Come rapportarsi alla disabilità visiva

Come rapportarsi alla disabilità visiva

Quando ci si trova di fronte alla diversità, in questo caso incarnata da un soggetto con disabilità visiva, la reazione immediata è spesso di tipo difensivo. Coloro che hanno avuto poca esperienza della disabilità di altre persone sono spesso impauriti, non sanno come comportarsi e rapportarsi a loro. Ci si arretra su posizioni colme di sensi comuni e stereotipi. La conoscenza che ne deriva ancòra il soggetto non vedente ad un’identità di categoria, come se quel deficit costituisse un unico prototipo al mondo. Il non vedente è identificato con il suo deficit e di conseguenza con le sue incapacità ed impossibilità. Il non vedente ha innegabilmente delle difficoltà di natura organizzativa, di ordine valutativo circa l’ambiente che lo circonda e di natura sociale per i disagi che comporta nella sua vita di relazione, il pregiudizio di chi vede nei confronti della cecità. Se è vero che la cecità può portare ad alcuni comportamenti che non si rinvengono nei soggetti vedenti, è anche vero che ogni persona è a suo modo singolare. Ogni soggetto è diverso dall’altro e vive le proprie difficoltà in modo diverso, avendo risorse e strumenti differenti, personalità differenziate poiché ogni disabilità s’intreccia con una diversa identità.

La funzione dello psicologo clinico nel colloquio con una persona non vedente

Lo psicologo clinico incontra la persona nella sua totale identità e questo permette di allontanarsi dai pregiudizi comuni. È fondamentale cercare di mantenere nel colloquio clinico con ragazzi affetti da disabilità visive le “regole normali”. Le persone affette da disabilità, infatti, cercano di convincere gli altri a trattarli come qualsiasi altra persona, poiché per molti ragazzi la propria disabilità implica uno stigma sociale. Molte persone che incontrano durante la loro vita, infatti, riescono ad essere spiacevoli e sconsiderate oppure eccessivamente accondiscendenti ed iperprotettive. Lo psicologo clinico dovrebbe sforzarsi di non essere troppo accondiscendente né a prendere troppo in carico le persone solo per la loro disabilità. Rapportarsi ai ragazzi non vedenti è un problema dei vedenti non loro, di coloro che abituati al contatto visivo, perso quello non si riescono bene ad orientarsi. Certo l’abitudine di guardarsi negli occhi, anche se quegli occhi sono chiusi, non la elimina nessuno ma questo conta poco. Il transfert ed il controtransfert funzionano anche se hai gli occhi chiusi!!