro” e si valorizza la specificità di genere nell’interazione con l’ambiente di lavoro. Lo stress lavoro-correlato è un rischio professionale che evidenzia differenze significative tra le lavoratrici e i lavoratori rispetto a cause, effetti e conseguenze.

Il principale fattore di stress per il g e n e r e f e m m i n i l e r i g u a r d a l a conciliazione lavoro/famiglia e i l cosiddetto fenomeno del “doppio carico”.

Le donne sono sempre più presenti nel mercato del lavoro, tuttavia a ciò non è ancora seguita una piena ed equa rimodulazione dei carichi extralavorativi tra i generi. Ancora oggi le donne si occupano dell’accudimento di figli e familiari anziani, in misura maggiore rispetto agli uomini.

La conciliazione lavoro/famiglia si configura, pertanto, come la prima e principale fonte di stress lavoro-correlato per le donne. I l “doppio car ico” rappresenta il problema principale d’accesso ad adeguati meccanismi di recupero psico-fisico: basti pensare che secondo un’indagine ISTAT, i lavoratori maschi dedicano in media 2 ore all’assistenza dei familiari, le donne ne dedicano in media 5 e mezza. Ciò implica che in Italia, mediamente, una donna ha meno tempo libero rispetto ad un uomo.

Il fenomeno del “doppio carico” ha effetti anche sulla sfera emotiva, in particolare, il timore della donna di penalizzare la carriera in caso di gravidanza o matrimonio, e viceversa, il timore di penalizzare la famiglia a causa del lavoro, sono due dinamiche mentali estremamente presenti e negative per la salute mentale femminile.

A ciò si aggiungono le tensioni che spesso insorgono con i datori di lavoro di fronte a richieste di turnistiche agevolate, permessi, aspettative che nascono dalla necessità di meglio conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari. Altro aspetto intorno al quale più spesso nascono tensioni sono le comprensibili resistenze della donna a svolgere trasferte/distacchi in luoghi lontani dal domicilio e quindi dalla propria famiglia.

Questi fenomeni sono annoverati tra le principali cause del maggior disagio delle donne lavoratrici rispetto agli uomini. Secondo alcuni studi il “doppio carico” rappresenterebbe anche una delle cause del minor accesso delle donne a posizioni gerarchiche apicali (fenomeno del “Soffitto di cristallo”).

Un altro fenomeno che attanaglia il genere femminile sui luoghi di lavoro riguarda le molestie sessuali.

Sembra incredibile ma solo di recente le molestie hanno cominciato ad assumere un valore e un significato giuridico. Alcuni atteggiamenti maschili sono stati a lungo considerati dalle stesse donne come parte della comune convivenza con gli uomini sul luogo di lavoro. Dare a quegli stessi comportamenti il valore di u n a i m p r o p r i a e o l t r a g g i o s a prevaricazione e, quindi, di molestia, è una conquista dei nostri tempi.

Definire la molestia non è semplice. Su questo tema ci viene in soccorso la raccomandazione dell’Unione Europea sulla tutela delle donne e degli uomini sul lavoro (1991)che introduce, a tale riguardo, in modo esplicito, il concetto di m o l e s t i a , s p e c i fi c a n d o n e l e caratteristiche:

– “reiterazione”, ossia di insistenza; – “ intenzional i tà” , ossia volontà soggettiva di offendere;

– “ indesiderabi l i tà” di determinat i comportamenti, da parte di chi li subisce.

Questi aspetti sono difficilmente obiettivabili e dimostrabili, in quanto spesso diventa rilevante la percezione soggettiva d i chi subisce quei comportamenti. Ciò che fa veramente la differenza sono: la percezione, il vissuto e le reazioni che carat ter izzano l’esperienza di una donna molestata da un uomo .Questo aspetto, rende ad oggi ancora difficile l’applicazione di sanzioni al fenomeno delle molestie.

Analizziamo come ultimo elemento di stress lavoro-correlato il mobbing.

A tal proposito è utile riportare uno studio condotto dall’Università degli studi di Pavia (Tonin e coll.). In questo studio sono stati elaborati statisticamente i dati d i p a z i e n t i e s a m i n a t i p r e s s o l’ambulatorio di Medicina del Lavoro istituito presso la suddetta l’Università, tra il 2001 e il 2009.

Tra i lavoratori con diagnosticata “sindrome da mobbing” o patologie correlabili, si è riscontrata una netta preponderanza del sesso femminile (65%). Del 65% delle donne vessate:

1. la percentuale più alta appartiene alla fascia d’età compresa tra i 34 e i 45 anni;

2. si tratta di soggetti con scolarità medio -elevata;

3. la professione prevalente è quella impiegatizia.

Ad un’analisi dettagliata notiamo che, al punto 1, la fascia di età tra i 34 e i 45 anni risulta essere più esposta ad atteggiamenti “mobbizzanti”. Sarebbe a tal proposito interessante uno studio di correlazione tra mobbing e incremento degli impegni legati all’ambito familiare, in considerazione del fatto che questi ultimi caratterizzano maggiormente proprio questa fascia d’età.

Uno studio effettuato nel 2008 dall’Apem fornisce risultati sostanzialmente convergenti, evidenziando come la fascia d’età più colpita dal mobbing, coincida proprio con il picco dell’età fertile, dai 25 ai 37 anni.

I comportamenti mobbizzanti verso le donne tendono a presentarsi soprattutto al rientro dalla maternità, quando si ha più necessità di allontanarsi, con una cer ta f requenza, dal lavoro per provvedere al le cure fami l iar i . È ragionevole ipotizzare che il sesso femminile sia più esposto al fenomeno perché rappresenta la categoria che più frequentemente ricorre ad agevolazioni contrattuali come riduzioni di orario, aspettative, congedi e permessi.

Se è la donna a “mobbizzare” ? Secondo una ricerca americana del Workplace Bullyng Institute, sul lavoro il 40% dei responsabili di mobbing sono donne e, quando è la donna il soggetto “mobbizzante”, il bersaglio ideale sono, nel 70% dei casi, altre donne. Questo dato appare paradossale e mette in evidenza che spesso sono le stesse donne a sviluppare idee sessiste e ad avere atteggiamenti aggressivi nei confronti del loro stesso genere.

Infine, riguardo a questo fenomeno, è utile richiamare il concetto di “doppio mobbing” definito per la prima volta da H.Ege, per descrivere quella situazione in cui le donne vessate sul lavoro, spesso non trovano neanche in ambito familiare degli adeguati supporti sociali e psicologici.

Considerazioni conclusive

Penetrare i processi lavorativi per conoscerne a fondo le variabili presuppone una c u l t u r a d e l l a prevenzione, salute e sicurezza, nei luoghi di lavoro, che contempli un’attenzione particolare al genere e non solo al genere femminile (anche agli uomini va restituita culturalmente la pari opportunità nel campo del lavoro familiare).

La promozione della salute sui luoghi di lavoro deve tener conto della qualità della vita che passa attraverso il riconoscimento e la valorizzazione delle diversità, da trasformare in valore aggiunto e arricchimento per l’intera organizzazione.

Bibliografia

-D.LGS 81/2008 e s cuc ces s i ve modificazioni e integrazioni

-Accordo Quadro Europeo sullo Stress Lavoro-Correlato-8 Ottobre 2004

-http://www.mobbing-prima.it/mobbing-parolaesperti1. html

-https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/ articles/PMC7809986/