The Hero’s Journey

di Sara Sabbioni

Sono una psicologa che lavora da circa 16 anni a Dublino (Irlanda) in un centro di riabilitazione per adulti affetti da lesioni cerebrali.

La maggior parte dei miei pazienti mi racconta che prima di venire da noi conduceva un vita normale: lavoro, famiglia, amici; alcuni facevano sport e seguivano una sana alimentazione, poi improvvisamente qualcosa e’ successo: un ictus, una emorragia cerebrale o un incidente d’auto.., uno tsunami che ha sconvolto la loro vita per sempre.

Oltre a causare ripercussioni disastrose nelle loro vite (perdita del lavoro, delle amicizie, perdita dell’autostima, deficit fisici e/o cognitivi ecc..) questo evento ha sconvolto anche la vita dei loro cari. Spesso i familiari si sentono confusi e incontrano notevoli difficolta’ ad aiutare i loro cari nel loro percorso riabilitativo. Per questo motivo ho deciso di scrivere questo breve articolo con la speranza che possa essere di aiuto a qualcuno che purtroppo si trova in questa sfortunata situazione.

Quando incontro per la prima volta un paziente, alla domanda  “come ti posso aiutare” la risposta e’ sempre la stessa “vorrei ritornare quello di prima”. Quello che cerco di far capire ai miei pazienti, e ai familiari, durante il loro percorso teraputico è che la persona di prima, dell’incidente, non c’e’ piu’, e bisogna ricostruire un nuovo “io”.

Il percorso riabilitativo e’ un processo molto difficile e faticoso, caratterizzato da alti e bassi, numerosi momenti di sconforto alternati a sporadici momenti di speranza. Il diagramma di John Fisher “Process of Trasition, 2012” spiega molto bene, a mio avviso,  come alcuni pensieri negativi siano normali quando si affronta un cambiamento cosi’ difficile. Pertanto, un solido supporto sociale  e’ cruciale per un esito positivo. 

Purtroppo alcune conseguenze di una lesione cerebrale, sebbene possano  migliorare nel tempo, non scompaiono completamente. E’ importante che chi si relaziona con una persona con danni cerebrali sia consapevole di  cio’ così come il paziente.

Ricordo di una giovane mamma, che dopo un ictus non riusciva piu’ ad essere multitasking, la figlia le diceva: “ancora con questa scusa dello ictus, mamma? e’ successo tre anni fa’ quando imperarai a voltar pagina”? 

In alcune casi, i deficit si manifestano solo internamente con problemi emotivi, psicologici e/o cognitivi e  pertanto sono invisibili  dal mondo esterno, per questo  si parla spesso di “Hidden Disability”. A questo proposito, un paziete divenuto inabile alla guida e costretto pertanto a spostarsi con mezzi pubblici, portava con sè un bastone nonostante non ne avesse bisogno perche’ gli altri passeggeri sull’ autobus gli cedessero il loro posto a sedere.

Un danno cerebrale puo’ anche portare un disturbo del linguaggio noto come Afasia, caratterizzato dalla difficolta’ di espressione o comprensione della lingua. Nella forma espressiva, la persona spesso ha bisogno di qualche secondo in piu’ per formulare la frase. Mossi da buoni propositi, amici e familiari spesso intervengono in loro soccorso completando la frase per loro, qualche volta dare del tempo alla persona per finire il concetto e’ molto piu’ di aiuto . Una mia paziente si sente molto frustrata quando incontra i famigliari perche’ non riesce mai a copletare una frase con loro. 

L’ultimo suggerimento che mi sento di dare ai familiari e’ di abbandonare l’atteggiamento iperprotettivo e di permettere alla persona di misurarsi con le proprie difficolta’ e decisioni perchè ciò la aiutera’ a progredire nel suo percorso. Ovviamente questo va fatto gradualmente e bisogna sempre fornire una rete di sicurezza  su cui il paziente puo’contare.

Bibliografia:

“Hero’s Journey: Adult Educational Group Curriculum” Kit Malia, Anne Brannagan

John Fisher- Process of Transition, 2012