Convivere con la malattia rara ai tempi del COVID-19. Alcune riflessioni a partire dalla lettura del libro “Nessuno è escluso” di Fortunato Nicoletti (LFA Publisher, 2020)
di Francesca Dicè
La ricezione di una diagnosi di malattia è definita, in letteratura scientifica, la “ c o m u n i c a z i o n e d e l l e c a t t i v e notizie” (Buckman, 2003; Freda et al., 2015) ed è un compito tanto complesso da portare la medicina ad identificare una serie di protocolli dialogici per sostenere i medici nella sua esecuzione. In pediatria il compito è ancora più difficile perché a dover ricevere la cattiva notizia sono (almeno) tre persone (ovvero i genitori ed il bambino) e perché, ad esso, si affianca la necessità di sostenere la famiglia nel difficile percorso di comprensione e declinazione nel l a quot idiani t à dei protocol l i terapeutici (Jankovic & Gangemi, 2018; Freda et al., 2015). Questo è quanto dicono medici e psicologi che da anni lavorano nel sistema sanitario, operando per attivare importanti risorse necessarie a fronteggiare le difficoltà connesse alla gestione e la cura della malattia cronica (Buckman, 2003; Jankovic & Gangemi, 2018; Freda et al., 2015). Fortunato e Maria Nicoletti, invece, raccontano cosa avviene dall’altro lato della scrivania, ovvero la storia di una famiglia che, dopo tante altre esperienze impegnative, fra cui il trasferimento da Napoli a Milano, ha deciso di condividere con i lettori lo sgomento ed il disorientamento di chi vede trasformate le emozioni per la n a s c i t a d i R o b e r t a M a r i a i n preoccupazioni pr ima per la sua sopravvivenza, e poi per la qualità della sua vita.
Per una bambina affetta da una malattia rara, infatti, il percorso di cura può trasformarsi in un vero e proprio calvario; spesso queste malattie sono dette “orfane”, ovvero talmente rare che non rappresentano un comune oggetto di ricerca, per le quali non sono disponibili terapie specifiche, e sono di interesse limitato per ricercatori e medici (Zhang et al . , 2011) . Ciò non fa al t ro che a u m e n t a r e l o sgomento ed i l disorientamento a cui si accennava prima, portando però la famiglia ad attivare risorse e conoscenze al punto tale da sviluppare quella che in let teratura viene defini ta la “ lay competence”, una competenza detta “ingenua”, ovvero non acquisita mediante uno specifico percorso di studi, ma attraverso l’esperienza vissuta (Salvatore & Valsiner, 2010). Ecco quindi che la famiglia Nicoletti, come tante famiglie che gestiscono una malattia orfana, si è ritrovata a diventare titolare della cura della piccola Roberta, collaborando attivamente con la medicina per la definizione di tempi e modalità di intervento, contribuendo a strutturarne i percorsi e promuovendo lo sviluppo di reti associazionistiche che mettono in comunicazione, con grande benefici, realtà similari.
Nonostante la messa in atto di tante risorse, la loro situazione è stata u l t e r i o r m e n t e c o m p l e s s i z z a t a dall’insorgere dell’epoca pandemica (Chung et al. 2020): per una bambina con una condizione clinica tanto delicata, essere contagiata dal COVID-19 potrebbe comportare conseguenze molto pericolose per la sua vita; pertanto, la sua sicurezza richiede comportamenti estremamente severi, che devono essere rigorosamente rispettati da tutta la sua famiglia ma anche degli operatori sanitari che le offrono assistenza domiciliare.
A tale riguardo, un’ultima considerazione riguarda l’affaticamento dei figli più grandi. È infatti sempre importante non trascurare la questione dei siblings, ovvero i fratelli del figlio con malattia cronica, che si trovano a vivere, in particolare modo in età adolescenziale, una particolare fatica nella gestione del fratello o, nel loro caso, della sorella bisognosa di cure (Grootenhuis et al., 2020). Infatti, durante un’emergenza sanitaria complessa come quella attuale, alla profonda consapevolezza delle necessità familiari, ed ai vissuti affettivi nei confronti di Roberta, possono infatti anche affiancarsi stanchezze ancora più difficili da gestire rispetto a quelle del mondo adulto, soprattutto se associate ai profondi sacrifici richiesti loro dalle già faticose misure di contenimento.
Ritengo che i contenuti descritti in questo testo siano di grande interesse, soprattutto per gli operatori sanitari, poiché rappresenta la possibilità, ancora una volta, di apprendere dall’esperienza delle persone che incontro nel mio lavoro, di non dimenticare mai il loro punto d i v i s t a , i loro tempi d i elaborazione e soprattutto il rispetto della loro fatica richiesta dalla gestione delle necessità familiari.
Bibliografia
•B u c k m a n R . , 2 0 0 3 . L a comunicazione della diagnosi in caso di malattie gravi. Trad. It. Roma: Raffaello Cortina Editore. ISBN 9788870787986
•Chung CYC, Wong WHS, Fung JLF, Rare Disease Hong Kong, Chiung BHY (2020). Impact of COVID-19 pandemic on patients with rare disease in Hong Kong. European Journal of Medical Genetics, 63(12) DOI 10.1016/j.ejmg.2020.104062
•Freda M.F., Dicé F. & De Luca Picione R. (2015). Una proposta metodologica di integrazione: Lo Scaffolding Psicologico per la relazione sanitaria. Rivista di Psicologia Clinica, 2:11-25. doi: 10.14645/RPC.2015.2.540
•Grootenhuis M., Jankovic M., van der Bergh E. & Aarsen F. (2020). Psychosocial care. In: Caron et al., Oxford Textbook of Cancer in Children, Oxfors University Press. Oxford (UK): 9780192517692
•Jankovic M. & Gangemi M., 2018. Comunicazione di diagnosi difficile… ma non solo. Quaderni ACP, 25(2): 52-55. ISBN 2039-1374
•Salvatore S. & Valsiner J. (2010). Between the General and the Unique: Overcoming the nomothetic versus idiographic opposition. Theory and Psychology, 20(6), 817-833.
•Zhang M., Zhu C., Jacomy A. & Lu LJ. (2011). The Orphan Disease Networks. The American Journal of Human Genetics 88(6):755-66 DOI: 10.1016/j.ajhg.2011.05.006