Il sintomo in psicoterapia. Quando è il corpo a chiedere aiuto

sintomo

Attraverso il corpo il sintomo si fa portavoce di una sofferenza che reclama attenzione, di parti che chiedono di essere integrate.

Molte persone arrivano in psicoterapia per guarire da un sintomo che si esprime nel corpo. Attacchi di panico, cefalea, vertigini, dermatiti, mal di stomaco sono alcuni dei sintomi che possono portare a rivolgersi ad uno psicoterapeuta. Spesso, questo tipo di richiesta arriva in un contesto di urgenza e di fretta, dopo un lasso di tempo ampio dall’esordio del sintomo e dopo svariate indagini mediche. La persona vuole nel più breve tempo possibile sbarazzarsi del sintomo invalidante.

Il sintomo fa stare male. Procura disagio, ostacola in vari modi il vivere quotidiano. Genera scompiglio. Può far crollare l’immagine che la persona ha avuto di sé fino a quel momento. Spesso crea uno spartiacque tra “il prima” e “il dopo”. L’attenzione che si viene a focalizzare sul sintomo come capro espiatorio di tutte le sofferenze crea un circolo vizioso cui si accompagnano senso di impotenza e, talvolta, disperazione.

La mia vita non è più la stessa. Il mal di testa mi ha tolto la libertà che avevo prima. Avrei preferito scoprire di avere una malattia, in quel caso non mi sarei sentito impotente come mi sento ora. La terapia è la mia ultima speranza ma devo risolvere presto perchè così non vivo. Devo tornare alla serenità di prima. Non ho nessun altro problema, non mi manca nulla e starei bene, se non fosse per questo maledetto sintomo“.

Che cos’è il sintomo?

In psicoterapia della Gestalt, il sintomo ha in sé un paradosso. E’ energia vitale e, insieme, espressione di una interruzione dell’energia vitale. Problema e, al tempo stesso, tentativo di soluzione.

Ciò che la maggior parte delle persone fa fatica ad accettare è che il sintomo non è un nemico da sconfiggere, bensì, una parte di sé che viene in soccorso per far luce su di una situazione incompiuta, su di una impasse evolutiva. Una porta di accesso al mondo interno che si apre perchè i conflitti irrisolti e le parti di sé non riconosciute giungano alla consapevolezza. Il sintomo indica la necessità di fermarsi ed ascoltarsi. Di riappropriarsi di aspetti alienati, temuti, proibiti. Di emozioni e bisogni inascoltati. E può arrivare a farlo in modo molto prepotente.

Il sintomo è espressione di una sofferenza che riguarda la persona nella sua totalità

Voglio capire se è un problema di salute o mentale. A volte mi convinco che sia un problema mentale però se fosse così vorrebbe dire che sono capace di inventare tutto, che sono pazza“.

Un’altra convinzione difficile da superare è che la mente e il corpo siano separati. Nella nostra cultura, si tende a distinguere tra salute fisica e salute psicologica. E, in generale, a parlare di salute con riferimento al corpo. Nonostante i progressi scientifici fatti da Cartesio ad oggi, permane questa visione dualistica dell’essere umano. Nella realtà, corpo e mente non hanno un’esistenza intrinseca a sé stante. Entrambi sono parti di un tutto, dell’intero organismo in relazione con l’ambiente. Il corpo non può esistere da solo, così come la mente non può esistere da sola. La nostra natura è unitaria.

Fritz Perls suggeriva di sostituire la frase “io ho un corpo” con la frase “io sono un corpo”, sottolineando l’abitudine a considerare il corpo come qualcosa di esterno da noi. Un oggetto che ci appartiene, una “carrozzeria che ci porta a spasso” e della quale di solito ci accorgiamo solo quando crea problemi.

Il lavoro in psicoterapia

Il lavoro in psicoterapia ha dunque come obiettivo quello di favorire il contatto con l’esperienza che la persona si vieta e con i bisogni di cui il sintomo si fa portavoce. E’ un lavoro che chiede ascolto. Rivolto al sentire. Laddove la persona cerca di escludere, eliminare, c’è bisogno di accogliere. Ogni sintomo è una forma di evitamento, la terapia è integrazione.