ADHD: le mamme pazienti. La declinazione del disturbo al femminile

di Roberto Ghiaccio

da Psicologinews Scientific

Ci sono dei miti da sfatare circa le donne e l’ADHD. Il mito dei miti è che le ragazze non ne possano soffrire. Le donne ADHD sono sotto diagnosticate e sotto-trattate, affrontano rischi diversi dell’ADHD al maschile, presentando anche una gamma sintomatologica diversa. Ci è voluto molto tempo per capire come il disturbo da deficit di attenzione / iperattività si presenti nelle ragazze e nelle donne e quali problemi può creare, scopo di questo articolo e capirne e delinearne le differenze fenomenologiche al fine di evitare il rischio della mancata diagnosi.

Ansia. Depressione. Insuccesso scolastico. Autolesionismo. Disoccupazi one. Gravidanze non pianificate. Anche un aumento del rischio di morte prematura. I rischi e il tributo di sofferenza che possono derivare dal disturbo da deficit di attenzione / iperattività, sono enormi, conteggiati ogni anno miliardi di euro o dollari, in perdita di produttività e spesa sanitaria con in indicibili frustrazione da parte delle pazienti. Eppure, nonostante oltre un secolo di ricerche e migliaia di studi pubblicati, l’ ADHD – rimane in gran parte frainteso, ciò è particolarmente peggiore quando si tratta di declinare l’ ADHD al femminile.

Nonostante tale disturbo sia stato inizialmente concettualizzato come disturbo elettivo dell’infanzia è ormai chiaro e comprovato il suo essere cronico e persistente. Ormai è evidente la sua prospettiva life-span con un cambio sintomatologico dettato sia dalla gravità del disturbo che dal suo t r a t t a m e n t o . Sappiamo che l e manifestazioni in età adulta sono eterogenee e si distaccano dai tipici p a t t e r n c o m p o r t a m e n t a l i c h e contraddistinguono la fenomenologia evolutiva, con espressioni che virano s u l l a d i s r e g o l a z i o n e emo t i v a – comportamentale e compromissioni funzionali ed adattive.

Per molti anni si è creduto che l’ADHD fosse un disturbo ad appannaggio dell’età evolutiva e del sesso maschile, sotto valutandlo in ricerche, descrizioni e trattamenti al femminile. Le variazioni cliniche variano con l ’ e t à e l e caratteristiche possono essere declinate anche in base alle tipicità di genere, con presentazione al femminile di disturbi del sonno, difficoltà di pianificazione ed organizzazione, riduzione o quasi assenza di iper attività, sensazione di instabilità con una certa dose di tensione interna costante.

Quando si parla di tale disordine tendiamo a “confinare” le donne nel ruolo dei madri o di mogli che hanno figli o mariti affetti da ADHD, oppure le vediamo come operatrici della sanità a vario titolo o come insegnanti. Tali donne ricoprono un ruolo cruciale e fondamentale nel coacing quotidiano di tali pazienti, ma sottovalutiamo la presenza e l’incidenza dell’ADHD nelle donne e nelle ragazze. La presenza del d i s t u r b o n e l l e d o n n e h a u n a fenomenologia a tratti opposta e quasi contraddittoria a quella che siamo abituati e riscontrare nella popolazione maschile.

Tale diversità porta ad un misconoscimento diagnostico e ad una mancata comprensione del disturbo. La conoscenza dell’ADHD nelle donne è ancora limitata in quanto pochi studi sono s t a t i c o n d o t t i su questa popolazione. Le donne hanno iniziato solo di recente a essere diagnosticate e trattate per l’ADHD, ad oggi la maggior parte di ciò che sappiamo su questa popolazione si basa sull’esperienza dedotta dai campioni maschili e gli studi evidence based specifici sono limitati e circoscritti alle aree americane.

Vari studi hanno largamente sottostimato il numero di donne ADHD (Walker, 1999). Per molti anni si è pensato che il deficit dell’attenzione e iperattività fosse un problema riguardante solo i maschi. Sono molte le ricerche che hanno individuato una percentuale di bambine con il deficit dell’attenzione molto minore rispetto a quella dei maschi. La ragione di questa differenza relativa al genere è rimasta oscura e inesplorata fino a qualche anno fa. In realtà, sembra che questa difficoltà nella diagnosi sia strettamente collegata ai criteri diagnostici ufficiali.

Di solito le donne arrivano a riconoscere il proprio ADHD dopo che uno dei suoi figli ha ricevuto una diagnosi. Man mano che imparano di più sull’ADHD, inizia a ri-vedere alcuni tratti, alcune difficoltà che hanno vissuto da ragazze e che ancora vivono, seppur in modalità diverse. Taluni tratti del disturbo finiscono per creare tendenze alla disistima, stati d’ansia, vissuti di inadeguatezza, fino alla sensazione di “non sentirsi una buona donna”, tali problematiche secondarie adombrano e coprono così l’ADHD.

Gli psicologi stanno combattendo i pregiudizi di genere nella ricerca sul disturbo da deficit di attenzione e iperattività. La maggior parte dei pochi studi evidence based si sono limitati però, al confronto fenomenologico tra ragazze e ragazzi, utilizzando i sintomi dell’ADHD dei ragazzi come indicatore rispetto al quale le ragazze dovrebbero essere “misurate”, trascurando il fatto che i bisogni delle donne sono biologicamente differenti e devono tenere in considerazione una moltitudine di fattori anche sociali.

Storicamente, la ricerca sull’ADHD si è concentrata quasi esclusivamente sui bambini iperattivi, e solo negli ultimi sei o sette anni si è concentrata sugli adulti. Afferma Nadeau, esperto di disturbo nelle donne e direttore del Chesapeake Psychological Services of Maryland in Silver Spring: “E il riconoscimento delle donne [con il disturbo] è rimasto ancora più indietro”. Secondo l’autore questo ritardo nel riconoscimento del deficit nelle ragazze e delle donne è dovuto agli attuali criteri diagnostici.

I criteri diagnostici sia del DSM 5 che dell’ ICD 11 rimangono più appropriati per i maschi rispetto alle femmine, e sono incentrati su modelli di riferimento rivolti alla gestione e all’osservazione che genitori e insegnanti, possono fare di comportamenti più evidenti, più problematici e più overt. Secondo Jane Adelizzi, le donne con ADHD sono state trascurate perché l’iperattività di solito manca nelle ragazze, ed in genere la sintomatologia è più covert e disattenta.

“Le ragazze con ADHD rimangono un enigma, spesso trascurato, incompreso e molto dibattuto”, afferma Ellen Littman, uno dei primi psicologi e ricercatori a concentrarsi sulle differenze di genere nell’ADHD e a sostenere un riesame sulla definizione nosografica e funzionale del disturbo. Littman teorizza che le ragazze con ADHD non siano identificate e aiutate dall’infanzia perché i modelli di tale condizione declinati al maschile sono stati sovra rappresentati nella letteratura.

Come per tutti i problemi di diversità, di neuro-varietà, i l pericolo sta nel presumere che questi modelli tipici, più studiati, caratterizzino tutti i bambini con ADHD, aderendo così ad un paradigma assimilazionista. Pertanto, mentre sembra esserci un’abbondanza di informazioni disponibili sull’ADHD, al maschile, potremmo avere la falsa sensazione di poter applicare alle ragazze con ADHD gli stessi tratti “ritrovati” nei maschi, credendo così di sapere più di quanto ne sappiamo in realtà

Sono necessarie ulteriori ricerche sulle questioni di genere nell’ADHD per diversi motivi, afferma Julia J. Rucklidge. Le influenze ormonali che possono influenzare notevolmente i l loro comportamento ed il profilo neuro psicologico; le influenze sociali e culturali che influenzano nuovamente i l comportamento ed i l profilo d i adattamento. Ciò suggerisce che l’ADHD “si manifesterà e si esprimerà in modo diverso nelle donne, ma solo la ricerca può dircelo in modo definitivo. Fino ad allora, queste sono supposizioni che facciamo”.

Molte donne non vengono diagnosticate prima dei 30 – 40 anni, il loro percorso diagnostico più comune è che il sospetto diagnos t i cato ini z i con l ’ i ter di approfondimento per un figlio( di solito all’inizio della scuola primaria). Queste donne cominciano con il ricevere le tappe del proprio sviluppo, e a riconoscer dei propri tratti, che hanno procurato sofferenze ma mai definiti, riconoscendosi nei sintomi dei figli, e rivendo se stesse nelle difficoltà che i figli stanno affrontando.

Le donne con ADHD in genere presentano enormi sfide nella gestione del tempo, con una disorganizzazione cronica, sentimenti di stress di lunga data, sensazione di essere sopraffatte da pensieri senza riuscire a dare una pianificazione, difficoltà con la gestione del denaro, figli o fratelli con o senza ADHD. Ricorrono storie di ansia, ansie non solo libere ma legate a contesti e situazioni con e deflessioni dell’umore e tendenze alle dipendenze affettive, legate a difficoltà di inibizione sostenuta.

Gli studi di Julia Rucklidge e Bonnie Kaplan, evidenziano come la metà delle donne ADHD hanno un figlio con ADHD. Quindi ai tratti tipici del disturbo si possono associare fattori di stress coinvolti nella genitorialità di un bambino che ne è affetto. Secondo le autrici le donne con ADHD avevano p i ù probabilità di avere uno “stile impotente appreso” con tendenze forti all’ auto svalutazione, allo scarso senso di auto efficacia, con tratti più chiusi rispetto agli ADHD maschili.

L’ADHD femminile è in qualche modo oscurato da quello maschile: sappiamo che i ragazzi hanno una probabilità tre volte maggiore di essere diagnosticati con l’ADHD rispetto alle ragazze, ma l’ADHD nelle donne è più stabile, peggiorato dalla sotto valutazione diagnostica. Inoltre i livelli di stress possono essere più alti per le donne rispetto agli uomini perché hanno maggiori responsabilità familiari e domestiche, spesso hanno mariti coniugi poco tolleranti.

Dall’analisi della letteratura emergono tratti tipici del disturbo nelle donne che però non sono menzionati negli attuali manuali diagnostici. Tendenza ad auto accusarsi, demoralizzazione, scarsa autostima; sensazioni d ’ a n s i a ; propensione allo sviluppo di dipendenze (anche comportamentali- sentimentali, dove possono ricorrere fenomeni di stolking); difficoltà internalizzate laddove il quoziente intellettivo si colloca in una fascia medio-alta di funzionamento.

Ricorrono anche una particolare labilità emotiva con iper-reattività emozionale; iper sensibilità al dolore con tendenze alla somatizzazione; iper loquaci con difficoltà a tenere i turni conversazionali e cogliere i costrutti para tattici, iper socievoli con facile raggirabilità e difficoltà nel cogliere le intenzioni altrui; letargiche, trasognate, f a c i l e demoralizzazione; ipersensibilità, accentuata sintomatologia premestruale; eccesso di pudore e fragilità emotiva, atteggiamenti orali inopportuni.

Un motivo per cui l’ ADHD non viene diagnosticata nelle donne è credere che i sintomi sono sol o i l segno di fattori ormonali . Gli ormoni femminili presenti durante la pubertà, il ciclo mestruale e la menopausa cambiano il modo in cui si manifestano i sintomi. Durante la menopausa si verifica una riduzione dei livelli di dopamina e s e r o t o n i n a , n e c e s s a r i p e r l a concentrazione quindi le donne in menopausa spesso lamentano difficoltà attentive. Così le normali fluttuazioni ormonali mascherano l’ADHD.

Si ritiene che l’ elicitazione dei sintomi dell’ADHD derivi dalla riduzione della dopamina in diverse regioni del cervello e non solo nelle regioni frontali. Tale difficoltà dovuta nella velocità di ricettazione può agevolare forme di problematiche del tono dell’umore. Le donne con disturbo da deficit di attenzione / iperattività (ADHD) possono essere più vulnerabili ai disturbi dell’umore ormoni correlati, come disturbo disfor ico premest ruale, depressione postpartum e sintomi dell’umore climaterico durante la loro vita.

Sebbene i sintomi siano diversi in ogni individuo, ci sono alcuni tratti comuni. Tra le fenomenologie ricorrenti abbiamo il sentirsi sopraffatti – le donne con ADHD possono spesso sentirsi “sull’orlo del baratro”, come se un’altra cosa le spingesse oltre il limite e stiano a malapena affrontando. Facilmente distraibili: i rumori ambientali, i propri pensieri, nuove attività e telefonate possono comportare l’abbandono di un’attività a metà strada e chi soffre di ADHD trova difficile concentrarsi su un’attività per un certo periodo di tempo.

L’ADHD è una condizione che può essere estremamente distruttiva per la vita delle persone. Quelli che ne sono affetti spesso dicono che la loro vita è caratterizzata da scarso rendimento, frustrazione e confusione sul perché le cose sembrano così difficili. Una diagnosi può migl iorare in modo significativo le cose: all’improvviso si comprende il motivo per cui le cose sono complicate e le terapie come la CBT e i farmaci possono aiutare a migliorare la vita delle persone.

Anche quel le donne abbastanza fortunate da ricevere una diagnosi accurata di ADHD spesso affrontano la successiva sfida d i trovare un trattamento appropriato. Ci sono pochissimi esperti nel trattamento di tale distubo nelle donne adulte e ancora meno che hanno familiarità con i problemi unici affrontati dalle donne con ADHD. Di conseguenza, la maggior parte dei clinici utilizza approcci standard che spesso non aiutano una donna con ADHD a imparare a gestire meglio la propria quotidianità.

Si stanno sviluppando terapie incentrate sull’ADHD per affrontare una vasta gamma di problemi tra cui l’autostima, i problemi interpersonali e familiari, le abitudini quotidiane, il livello di stress quotidiano e le capacitàà di gestione dell’ adattamento. Tali interventi vengono s p e s s o d e fi n i t i ” p s i c o t e r a p i a neurocognitiva”, che si concentra sulle capacitàà di gestione della vita per migliorare le funzioni cognitive (ricordare, ragionare, capire, risolvere i problemi, valutare e usare il giudizio), apprendere strategie compensative e ristrutturare l’ambiente.

Le questioni relative ai farmaci sono spesso più complicate per le donne con ADHD che per gli uomini. Qualsiasi approccio farmacologico deve prendere in considerazione tutti gli aspetti della vita della donna, con attenzioni alle condizioni biologiche ormonali, ciclo mestruale, gravidanza, meno pausa, con un aumento dei sintomi dell’ADHD ogni v o l t a che i l i v e l l i d i estrogeni diminuiscono Le donne con ADHD hanno maggiori probabilità di soffrire di ansia e / o depressione nonché la tendenza a dipendenze da sostanze ma anche sentimentali.

In conclusione, il presente articolo ha sostanzialmente tracciato le differenze comportamentali tra la versione maschile dell’ ADHD e quella femminile. Sarà utile, in futuro, studiare meglio queste differenze così da approntare degli strumenti diagnostici atti ad individuare il disturbo anche nelle donne. Non tutte le ragazze con ADHD avranno problemi con le dipendenze o con condotte a rischio. Molte di loro riusciranno ad avere una vita “normale”, anche se con notevoli sforzi, aggravate da modelli culturali che ancora oggi sono pressanti e rigidi.

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