Dimentico tutto. Che mi sta succedendo?

Problemi di memoria e spunti di riflessione.

dimentico tutto che mi sta succedendo

La pandemia ha portato con sé un’acutizzazione di molti aspetti legati alle emozioni, alla paura, alla mancanza di socializzazione e, in moltissime persone, anche una sensazione di maggiore vulnerabilità dei processi di pensiero e memorizzazione. Naturalmente, il fenomeno ha a che fare con la sensazione di perdita di controllo che ha permeato questi due anni duri. Molti di noi – è un argomento spesso riferito dai pazienti – si sentono meno capaci, meno padroni dei propri processi mentali e più soggetti a dimenticare le cose. Ma vediamo meglio come funziona la memoria, anche in tempi meno difficili.

Vi capita spesso di dimenticare dove avete parcheggiato l’auto? Non siete i soli e, con ogni probabilità, non avete una pessima memoria né siete ai primi stadi di una demenza precoce. Il fenomeno è comune ed è dovuto ad un semplice fatto: se vogliamo ricordare qualcosa, la cosa più importante da fare è dedicare attenzione a questa cosa. Il lavoro della neuroscienziata Lisa Genova ci dà nuove prospettive sulla memoria. Notare una cosa significa utilizzare due facoltà: la percezione (tatto, gusto, vista, odorato, udito) e l’attenzione. Abitualmente, molti di noi, nel caso del parcheggio, eseguono l’azione in una sorta di automatismo: per questo memorizziamo, fin dal principio.

La nostra memoria non è una videocamera: non registra tutto quello che vediamo e sentiamo, ma trattiene solo quello a cui facciamo attenzione. Se siamo svegli 16 ore al giorno, i nostri sensi sono all’opera per 57600 secondi. È una quantità abnorme di dati in entrata. È praticamente impossibile, e sarebbe persino dannoso, ricordarne la maggior parte.

Immaginiamo di vedere un incidente sulla strada verso casa. La forma, il colore, il tipo delle auto coinvolte, la loro posizione saranno incamerati dai coni e bastoncelli della retina. Queste informazioni saranno tradotte in segnali nell’area della corteccia cerebrale deputata alla visione, dove l’immagine viene processata e, di fatto, vista. Poi può essere ulteriormente processata in altre aree della corteccia, deputate al riconoscimento, al significato, al paragone, all’emozione e all’opinione. Ma se non facciamo un utilizzo volontario dell’attenzione, i neuroni coinvolti non faranno il collegamento e il ricordo, semplicemente, non si formerà nemmeno.

Se, ad esempio, stiamo pensando a cosa è successo in ufficio, o a cosa mangeremo a casa, vedremo l’incidente ma non ne osserveremo nessun dettaglio e ne ricorderemo solo la forma, a grandi linee, senza che gli altri particolari si fissino nella nostra memoria, intenta invece a processare frasi ascoltate durante il lavoro o a ricordare un cibo che ci piace nell’attesa di prepararlo.

Quindi: la ragione principale per cui non ricordiamo un nome che ci è appena stato detto, o dove abbiamo messo le chiavi o il telefono, o se abbiamo chiuso bene la porta di casa, è dovuta ad una mancanza di attenzione durante l’azione. Se vogliamo ricordare, dobbiamo stare attenti. Ma la cosa è tutt’altro che semplice. Perché siamo programmati per notare, e perciò ricordare, cose, persone o avvenimenti che riteniamo nuovi, interessanti, sorprendenti e significativi per la loro portata emotiva o di causalità. Se no il nostro cervello, per risparmiare energia, funziona in modo semi- automatico per la maggior parte del tempo.

Concludendo: l’attività cerebrale quotidiana non è predisposta all’attenzione. Il nostro cervello è sempre impegnato in rumori di fondo, ricordi, pensieri ripetitivi, memorie procedurali (come, ad esempio, pedalare su una bici): c’è troppo affollamento per introdurre una nuova memoria.

Il nome di uno sconosciuto, ad esempio, viene tenuto in mente come suono per circa 15-30 secondi. Se non decidete di stare bene attenti, il suo nome scomparirà e non sarà mai consolidato nell’ippocampo, a formare una nuova memoria.

Fare attenzione, dunque, richiede uno sforzo cosciente e volontario, ed è il presupposto per creare un ricordo, che verrà consolidato con il sonno. La prossima volta che parcheggiate, non dimenticatevi di queste righe.