L’alcol e i suoi effetti sulla salute psicofisica
di Greta Del Taglia
Tra intossicazione e sbornia
L’alcol è una sostanza ad azione sedativa che agisce sul sistema nervoso centrale e, come altre sostanze psicoattive o droghe, provoca dipendenza e causa gravi disturbi psicologici e fisici.
Viene definito “alcolismo” lo stato che deriva dall’abuso continuato e compulsivo di bevande alcoliche. L’abuso di alcol determina problemi sociali, lavorativi/scolastici e familiari; riduce i freni inibitori e porta ad assumere comportamenti a rischio (ad esempio, comportamenti sessuali violenti, oppure la guida in stato di ebbrezza).
L’intossicazione (ubriacatura o sbornia) produce effetti simili a quelli prodotti dalle benzodiazepine (e cioè i farmaci antidepressivi).
Fra le conseguenze dell’uso di alcol ci sono, inoltre, sbalzi d’umore, depressione, ansia e insonnia. Può aumentare il rischio di incidenti, di suicidio e di condotte aggressive.
Gli effetti tossici dell’alcol possono produrre, infine, sintomi fisici gravi: problemi legati al controllo motorio, al linguaggio, a funzioni mentali e di memoria, oltre a danni al fegato, gastrointestinali, cardiovascolari e ipertensione.
Servizi pubblici e alcolisti: qualche dato
L’utenza è andata tendenzialmente aumentando nel tempo; negli anni più recenti il trend crescente è soprattutto evidente per gli utenti già in carico e rientrati.
Nel 2015 sono state prese in carico presso i servizi o gruppi di lavoro 72.377 persone.
Il 26,6% dell’utenza complessiva è rappresentato da utenti nuovi; la quota restante da persone già in carico dagli anni precedenti o rientrati nel corso dell’anno, dopo aver sospeso un trattamento precedente.
Il rapporto M/F è pari a 3,4 per il totale degli utenti.
L’analisi per età evidenzia che la fascia più interessata è 40-49 anni (circa 31% dei soggetti), sia per l’utenza totale che per le categorie nuovi e vecchi utenti. I nuovi utenti sono più giovani di quelli già in carico o rientrati: nel 2015 si osserva che l’11,2% dei nuovi utenti ha meno di 30 anni, mentre per i più vecchi questa percentuale è pari al 5,7%.
Viceversa, gli ultracinquantenni sono il 37,0% per i nuovi utenti e il 48,0% per quelli già in carico.
La bevanda alcolica più consumata è il vino (49,6%), seguito dalla birra (25,9%), dai superalcolici (11,0%) e dagli aperitivi, amari e digestivi (5,1%).
Stress e alcolismo
Lo stress e i disturbi correlati, inclusa l’ansia, sono fattori chiave nello sviluppo dell’alcolismo, poiché l’uso dell’alcol può temporaneamente ridurre la disforia (umore deflesso) del bevitore.
Sia fattori ambientali sia fattori genetici influenzano i meccanismi di assunzione di alcol e possono aumentare la vulnerabilità allo sviluppo della dipendenza da alcol (Cloninger, 1987; Crabbe, 2002).
La presenza di disordini psichiatrici legati allo stress in comorbidità, tipicamente caratterizzati da sintomi come sbalzi d’umore e ansia, spesso è stata associata all’aumento di una predisposizione all’alcolismo (Bolton et al. 2009; Grant et al. 2004).
Fattori di stress cronico o acuto possono essere fattori determinanti nella regolazione del craving (desiderio) e giocare un ruolo significativo nel rischio di una ricaduta (Breese et al. 2011).
Varie forme di stress, inclusi eventi stressanti infantili; stress gravi e acuti, come quelli sperimentati in un DPTS (disturbo post traumatico da stress); e lo stress cronico, possono essere associati ad un aumento del rischio di dipendenza da alcol e droghe (Gordon, 2002; Sinha 2008; Uhart e Wand, 2009).
Al tempo stesso, l’uso precoce dell’alcol e l’astinenza possono aumentare la vulnerabilità allo stress che può risolversi nello sviluppo di stati affettivi negativi, come l’ansia o la depressione (Guerri e Pascual, 2010).
In sostanza, esiste una relazione intricata e complessa tra stress ed uso di alcol, che ha portato a varie ricerche per identificare i meccanismi molecolari coinvolti nello sviluppo di sintomi depressivi correlati alla psicopatologia dell’alcolismo (Moonat et al. 2010).
Caratteristiche diagnostiche del Disturbo da Uso di Alcol (DSM-5, APA 2013)
È definito da un cluster di sintomi comportamentali e fisici, che possono comprendere astinenza, tolleranza e craving.
L’astinenza da alcol è caratterizzata da sintomi di astinenza che si sviluppano circa 4-12 ore dopo la riduzione dell’assunzione, successiva ad una prolungata, eccessiva ingestione di alcol. L’astinenza da alcol può essere intensa così gli individui possono assumere nuovamente alcol, nonostante le conseguenze negative, spesso, per evitare o per attenuare i sintomi di astinenza.
Alcuni sintomi di astinenza (come i disturbi del sonno) possono persistere e contribuire alla ricaduta. Lo sviluppo di un pattern ripetitivo e intenso, porta alla continua ricerca e al consumo di bevande alcoliche.
Il craving per l’alcol è un forte desiderio di bere che rende difficile pensare ad altro e porta all’uso di alcol. Il bere può incidere negativamente sul rendimento scolastico o lavorativo; responsabilità domestiche e cura dei bambini vengono trascurate; l’alcol può portare ad assenze a scuola o blocchi di carriera sul lavoro.
L’uso di alcol può avvenire in situazioni fisicamente pericolose (alla guida di un’auto, utilizzando macchinari mentre si è intossicati, etc). Infine, individui con disturbo da uso di alcol possono continuare a consumare alcol nonostante siano consapevoli che il consumo continuato pone problemi fisici (epatopatie, perdita dei sensi), psicologici (depressione), sociali o interpersonali (liti violente, abusi su minori).
Dipendenza da alcol e da sostanze: il punto di vista neurobiologico
La dopamina induce uno stato mentale e comportamentale di tipo euforico, caratterizzato da un aumento dell’arousal, permette una rapida associazione di dati sensoriali, motori e contestuali immediatamente precedenti all’esperienza di uno stimolo ricompensante (Merker, 2007).
Il sistema dopaminergico agisce nel cervello come un teaching signal, un segnale di apprendimento tale da indurre un’attivazione cognitiva, utile per ricercare, valorizzare, apprendere, memorizzare elementi nuovi e integrarli con vecchi schemi cognitivi consolidati.
Le strutture cerebrali più evolute saranno quelle ad attribuire un significato positivo all’esperienza con la sostanza; la dopamina contribuisce ad alimentare questa ricerca di “senso”, creando uno stato mentale orientato verso l’oggetto (la sostanza stessa e i contesti d’uso), in grado di far cooperare le aree corticali in questa costruzione di significato (Redgrave, 2006).
Obiettivi e strumenti dei percorsi di trattamento residenziali
L’abuso e la dipendenza da alcol necessitano di interventi qualificati, specialistici, intensivi, che prevedano la possibilità di periodi residenziali, oltre che la capacità di costruire una robusta rete territoriale.
Il primo scopo dei percorsi residenziali è quello di effettuare una diagnosi in condizioni libere da alcol. La diagnosi dovrebbe riguardare sia la storia e le caratteristiche della dipendenza, sia gli aspetti organici, la condizione psicologica/psichiatrica e la vita sociale e familiare (Greenfield, 2006). Un aspetto specifico è la diagnosi motivazionale, quindi, definire la posizione del paziente rispetto al cambiamento: la motivazione al cambiamento è il presupposto della definizione degli obiettivi.
Oltre ai sintomi psicopatologici tradizionali (depressione, ansia, ideazione paranoide), possono emergere problemi legati alla personalità (somatizzazioni, incostanza affettiva, impulsività, angoscia esistenziale). Per ciò che concerne la diagnosi della situazione organica, i pazienti alcolisti possono presentare sintomi di astinenza gravi e/o situazioni fisiche compromesse.
L’obiettivo del trattamento è quello di fornire al paziente gli strumenti personali e sociali che gli consentano di affrontare i problemi, le situazioni a rischio di ricaduta e le proprie fragilità emotive allo scopo di mantenersi sobrio.
Per questa ragione, i programmi residenziali brevi sono concepiti come una “palestra”, dove ci si allena in un ambiente “artificiale” in vista delle sfide da affrontare nella vita reale.