CORPO e GESTALT

di Valeria Bassolino

da Psicologinews Scientific

corpo e gestalt

“La frattura più profonda, da lungo tempo radicata nella nostra cultura e di conseguenza data per scontata, è la dicotomia mente/corpo: la superstizione che esista una separazione, ancorché una interdipendenza, di due diversi tipi di sostanza, quella mentale e quella fisica. E’ stata creata un’infinita serie di filosofie che asseriscono che l’idea, lo spirito, la mente causano il corpo, oppure, materialisticamente, che questi fenomeni o epifenomeni sono il risultato o la sovrastruttura della materia fisica (per esempio Marx). Né l’uno né l’altro. Noi siamo organismi, noi (cioè qualche misterioso io) non abbiamo un organismo. Siamo un’unità integrale, ma abbiamo la libertà di astrarre molti aspetti da questa totalità. A-strarre, non sot-trarre, separare.”

Fritz Perls

La Psicoterapia del la Gestalt considera la mente e il corpo come inscindibili, parti che definiscono la complessità della persona. Corpo, mente, pensieri, emozioni, sentimenti, immaginario, sensorialità, movimento, sono espressione di un tutto che è più della semplice addizione di parti. L’individuo è il frutto del funzionamento integrato nel tempo e nello spazio dei vari aspetti del tutto. L’approccio della Gestalt è quindi diretto tanto al corpo q u a n t o a l l a m e n t e , e o p e r a simultaneamente con tutti gli aspetti d e l l a p e r s o n a p e r g i u n g e r e all’esperienza dell’integrazione.

L a c u l t u r a o c c i d e n t a l e s i cont raddist ingue per la divisione artificiosa tra mente e corpo. Tale scissione si può osservare anche nel nostro linguaggio. Non esiste, infatti, una parola che ci permetta di dire “Io – corpo”, e ci riferiamo ad esso dicendo “il mio corpo”, come se fosse un oggetto che possediamo, e non come una parte del sé. La parola “mio” nella maggior parte dei casi non indica un’identità tra esperienza corporea e sé, ma implica possesso nel senso di proprietà e sottolinea la distinzione tra il possessore e l’oggetto posseduto.

Dalle parole di J. I. Kepner: “la nostra esistenza è un’esistenza incarnata in cui i pensieri e gli atteggiamenti sono corporei e muscolari, ed influenzano le secrezioni dei nostri organi ed i ritmi delle nostre cellule così come i nostri stati d’animo” .

La s a l u t e e l a m a l a t t i a s o n o suggestionate dai nostri atteggiamenti, dalla tensione, dalla respirazione e dai sentimenti. Il vissuto corporeo e mentale sono strettamente collegati; la realtà corporea costituisce il fondamento primario dell’esperienza umana, essa è “intrinseca” al nostro rapporto con il mondo e forma una base per il contatto con l’ambiente in modo da poter andare incontro ai nostri bisogni e crescere: “Quando ego e corpo vengono vissuti in maniera integrata la realtà che ne risulta è più profonda di ciascuna delle due vissute separatamente” (Wilber, 1981).

L’insieme non è semplicemente il risultato di una somma di pezzi scissi; ha, invece, una propria unità intrinseca, una particolare struttura ed integrazione. Da questo punto di vista, curare esclusivamente un aspetto della persona o identificare una parte come la causa del problema significa frammentare artificialmente ciò che in realtà è qualcosa che funziona come unità. Il corpo e la psiche emergono come aspetti dello stesso fenomeno, come chiarisce Giovanni Salonia: “In termini clinici questo significa inserire i vari comportamenti, le comunicazioni, le consapevolezze f rammentar ie del paziente in una totalità che ne dà il significato e nello stesso tempo ne indica la direzionalità” .

Se durante la crescita aspetti o qualità del sé diventano problematici in relazione a un particolare ambiente fisico o sociale, allora il bambino per affrontare il conflitto tra il bisogno di essere accettato e la difesa delle qualità del sé, potrà decidere di alienare parti inaccettabili per l’ambiente. Le qualità rinnegate, così come le sensazioni, i bisogni, le espressioni, i movimenti e le immagini ad esse associate, vengano tenuti lontani dalla consapevolezza in uno spazio conflittuale, dove continuano ad esistere e ad essere in azione.

In questo senso, le variazioni individuali nella struttura corporea non sono casuali, ma “pregne” di significato. Esse si sono sviluppate come “reazione creativa” all’esperienza personale di vita, e vanno lette all’interno di quello specifico contesto. L’adattamento organismico agli eventi della vita è un processo che modella non solo il pensiero e le opinioni, ma anche le reazioni fisiche ed emotive, perfino il modo di muoversi, di stare in piedi, di sedersi, ovvero il modo attraverso cui ci “incarniamo”.

L’individuo che nel passato ha evitato il dolore, perché troppo piccolo e indifeso, può continuare a farlo da adulto, in una illusoria quanto inconsapevole fuga dal dolore. La contrazione prolungata è una modalità per attutire e smorzare le sensazioni corporee ed in questo modo si può giungere a escludere dalla percezione anche le emozioni e i sentimenti. Si verifica, così, i l meccanismo paradossale per cui, operando una separazione dal proprio corpo nel tentativo di evitare il dolore, la persona sta soffocando anche la sede del piacere e si preclude tale esperienza (Wilber, 1981).

Il terapeuta della Gestalt generalmente parte dall’osservazione fenomenologica, per poi contattare le strutture profonde. Collega gli elementi del codice linguistico non-verbale con il contesto esperienziale del paziente e d e l l a relazione terapeutica. L’interesse verso il corpo è d i r e t t o e s s e n z i a l m e n t e all’esperienza che l’individuo fa del suo corpo, vale a dire il “come” la persona si esprime o contat ta l’ambiente.

Se il terapeuta osserva una particolare posizione, forma o atteggiamento che il paziente assume in seduta, può invitarlo a prenderne contatto più pienamente, forse accentuando un gesto o un movimento, o ripetendo e “esagerando” una c e r t a a t t i t u d i n e corporea. Sostenendolo e accompagnandolo, è anche possibile scoprire insieme ciò che egli sostiene e ciò che evita. Lo scopo non è quello di cambiare il corpo del paziente, ma consentirgli di “fare esperienza” del significato che ha per se stesso la sua struttura, aiutandolo a divenire maggiormente consapevole di cosa “sta facendo fisicamente” e portando l’esperienza del corpo in primo piano.

Quando la persona riconosce che può consciamente “fare” una determinata postura o tensione, comincia a percepirla meno separata ed estranea d a s é , e p u ò i n i z i a r e a riappropriarsene. Il tipo di cambiamento atteso è un “processo” che coinvolge non solo il concetto di sé e gli aspetti psicologici, ma anche i vecchi schemi di risposta corporei e comportamentali che altrimenti continuerebbero ad influenzare i processi cognitivi ed emotivi.

Evidentemente, dunque, è necessario che al piano di espressione corporea ed emozionale, si affianchi un lavoro finalizzato alla consapevolezza dei meccanismi che hanno originato e che tuttora mantengono in essere il disagio. La reazione dell’intero organismo al malessere o al rischio si traduce sul piano tanto somatico quanto emotivo e cognitivo. In risposta allo stato di allarme il “sistema dei recettori e dei propriocettori reagisce in maniera da p r o v o c a r e u n i r r i g i d i m e n t o muscolare” (Perls et al, 1970).

Se la reazione psicocorporea di adattamento ad una situazione difficile viene ripetuta abitualmente, è possibile che s i verifichi un irrigidimento non solo sul piano corporeo ma anche legato alla repressione delle emozioni ad esso correlate, assumendo la forma che J. I. Kepner chiamò “struttura corporea di adattamento” (J. I. Kepner, 1997). Il terapeuta della Gestalt, partendo dall’osservazione fenomenologica, lavora con la persona facendo la spola tra i diversi livelli dell’esperienza (corporeo, sensorio, emotivo, cognitivo-verbale, immaginativo), fino a che non emerge l’interrelazione delle parti, la loro unità funzionale e infine l’esperienza nella sua interezza.

Quando l’individuo vive un conflitto tra due parti o polarità opposte, il terapeuta della Gestalt considera entrambe come aspetti importanti del sé. Il suo obiettivo è cercare modalità attraverso cui questi bisogni possano trovare un’espressione più completa, in modo da raggiungere la “comprensione” del conflitto (Kepner, 1997). La stessa “struttura corporea di adattamento” può esser vista come una “conversazione cristallizzata” o un dialogo tra parti del sé in conflitto. Il lavoro terapeutico di risoluzione del conflitto, “dando parola” alle polarità, consente a tutti gli aspetti del sé di trovare espressione e senso per l’intero organismo.

La trasformazione della tensione in azione ed auto-espressione, favorisce la riappropriazione consapevole delle parti di sé finalmente integrate e lo sviluppo di nuove modalità di contattare l’ambiente e di soddisfare i propri bisogni. Attraverso gli esperimenti il paziente può trovare nuovi modi di essere, prima con il terapeuta, nel contesto rassicurante d e l l a s t a n z a d e l l a t e r a p i a , successivamente nel mondo, attraverso un’espressione piena e consapevole.

Accompagnare il paziente in un processo di consapevolezza che “entra nel corpo” (J.I. Kepner, 1997), significa dirigersi in un territorio abitato da emozioni intense e profonde, ma non fermarsi in una dimensione esclusivamente catartica. E’ necessario, invece, aiutarlo a rendere intellegibili i messaggi provenienti dal corpo, a risolvere la situazione incompiuta (gestalt aperta) che ha richiesto alla persona di alienare quell’aspetto del sé, e infine a “sanare” le fratture riportando nel presente e reintegrando le esperienze rinnegate. Quando si raggiunge l’integrazione di aspetti del sé apparentemente separati e conflittuali, si può sperimentare l’effetto esistenziale di un solido auto-appoggio.

BIBLIOGRAFIA E WEBGRAFIA

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Kepner J. I. (1997), “Body process. Il lavoro con il corpo in psicoterapia”, a cura dell’Istituto di Gestalt H.C.C., Franco Angeli.

Perls F. (1977), “L’approccio della Gestalt. Testimone oculare della terapia”, Astrolabio.

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Perls F. – Hefferline R. E.– Goodman P. (1997), “Teoria e Pratica della Terapia della Gestalt”, Astrolabio.

Polster E. – Polster M. (1986), “Terapia della Gestalt Integrata. Profili di teoria e pratica”, Edizione italiana di Spagnuolo Lobb M., Giuffrè Editore.

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Spagnuolo Lobb M. (2001), “ Psicoterapia della Gestalt – Ermeneutica e Clinica”, Angeli Milano.

https://www.gestalt.it/definizione-corpopsicologia-psicoterapia/ https://www.gestalt.it/terapia-della-gestaltcorpo/