Deumanizzazione: quando l’umanità viene negata

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La deumanizzazione è la negazione dell’umanità altrui, un processo che introduce un’asimmetria tra chi gode delle qualità specifiche dell’umano e chi ne è considerato carente[1]. Essa è una forma estrema di discriminazione usata come strumento di oppressione sociale e psicologica. Può essere esplicita o sottile, guidata dall’odio o dall’indifferenza, rivolta ad una collettività o verso un singolo individuo. È più comune di quanto noi possiamo immaginare: si verifica continuamente nella vita quotidiana, da quando giudichiamo una persona diversa da noi alla messa in atto di violenze fisiche e psicologiche su esseri umani inermi. È sempre più pervasiva, attuata in diversi contesti e realtà sociali.

Uno degli aspetti più pericolosi della deumanizzazione è rappresentato dalle conseguenze negative che essa può produrre. Percepire l’altro come “meno umano” può provocare una serie di effetti dannosi e lesivi, come commettere atti violenti e mettere in atto comportamenti aggressivi nei confronti degli altri deumanizzati. Pensare l’altro come “essere inferiore”, come “non umano”, aiuta ad oltrepassare i confini sociali e personali, rendendo possibile la messa in atto di azioni atroci che in un contesto normale sarebbero impensabili[1].

Uno dei primi studiosi a sottolineare il legame tra forme estreme di violenza e la deumanizzazione è stato Kelman

Secondo Kelman[2], per mettere in atto azioni violente nei confronti di altre persone è necessario attuare processi che permettono l’indebolimento dei principi morali così da superare le inibizioni da essi causate. È necessario che la vittima sia privata del suo stato di umanità, che sia cioè attuato il processo di deumanizzazione. Kelman aggiunge che anche chi perpetra l’aggressione diviene deumanizzato, non possiede più la capacità di agire come un essere morale perché privato della capacità di provare compassione ed empatia nei confronti delle vittime.

La deumanizzazione può essere identificata come l’origine causale delle atrocità tra i gruppi, del pregiudizio e dell’annientamento dei diversi da sé, svolgendo la funzione di aggravante della discriminazione

Attraverso la negazione degli elementi prettamente umani e delle caratteristiche dell’individuo, della comunità e della società, si pone in essere la deumanizzazione, ovvero l’esclusione di determinati individui dal gruppo degli esseri umani[1]. In seguito a tale negazione, l’individuo o il gruppo sociale colpito cessa di essere tutelato e diventa vittima di aggressioni, violenze e atrocità.

In tali condizioni, diventa possibile che persone normali, moralmente rette e giuste, compiano atti di estrema crudeltà. “Non rispondere alle qualità umane delle altre persone facilita automaticamente le azioni disumane. […] È più facile essere insensibili o brutali verso ‘oggetti’ deumanizzati, ignorare le loro richieste e i loro appelli, usarli per i propri scopi, persino distruggerli se danno fastidio.” (Zimbardo, 2007, p.444).

È quindi fondamentale riconoscere la stretta relazione tra deumanizzazione e violenza fra gruppi

Sebbene tale relazione sia riscontrabile in tutti i contesti sociali, da quelli quotidiani a quelli straordinari, i territori in cui essa è più florida e sviluppata più in fretta è nelle carceri e in situazioni di guerra. In genere tali contesti sono un concentrato di autorità, dominio, violenza e potere, all’interno dei quali è comune e quasi semplice sospendere l’umanità di chi vi è inserito. La persona viene privato delle qualità a cui gli uomini attribuiscono più valore in quanto peculiari dell’essere umano: il rispetto, la solidarietà, la gentilezza, la cooperazione, l’aiuto, il sostegno, l’amore.

Il modo in cui un individuo considera l’altro influisce su come egli lo tratta e lo considera

Solo approfondendo i processi che sottendono la deumanizzazione si riuscirà ad evitare il pericolo della “normalizzazione” di tali fenomeni eccezionali, allontanandoci dall’idea per cui anche le più drammatiche manifestazioni della deumanizzazione siano fenomeni da accettare inevitabilmente con rassegnazione.

Un possibile processo per contrastare la discriminazione e l’aggressione degli altri è l’“umanizzazione”, resa possibile tramite l’inclusione dei (considerati) diversi nel gruppo degli esseri umani. Riconoscere un individuo come umano significa ritenerlo meritevole di considerazione morale, così da influenzare il modo in cui lo si percepisce e ci si relaziona ad esso.

Bibliografia

[1] Volpato C. (2011). Deumanizzazione. Come si legittima la violenza. Roma-Bari: Editori Laterza

[2] Kelman H.C. (1973). Violence Without moral restraint: reflections on the dehumanization od victims and victimizers. Journal of social issues, 29 (4): 25-61

Zimbardo P. (2007). The Lucifer effect. How good people turn evil, trad.it. L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa? Milano: Cortina, 2008