Bullismo: di cosa si tratta e come intervenire
Il fenomeno del bullismo richiama sempre più spesso l’attenzione degli esperti e non solo. Come riconoscerlo e cosa fare per contrastarlo?
Con questo termine, dall’inglese bullyng, si fa riferimento alla dinamica relazionale che comprende una serie di comportamenti aggressivi messi in atto tra pari all’interno di un contesto gruppale. Questa dinamica può essere definita “bullismo” se vengono soddisfatte tre condizioni necessarie: una posizione asimmetrica tra bullo e vittima; l’intenzionalità da parte del bullo di creare il danno; sistematicità delle prevaricazioni che si ripetono nel tempo.
Esistono vari tipi di bullismo, ognuno peculiare in base alla forma che assume.
Possiamo ritrovarci davanti a molestie fisiche, evidenti e più semplici da riconoscere. Oppure incontrare forme più sottili e implicite, ma altrettanto violente e dannose. In questo caso si tratta di violenza psicologica. In altri casi, il canale preferenziale utilizzato è quello digitale e quindi si parla di cyberbullismo. Un’ ulteriore realtà è quella del bullismo omofobico, in cui a legittimare il bullo è la rappresentazione di genere culturalmente condivisa.
Il bullismo, però, in tutte le sue espressioni si configura come scarsa o assente comprensione delle differenze: Gli attacchi possono riguardare caratteristiche fisiche, etniche, predisposizioni caratteriali, l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere della vittima.
È un fenomeno che spesso può essere sottovalutato e definito “ragazzata”, “bravata” e via dicendo.
Le conseguenze che comporta, invece, non solo nell’essere vittima ma anche nell’essere bullo, sono tante e spesso consistenti.
Gli adolescenti che risultano essere aggressivi con i loro coetanei, continuano ad esserlo anche successivamente, e possono giungere a episodi di violenza molto gravi e/o criminalità.
Allo stesso tempo le vittime possono presentare disturbi di ansia, depressione, bassa autostima fino ad arrivare nei casi più estremi, ma non rari, all’autolesionismo e al suicidio.
Queste dinamiche spesso vengono agite in un delicato momento di vita, l’adolescenza, e in contesti ben definiti: scolastico, sportivo …
Gli adulti, qualsiasi ruolo rivestano, devono acquisire una serie di strumenti per riconoscere, in primis, il fenomeno e successivamente di intervenire. In questi casi risulta fondamentale lavorare su due aspetti ricorrenti: la condivisione dei valori e la gestione e il riconoscimento delle emozioni.
Spesso i bulli prediligono il successo, l’indipendenza, la libertà a discapito della collaborazione. Inoltre hanno competenza ridotta nella gestione della rabbia e nell’empatia. A loro volta le vittime non riescono a tollerare la propria reazione alla violenza, alimentando il senso di impotenza che spesso sfocia in un’eccessiva colpevolizzazione o in negazione della sofferenza.
In risposta a tutto ciò, risulta necessario e urgente informare, sensibilizzare e formare sul tema al fine di rendere sempre più inclusivi i contesti di vita dei giovani d’oggi.