DaD: la scuola durante la pandemia

Una panoramica sul vissuto degli insegnanti e degli studenti

di Giada Mazzanti

didattica a distanza

Da ormai più di un anno il COVID-19 attanaglia non solo l’Italia ma tutto il mondo provocando vittime e costringendoci a rivoluzionare ogni aspetto della vita. Uno dei tanti effetti delle norme per evitare il dilagare dell’infezione consiste nel “vivere la casa” ventiquattro ore su ventiquattro. Tali norme impongono il condensare tra le mura domestiche i vari luoghi esterni alla casa come il lavoro, lo svago, la scuola; in alcuni casi le abitazioni hanno spazi insufficienti per creare un ambiente di lavoro per ogni membro della famiglia.

Da questi presupposti si potrebbero trattare moltissimi argomenti ma concentriamoci sulla tematica scuola, in particolare sugli insegnanti e gli alunni.

A marzo 2020 l’attività didattica era stata completamente sospesa per ogni grado scolastico nella speranza di riprenderla dopo poche settimane. La ripresa non è stata possibile e le scuole si sono mosse, in modo non uniforme, per poter fornire l’istruzione. I problemi sono emersi immediatamente: non tutti possedevano un dispositivo, nel caso ci fosse stato, era unico per più bambini causando la non totale e continuativa partecipazione alle lezioni delle classi, inoltre non tutti non avevano una copertura internet adeguata (fondamentale per questo tipo di didattica); d’altro canto gli stessi insegnanti trovavano difficoltà nell’interfacciarsi con gli strumenti, l’aumento del carico di lavoro aumentava lo stress e la frustrazione di non riuscire a gestire la classe come avrebbero fatto in presenza. In complesso le lezioni risultavano farraginose e complesse nonostante la buona volontà di tutti.

In questo contesto non è difficile immagine il grande disagio sia degli insegnanti che degli studenti.

A tal proposito la letteratura suggerisce che l’attuale pandemia, essendo così prolungata possa portare ingenti effetti sulla salute sia fisica che mentale e in generale minare il benessere della persona, compresi studenti e insegnanti (OECD, 2020). In particolare, negli insegnanti, il disagio può derivare sia dai rischi per la salute propria e dei propri cari, sia dall’aumento del carico di lavoro legato alle nuove modalità di insegnamento, richieste in modo improvviso e in assenza di una formazione adeguata. Lavorare in questa situazione è un fattore di rischio per la possibile insorgenza di burnout.

La ricerca condotta presso l’ateneo bolognese (Matteucci; 2021) evidenza diversi fattori di rischio per la figura dell’insegnante, oltre all’eccessivo carico di lavoro per la preparazione delle lezioni c’è da tenere presente che la gestione dei comportamenti degli alunni diventa più complessa come anche la gestione dei conflitti tra gli insegnanti e il mancato riconoscimento sociale della propria figura professionale. Vengono annoverati anche dei fattori di rischio più strettamente collegati alla DaD come la difficoltà nell’utilizzo delle tecnologie o anche nell’ottenere lo stesso livello di partecipazione degli studenti. Fortunatamente sono stati riscontrati anche dei fattori protettivi come l’aumento dell’autoefficacia legata anche al piacere del coinvolgimento lavorativo e dal supporto sociale fornito ma anche il fatto che si possano individualizzare maggiormente le attività e che si abbia un orario maggiormente flessibile.

Parlando degli studenti si registra lo stesso tasso di frustrazione e in molti casi anche la paura di non riuscire a tornare a una normalità o anche l’ansia legata alla persecutorietà della pandemia. Questi stati di malessere possono manifestarsi con diversi comportamenti come attuare un eccessivo attaccamento, avere paura che i famigliari si possano ammalare, essere distratti, fare domande in modo ossessivo e su temi depressivi ma anche mostrando irritabilità.

Ai bambini e ai ragazzi la situazione attuale priva della routine sia scolastica che non e principalmente nelle ore scolastiche in DaD si nota la fatica del non riuscire a mantenere il legame con i compagni ma anche con gli insegnati, di non riuscire a concentrarsi in quanto l’ambiente domestico fornisce molte distrazioni, difficoltà con la connessione internet ma anche la maggiore fatica a partecipare attivamente durante le lezioni (Izzo, 2020).

Non solo, la pandemia impatta sulla salute dei bambini attraverso differenti fattori.

In primo luogo il distanziamento sociale ha un effetto sullo sviluppo psico-emotivo e relazionale; se si guarda ai preadolescenti e adolescenti il rischio viene riscontrato maggiormente in quanto è un periodo in cui la socialità e il rapporto con i coetanei è fondamentale per formare se stessi e sperimentarsi. È un vero e proprio compito evolutivo e la scuola oltre a formare le menti forma anche la persona inserendo i ragazzi nel contesto sociale. L’impossibilità di sperimentazione e relazione con l’ambiente esterno alla famiglia e di pari comporta l’aumento dell’isolamento dei ragazzi in camera trascorrendo il tempo sui social network per supplire la mancanza della socialità; questo però potrebbe essere un secondo fattore di rischio. Di conseguenza la relazione intra-familiare risente di maggiori conflitti.

Un secondo fattore di rischio potrebbe essere legato all’eccessivo uso dei dispositivi tecnologici e in particolare dell’uso non consapevole dei social network. Essi sono fondamentali in questo periodo in quanto permettono di mantenere dei “legami virtuali” e poter perpetuare l’insegnamento ma questa modalità ha insita in sé alcune potenziali criticità. L’apprendimento avviene tramite la relazione e attraverso il computer non si riesce a creare lo stesso tipo di “connessione”, risultando l’insegnamento svuotato della sua componente principale. Questo aspetto comporta un decadimento della motivazione. In più i ragazzi come momento di svago tendono a rimanere connessi rischiando di incorrere nelle classiche problematiche del web.

Dai primi punti ne consegue l’ultimo: rischio di regressione psico-evolutiva. Il vivere in queste condizioni in cui la sperimentazione di sé, la costruzione di routine e la progettualità vengono a meno possono far comparire tendenze depressive orientate in particolar modo a indolenza e refrattarietà rispetto ai compiti e alla responsabilità. Si creano quindi le potenziali condizioni per l’attuazione di comportamenti autolesivi di varia natura, ma anche per comportamenti aggressivi legati a vissuti di rabbia, di frustrazione e di assenza di prospettiva in quanto questa situazione sembra non avere una conclusione prossima.

La situazione storico-sociale che caratterizza il periodo attuale è molto complessa, porta a una discussione delle abitudini ma anche al confrontarci con delle possibili criticità di sviluppo. È bene riflettere anche sui possibili fattori positivi come l’ampliamento di alcune competenze come quelle tecnologiche, utili in una società sempre più hight tech; ma anche l’uso responsabile dei videogiochi on-line o gli altri mezzi di comunicazione che permettono “l’incontro” seppur virtuale, di ragazzini che possono mantenere un legame; stando sempre attenti a non annullare il contatto “vero” tra individui che permette una completa formazione della relazionalità.

Bibliografia e sitografia

Izzo, D., & Ciurnelli, B. (2020). L’impatto della pandemia sulla didattica: percezioni, azioni e reazioni dal mondo della scuola. Lifelong Lifewide Learning, 16(36), 26-43.

Matteucci, M. C., Soncini, A., & Floris, F. (2021). Insegnanti e pandemia.

OECD, 2020.

https://www.humanitas-care.it/news/bambini-e-adolescenti-quale-impatto-emotivo-della-pandemia-e-della-chiusura-delle-scuole-parola-alle-neuroscienze/