ATREO E TIESTE: PROLOGO.

di Raffaele Ioannoni

Ti ricordi il mito di Tantalo?

Non temere, se ti sei perso l’articolo precedente, lo puoi recuperare qui.

Dopo il tremendo banchetto, gli dèi, mossi da pietà, riportarono in vita il povero Pelope.

Il figlio di Tantalo ebbe due figli: Atreo e Tieste.

Un giorno il sovrano di Micene, loro parente, morì senza eredi.

Il popolo della città, non sapendo chi eleggere come nuovo re, decise di rivolgersi ad un oracolo che diede il suo responso:

“Uno dei figli di Pelope sarà il nuovo re di Micene. Che i due siano lasciti liberi di decidere a chi spetta il trono, gli dèi saranno testimoni.”

ATREO E TIESTE: LA LOTTA PER MICENE.

Il tempo passò e i due fratelli non si erano ancora messi d’accordo su chi dei due sarebbe diventato il re di Micene: entrambi volevano quella carica prestigiosa e nessuno voleva cedere il passo all’altro.

Ma come uscire dall’impasse?

Atreo aveva un gregge numeroso, pieno di splendidi animali. Il suo fiore all’occhiello? Un agnello dal vello d’oro.

Era molto fiero della sua bestia e aveva paura che qualcuno potesse rubargliela.

Così decise di nasconderla.

“Nessuno sa dove sia il mio amato animale, nessuno! Eccetto me e mia moglie Erope!”

E già, sua moglie Erope…

Piccolo imprevisto.

Erope era segretamente innamorata di Tieste.

Lo amava alla follia.

Il cognato l’aveva sempre rifiutata ma Erope non si diede mai per vinta.

Un giorno i due si incontrarono nei corridoi del palazzo di Micene.

“Tieste, mio amato, se giacerai con me, ti darò una cosa che tutti vogliono ma che nessuno sa dove sia. Il prezioso vello d’oro che tuo fratello tanto ama.”

A Tieste scintillarono gli occhi.

E i due giacquero quella stessa notte.

L’indomani, Tieste si recò dal fratello Atreo con una proposta: chiunque fosse riuscito entro il pomeriggio a procurarsi un vello d’oro, sarebbe diventato il re di Micene.

Ignorando il tradimento di Erope ed il furto di Tieste, Atreo accettò, sicuro della sua vittoria.

Povero ingenuo.

Grazie al suo inganno, Tieste fu nominato re di Micene.

Tuttavia, Zeus aveva a cuore Atreo e decise di aiutarlo.

Il re dell’Olimpo, elaborò un piano ed inviò Hermes con un messaggio:

“Atreo, figlio di Pelope, proponi a tuo fratello questo patto: se domani il sole tramonterà ad est, lui dovrà cederti il trono perché dimostrerai di avere il favore degli dèi.”

Così Atreo fece questa proposta al fratello, il quale accettò. Del resto, era una cosa talmente assurda! Quando mai il sole non è tramontato ad ovest!

Ebbene, il prodigio accadde: quello fu l’unico giorno nella storia del mondo in cui il sole tramontò ad est.

Tieste fu costretto a cedere il trono al fratello perché aveva mostrato di avere il favore degli dèi.

Ed Atreo divenne il nuovo re di Micene.

il primo ordine che impartì? Bandire Tieste dalla città.

Fine della storia?

Assolutamente no.

Questo è solo l’inizio dei terribili intrighi che i due fratelli ordirono l’uno nei confronti dell’altro.

Edgar Allan Poe alla fine de “la lettera rubata”, scrive:

 “Un dessein si funeste, s’il n’est digne d’Atrée, est digne de Thyeste.”

E non ha tutti i torti.

E presto scoprirai perché.

ATREO E TIESTE: L’INGANNO DI ATREO.

Non passò molto tempo che Atreo scoprì l’intrigo di Tieste e l’adulterio di Erope.

Così decise di vendicarsi.

Organizzò un banchetto.

Indovinate chi era l’invitato speciale?

Proprio il suo amato fratello.

Atreo fece chiamare a corte Tieste.

“Caro fratello, voglio seppellire l’ascia di guerra e lasciare le nostre divergenze alle spalle, sii ospite nel mio palazzo e godi del sontuoso pasto che ti ho preparato!”

E Tieste accettò l’invito.

La tavola era imbandita con ogni ben di dio e le portate principali erano tutte a base di carne: spezzatini, costate, salsicce… chi più ne ha più ne metta!

Tieste bevve e mangiò a sazietà.

“Aspetta caro fratello”, disse Atreo con occhi di fuoco, “manca ancora la portata principale!”

Nella sala del banchetto entrarono tre servi e ognuno di loro portava un vassoio coperto da un drappo.

Il re di Micene disse, con un ghigno malvagio:

“Ecco Tieste, goditi pure la portata principale…”

I servi tolsero il drappo dai loro vassoi rivelando ciò che tenevano nascosto: le teste mozzate dei suoi tre ragazzi.

La consapevolezza di ciò che era accaduto attraversò gli occhi di Tieste come un freddo lampo: Atreo aveva fatto a pezzi i suoi figli per poi darglieli in pasto con l’inganno.

ATREO E TIESTE: L’INTRIGO DIVINO

Ebbene sì, Tieste si era nutrito del sangue del suo sangue.

Era atterrito.

Era sgomento.

Si alzò di scatto da quell’orrido banchetto e scappò da Micene.

Si rifugiò a Sicione dove viveva un’altra figlia chiamata Pelopia.

Il fratello di Atreo era incapace di darsi pace e presto il desiderio di vendetta si impossessò di tutto il suo essere.

Ma come compierla?

Ormai era impossibile per lui entrare a Micene: lo avrebbero sicuramente ucciso.

Ma allora che fare?

Tieste decise di rivolgersi all’ oracolo il quale gli rivelò l’unico piano in grado di poter uccidere il proprio fratello.

Mentre ascoltava il vaticinio della pizia, mentre ascoltava cosa avrebbe dovuto fare per vendicarsi di Atreo, Tieste si sentì svenire: non poteva credere alle sue orecchie.

Ma lasciamo per un momento Tieste alle prese con il suo desiderio di vendetta.

Una notte di luna piena, Pelopia decise di recarsi al lago appena fuori città ma la sventurata non si accorse di un uomo mascherato nascosto tra i cespugli.

Pelopia si sentì presa per il collo e fu stuprata da quest’uomo che, nella fretta di fuggire, non si accorse che la sua preziosa spada, intarsiata di oro ed argento, era caduta dal fodero.

La povera ragazza passò molti giorni a piangere chiusa nella sua stanza giurando che non avrebbe mai raccontato l’accaduto ad anima via. E nel mentre, fissando con occhi carichi d’odio la spada che era appartenuta al suo stupratore, meditava vendetta.

Nel frattempo, nel freddo palazzo di Micene, Atreo non dormiva sonni tranquilli.

Temeva di aver perso il favore degli dèi con il suo atroce banchetto e così decise di consultare l’oracolo di Delfi che gli disse:

“Atreo, se vuoi che i tuoi crimini siano perdonati, recati a Sicione e richiama nel tuo palazzo Tieste: questo placherà l’ira degli dèi.”

Povero Atreo…Agli inquilini dell’olimpo non è mai mancato il senso dell’umorismo…

Il fratello di Tieste partì alla volta della città ma, una volta arrivato, apprese che l’amato fratello si era dileguato.

Mentre si apprestava a tornare nel suo palazzo, vide la bella Pelopia e se ne innamorò.

Ma Atreo non riconobbe in lei sua nipote (la credette figlia del re della città) e va da sé che Pelopia non riconobbe in lui suo zio… del resto l’aveva visto solo quando era molto piccola.

I due giacquero ed Atreo la chiese in sposa.

Il re di Sicione acconsentì.

Una volta tornati a Micene, Pelopia diede alla luce un figlio che chiamò Egisto.

Tuttavia, la madre decise di abbandonarlo sulle montagne: la figlia di Tieste proprio non ne voleva sapere di quel bimbo perché, in cuor suo, sapeva che il padre di Egisto era l’uomo che l’aveva violentata sulle rive del lago.

Atreo seppe dell’abbandono del piccolo Egisto e impegnò tutto se stesso per ritrovarlo perché credeva che quel bambino fosse suo figlio: del resto Pelopia non aveva mai rivelato a nessuno la violenza che aveva subito.

Dopo poco tempo, il re di Micene trovò il piccolo Egisto in una casa di pastori e lo portò a palazzo.

Il tempo passava ed Egisto, grazie alle cure di Atreo, crebbe forte e vigoroso.

Atreo regnava su Micene ormai da anni e convinto di non aver mai perso il favore degli dèi, incaricò Egisto di catturare Tieste e di portalo a Micene.

Egisto obbedì.

Cercò Tieste per tutta la Grecia, lo trovò, lo fece prigioniero e lo portò nelle segrete del Palazzo di Atreo.

Il re di Micene fu felice della notizia ed incaricò Egisto di uccidere il suo odiato fratello: finalmente questa faida intestina stava per concludersi.

Egisto impugnò la splendida spada intarsiata in oro ed argento che aveva ricevuto dalla madre e scese nelle prigioni del palazzo, pronto a vibrare il fendente che avrebbe ucciso Tieste.

I due si guardarono per un istante…

Tieste non credette ai suoi occhi: di fronte a lui si ergeva un ragazzo che impugnava una spada… ma non era una spada qualsiasi… era la sua spada.

LA SUA SPADA!

“Chi ti ha dato quella spada?”

Domandò Tieste

“Mia madre.”

Rispose secco Egisto.

E così Tieste capì che la persona che aveva davanti, non era il suo carnefice bensì…

SUO FIGLIO!

ATREO E TIESTE: L’EPILOGO

Fermati a pensare.

Quella era la spada che Pelopia aveva raccolto vicino al lago; era la spada che il suo stupratore aveva perso mentre compiva quell’atto terrificante.

Ebbene sì caro lettore, è come pensi tu.               

L’oracolo aveva detto a Tieste che solo un figlio generato in modo incestuoso avrebbe potuto vendicarlo.

E l’uomo mascherato che stuprò Pelopia quella notte di luna piena in riva al lago…era proprio Tieste!

Rifletti.

Tieste è sia il padre che il nonno di Egisto.

Egisto è sia il figlio che il nipote di Tieste.

E Pelopia è sia la madre che la sorella di Egisto.

Agghiacciante…

Tieste supplicò il ragazzo di chiamare sua madre e di condurla nelle segrete ed Egisto, mosso da pietà, decise di esaudire la supplica di quell’uomo, ignaro del segreto che stava per rivelare.

Dopo poco tempo, quella sciagurata famiglia si trovò riunita per la prima volta e Tieste decise di rivelare il suo segreto.

Pelopia si suicidò. Seduta stante.

Egisto, furente, decise di vendicare il padre ed uccise Atreo, suo zio, che sedeva al trono.

E dopo tante traversie, il disegno degli dèi si compì e Micene ebbe finalmente il suo re.

TIESTE!

ATREO E TIESTE: IL SENTIMENTO DEL PERTURBANTE E L’INCONSCIO.

Non male eh?

Una simile trama non sarebbe venuta in mente nemmeno a Tarantino.

E lascia con il fiato sospeso…

Sai qual è il sentimento che ho provato nel leggerlo?

ORRORE.

Storie di assassinii, i podcast crime, i casi polizieschi… sono argomenti che ci colpiscono, ci intrigano e ci fanno inorridire…

Ma per quale ragione queste storie prolificano?

Quali corde del nostro animo toccano?

Vediamo cosa può dire a proposito la psicoanalisi.

Freud, in un saggio di rara bellezza chiamato “Il Perturbante” analizza questo fenomeno ricollegandolo ad una duplice natura.

Lo psicoanalista inizia con l’analisi linguistica del termine perturbante che in tedesco si dice unheimlich.

La parola unheimlich (perturbante) è l’antitesi di heimlich (da heim = casa; quindi, confortevole, tranquillo) e del termine heimisch (patrio/nativo).

Quindi tutto ciò che suscita turbamento è tale perché non è noto né familiare.

Però non tutto ciò che è nuovo e inconsueto è spaventoso: se entro in un supermercato in cui non sono mai stato, non provo alcun sentimento di turbamento (almeno si spera XD).

Dunque, cosa accade quando il nuovo appare in questi termini?

In tedesco, la parola heimlich, contrario di unheimlich, significa anche:

  1. che appartiene alla casa, familiare, domestico;
  2. nascosto, tenuto celato in modo da non farlo sapere agli altri.

Quindi heimlich, tra le sue numerose sfumature di significato, ne ha anche una (la seconda) che coincide con il suo contrario: “heimlich” diventa così “unheimlich”: “il perturbante è effetto di qualcosa che è sia hemlich che unhemlich, cioè familiare e non familiare allo stesso tempo”.

Il concetto di “perturbante “si riferisce a qualcosa che provoca un senso di disagio o inquietudine a causa della sua natura ambivalente o contraddittoria. Può trattarsi di esperienze di vita, di incontri, che generano un senso di familiarità insieme a una sensazione di stranezza o inquietudine.

In un contesto più ampio, il perturbante può emergere quando ciò che è conosciuto e familiare si scontra con elementi inaspettati, irrazionali o inquietanti. Questa tensione tra il noto e l’ignoto può suscitare reazioni emotive intense.

Il concetto è stato applicato anche in contesti artistici e letterari, nei quali autori e artisti spesso cercano di esplorare questo sentimento per suscitare sensazioni profonde nel loro pubblico, portandolo a confrontarsi con le ambiguità della vita e della percezione.

Un esempio è “Shining” di Kubrick oppure “Il mago sabbiolino” di Hoffmann.

Si potrebbe dire che, quando un’esperienza, in senso lato, ci appare come “perturbante” è perché risveglia in noi contenuti latenti, dei ricordi o delle sensazioni, che sono stati allontanati, rimossi, dalla coscienza.

Tuttavia, la nozione di rimozione, non riguarda solo gli atti effettivamente commessi, ma soprattutto desideri e propositi che, una volta affiorati alla coscienza, si sono rivelati troppo dolorosi o inaccettabili e dunque sono allontanati dalla coscienza e “dimenticati”.

A tal proposito, Schelling dice:

  “[…] unheimlich” è tutto ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto e che, invece, è affiorato” [1]

Il perturbante rappresenta un’esperienza in cui la familiarità si mescola con l’inquietudine, creando un terreno fertile per l’esplorazione psicologica, artistica e filosofica delle tensioni nella comprensione del mondo ed in questo, la cultura greca ha saputo rappresentare magistralmente, mediante la sua produzione artistica e letteraria, moti dell’animo che sono per noi sopiti, ma non assenti; sempre pronti a tornare alla luce come “le ombre dell’Ade che, bevendo sangue, riacquisiscono la propria corporeità”.[2]

E il mito di Atreo e Tieste non lascia indifferenti proprio perché tocca parti del nostro animo che, nei più, sono dormienti… MA NON ASSENTI! E quando queste potenze oscure si liberano e si attuano nel mondo, è subito guerra, assassinio e crimini efferati.


[1] S. Freud, in “Opere complete volume 9”, Bollati Boringhieri, Torino, pag.86.

[2] Cfr il libro XI dell’Odissea.